Il numero 1 del mondo è stato accompagnato dalla famiglia
Forse perché ha ripreso ad allenarsi, forse perché in attesa del Roland Garros ci si annoia, forse perché Alcaraz non riesce da solo ad attirare tutte le attenzioni del caso, più probabilmente perché c’è sempre un Garibaldi per quel povero popolo sempre alla ricerca di eroi, questa settimana è riesplosa la polemica su Sinner. La prima è stata Federica Pellegrini, ex campionessa di nuoto e componente del CIO che in un’intervista a Repubblica ha detto “credo che la sua vicenda sia stata trattata diversamente dal 99% dei casi”. È bastata questa semplice constatazione, condivisa praticamente da tutti gli atleti, viene da dire “il 99%”, per innescare la stessa sterile discussione che va avanti praticamente da quando è venuta fuori la positività di Sinner. Da una parte quelli che non vogliono sentir parlare d’ombre e difendono Sinner come fosse un cavaliere medievale; dall’altra quelli che nemmeno si sono mai sognati di dire che Sinner si sia dopato ma che avanzano perplessità su un trattamento di favore. La discussione è resa sostanzialmente impossibile dal fatto che i difensori non vogliono sentire ragioni: se avanzi una perplessità sei un fallito (Kyrgios); un invidioso (Djokovic); poco intelligente (praticamente tutti). Per scatenare poi quello che deve sembrare l’argomento fine del mondo: non hanno letto le carte, altrimenti non parlerebbero.
La discussione è particolarmente polarizzata in Italia, naturalmente. E se le perplessità arrivano da un* italian* sono persino più gravi. Fino a quando si tratta di shit storm, viene da pensare “pazienza”, anche se pure questo tema andrebbe maneggiato con cura, visto che non tutti sono indifferenti al bullismo da social. Ma uno dei problemi è che in Italia ci si mettono pure gli addetti ai lavori, in genere autonominatesi tali, che imperversano nei social come chiunque e se scrivono non pare sentano troppo il bisogno del rispetto del principio di non contraddizione. In un’accorata difesa del campione altoatesino abbiamo letto commentatori scrivere serenamente “è stato trattato come tutti gli altri, e se gli altri sono stati trattati diversamente non è certo colpa sua”. Cosa che una volta non sarebbe mai passata manco nell’Eco di Forlimpopoli e che adesso troneggia in siti specializzati. E se mai, dio o chi per lui ce ne scampi, utilizzassimo le stesse modalità dei difensori ad oltranza della verginità violata non si potrebbe non notare che il pulpito dal quale vengono queste prediche non è proprio quello più illibato.
Così, in attesa del ritorno in campo, persino una come Serena Williams può essere accusata di “invidia” o, figuriamoci, di non essere tanto intelligente. E, sembra davvero lunare, senza che nessuno mai abbia messo in dubbio la buona fede di Sinner. Facessimo psicologia da bar sarebbe sin troppo semplice avanzare sospetti su questo riflesso condizionato che porta all’assurdo di lodare Sinner “perché non querela”. Ma è appunto impossibile pensare di affrontare con un certo distacco la vicenda, perché destreggiarsi tra le enormi inesattezze di chi “avrebbe letto le carte” è impresa lunga e tutto sommato inutile. Senza nemmeno considerare che le famigerate carte molto spesso sono lontane da quelle del vangelo. Meglio cavarsela con le battute: le carte che hanno letto devono essere quelle di briscola.
Non torneremo quindi nel merito della vicenda, ne abbiamo scritto altrove e ognuno può farsi la sua idea. D’altra parte altri hanno attraversato bufere persino più pesanti senza nemmeno uno straccio di positività all’antidoping. Quello che preoccupa, fino ad un certo punto, è che la vicenda, da qualsiasi lato la si voglia guardare, non agevolerà certo la lotta al doping. Le regole che hanno portato alla squalifica di Sinner sono ora messe in discussione, e ognuno può vedere quanto sia opportuno alleggerire le responsabilità degli atleti in materia. Ma se la regola che prevale è “quanti slam hai vinto?” difficile che questo venga visto come un problema.