Una nuova ‘battaglia dei sessi’ per il tennis, oltre cinquanta anni dopo il mitico incontro da Billie Jean King e Bobby Riggs. A lanciare l’idea è Nick Kyrgios, estroverso tennista australiano che nelle ultime stagioni si è fatto notare più per le sue uscite che per i risultati. A far scalpore è che l’avversaria potrebbe […]
E’ andata a finire come nelle ultime 5 volte. E come tutte le volte è mancato qualcosa, un qualcosa che Sinner proprio ancora contro Alcaraz non riesce a trovare. Non è bastato giocare meglio della semifinale contro Djokovic. Non è bastato alzare il ritmo. Non è bastato dare tutto e anche quello che non aveva quando le energie latitavano. Non sono bastati un break di vantaggio nel terzo e nel quarto set, tre match point e la possibilità persino di servire per il match.
Vero che di là da rete c’era un Alcaraz a tratti ingiocabile e che non ha mollato mai, o meglio, che si è aggrappato proprio a quegli appigli disperati che proprio Jannik gli ha sbadatamente piantato davanti agli occhi.
Fatto sta che ancora una volta, l’ennesima, lo scontro fra loro due ha dimostrato (il 4 a 8 negli scontri diretti per adesso non lascia molti dubbi) che Carlitos per il momento tra i due resta il più forte, al netto della classifica.
Julio Velasco docet: “Chi vince festeggia, chi perde spiega”. Così a Sinner non resta ancora una volta che tornare a casa e passare forse più di una notte insonne a capire cosa gli manchi o cosa gli serva per fare quel punto in più che anche ieri gli è mancato.
Beninteso: non era certo il Sinner degli Australian Open e il periodo di inattività si è visto, specialmente nel quarto set e all’inizio del quinto, quando le gambe parevano non girare quasi più. Però almeno il Sinner di ieri non ha mollato un centimetro, buttando, la dove non arrivavano le gambe, il cuore oltre il limite per riprendere un match che sembrava andato. Ecco, da questo per esempio Jannik potrebbe ripartire, per migliorare una forma in vista di Wimbledon ancora non perfetta e abbinare al cuore e ai colpi un minimo in più di lucidità e cinismo, cose che ieri nei punti chiave sono finite in soffitta.
In molti ancora pensano che a parità di livello, Alcaraz ne abbia di più e che con la varietà del suo tennis riesca a venire sempre a capo dell’italiano, anche là dove questi alzi il suo livello al pari del suo. E anche ieri, specialmente alla fine del quinto set, in un momento di tennis tra i più alti visti negli ultimi anni e fatto di colpi spettacolari a ripetizione da entrambi i lati, Alcaraz è finito per andare in un luogo dove solo lui e pochi altri prima di lui nella storia possono giocare, lasciando Sinner a poter solo applaudire col resto degli umani. Eppure mai quanto stavolta Sinner aveva portato l’ago della bilancia dalla sua parte. Per due set lo aveva domato e a tratti dominato, nel quarto sembrava ormai aver praticamente vinto. Ma coi “praticamente” siamo tutti astronauti…
Non è bastato alzare il proprio livello per andare avanti, per recuperare il terzo set mentre Carlitos serviva per il parziale, non è bastato trovare angoli impossibili in risposta e mettere perennemente pressione allo spagnolo quando serviva – in quel dritto incrociato in recupero di Alcaraz con la palla dietro al corpo sulla risposta di Sinner sul 30-30 del 5-6 Jannik nel quinto sta praticamente tutto il match…
Sinner a tratti tirava comodini e dall’altra parte tornavano vasche da bagno. Quindi cosa dovrebbe “bastare”?
Come detto è mancata la lucidità nel fare le scelte giuste al momento giusto, come quella risposta alla o la va o la spacca in rovescio sul secondo match point o la strana passività sul terzo, con Alcaraz che ringraziava e aggrediva il punto.
E’ mancato il cinismo nell’andare a servire per il match mettendo una prima su due senza veramente reagire, come un numero 1 dovrebbe fare.
Il servizio è sicuramente uno dei punti in cui Jannik deve crescere ancora, imparando a variarlo e a saperlo mettere, anche a velocità magari un po’ ridotta, quando conta. Djokovic per esempio ci è riuscito con gli anni (e nessuno pretende che Sinner diventi come lui), segno che lavorando ci si può arrivare.
Riuscire ad aggredire l’avversario e non aspettare che sia quest’ultimo a regalarti la partita è un altro punto che l’italiano deve migliorare, soprattutto giocando con Alcaraz, che contro di lui non molla davvero mai di un millimetro. Può funzionare con gli altri, che rispetto ai due sono lontani anni luce al momento, ma non con lo spagnolo.
Infine dovrebbe “coltivare” un po’ di killer instinct in più al momento clou, magari. Ma quello si sa, si eredita con in geni. E purtroppo avere già due confronti slam contro Alcaraz persi al quinto con match point mancati, non aiuta molto.
Dalla sua Sinner può avere il fatto che facendo della costanza, dell’atletismo e del ritmo il suo tennis, ha ancora molti punti su cui migliorarsi (tocco, slice, dritto in corsa). In questo pare sì avere più margini di Carlitos (insieme a una testa volta al sacrificio), che ha praticamente già ora tutti i colpi del repertorio e un fisico mostruoso, rispetto a una testa che spesso va un po’ troppo in vacanza.
Per anni si è detto di come Nole per esempio restasse sempre sotto ai vari rispettivi aspetti del tennis di Nadal e Federer. Eppure ha finito, grazie alla sua mentalità a diventare più forte di entrambi. Per Sinner potrebbe essere la stessa sfida, a lui trovare il cammino per superarla. E dimostrare di essere di quella pasta.