Da una parte la miglior giocatrice sulla terra rossa da circa una decina d’anni, dall’altra la sorpresa, che poi così tanto nemmeno lo è, di una tennista che più di tutte sa come interpretare un gioco ormai scomparso, soprattutto nell’universo del tennis femminile.
L’ultimo atto del Roland Garros 2023 vedrà di fronte la favorita numero 1 del torneo Iga Swiatek e l’ammazza-grandi Karolina Muchova. La polacca fin qui in carriera ha sempre vinto nelle finali Slam, la ceca non ha mai perso in carriera contro una top-3 e ha vinto l’unico precedente contro l’attuale numero 1 del mondo, disputato quattro anni fa sul “rosso” del WTA 250 di Praga.
Sembrava tutto quasi deciso per una sfida tra Swiatek e Aryna Sabalenka, con anche il numero 1 WTA in palio, e invece Karolina si è inventata una partita clamorosa per tenuta e qualità nella semifinale durata circa tre ore e 15 minuti di giovedì, che ha più volte fatto strappare lunghi applausi al pubblico e dove ha pure cancellato un match point prima di risalire la corrente sfruttando (anche) la tensione sempre più palpabile dell’avversaria dopo quel punto del 30-40 ben salvato dalla ceca. A tratti, poi, è parso che pure Iga potesse rischiare parecchio perché nella sua semifinale si è limitata a soli due set, ma per vincere quel secondo parziale durato ben 85 minuti contro Beatriz Haddad Maia si è dovuta affidare a diversi aspetti che non rientrano nel suo classico dominio: gambe, forza nervosa, attenzione. Non controllava e spingeva più come nel primo set, ma è sempre stata brava nelle varie occasioni al servizio in cui è andata sotto la (grande) pressione che la brasiliana le stava proponendo.
KAROLINA MUCHOVA, FINALMENTE
La ceca, nemmeno giovanissima per gli standard tennistici (farà 27 anni il 21 agosto), deve essere una sorpresa solo per chi non l’ha mai vista giocare. Talento immenso, gioco d’attacco con coraggio, mano delicatissima. Tante volte le si rimprovera magari di avere anche troppe opzioni da poter scegliere, ma i meriti di non aver mai voluto standardizzarsi a un tennis sempre più improntato sulla potenza e un gioco abbastanza fisico sono stati finalmente ripagati. Smorzate, slice, serve&volley frequenti e fatti con un preciso piano di gara. L’altro lato della medaglia, nel suo caso, sono i continui problemi fisici che l’hanno fermata per anni e anni. Una sfortuna infinita per lei, che ha visto il suo battesimo tennistico allo US Open del 2018 quando dalle qualificazioni batté al secondo turno del tabellone principale Garbine Muguruza e poi diede grande filo da torcere ad Ashleigh Barty. Nel 2019 la prima finale WTA della carriera nel WTA 250 di Praga quando giocò al primo turno contro una diciassettenne polacca dalla provincia di Varsavia: Iga Swiatek. Si consumò così il loro primo confronto, un 4-6 6-1 6-4 che la premiò e aprì la strada al cammino che la portò nella finale persa contro Jil Teichmann.
Destini che si incronciarono in quella circostanza, ma che permisero a Muchova di fare il balzo vero: entrò in top-100 e si guadagnò così la certezza di disputare il primo Wimbledon della carriera, lì dove raggiunse addirittura i quarti di finale ed entrare in top-50. Una con quel tennis probabilmente ci sarebbe arrivata comunque, ma l’aiuto dato da Safarova è stato sfruttato al massimo. Dopo ancora i quarti di finale a Wimbledon nel 2021 e la semifinale pochi mesi prima all’Australian Open, sembrava assurdo un ruolino del genere e un best ranking appena al numero 19 del mondo. Da lì, un vortice di infortuni e problemi che non la lasciavano libera per più di tre settimane, facendo anche fatica a finire le partite integra superando le due ore. Quest anno, la risalita: supportata da una off season finalmente azzeccata, Muchova è risalita dai margini delle prime 150 fino a dentro la top-10.
IGA SWIATEK, LA CONFERMA
Swiatek per la prima volta si trovava sotto diretto attacco di Sabalenka nella corsa al numero 1. Per Iga questo torneo rappresentava anche la fine della lunga serie vincente del 2022 e, con la conferma di rimanere leader del tennis femminile ha in ogni caso scalato una prima montagna. Per come funziona il ranking, lei da metà febbraio a metà giugno aveva solo da perdere e, trovandosi una bielorussa così in crescita, ogni minimo passo falso valeva triplo. Come diceva anche Laura Robson nell’intervista che ha fatto con noi alla vigilia dello Slam: ci dimentichiamo che questa ragazza abbia appena compiuto 22 anni.
Terza finale Slam parigina negli ultimi quattro anni. In singolare, perché nell’unico anno dove ha “floppato” (sconfitta ai quarti) è arrivata in finale nel doppio. Domani sarà la trentesima partita della sua carriera in questo torneo, con un record abbastanza invidiabile di ventisette vinte e solo due perse, con sei set lasciati per strada in totale. È vero che la distanza con alcune delle altre big si è ridotta considerevolmente rispetto al 2022, ma in questo momento sta continuando a fare il suo con enorme dignità e qualità: sono le altre che stanno spingendo forte (Sabalenka e Rybakina) e se anche questo cambio al vertice dovesse arrivare nella stagione su erba, i suoi demeriti sarebbero pochi.
Semmai, ecco, le serve forse un grande titolo per certificare ulteriormente un 2023 che è buono sotto tantissimi aspetti, anche extra campo, ma manca del punto esclamativo, soprattutto dopo le finali perse nei ‘1000’ di Dubai e Madrid.
IL CAMMINO
Abbiamo titolato “concretezza contro eleganza” perché in fondo, da questo aspetto, non potrebbero essere più diverse. Swiatek punta tantissimo sulla solidità, Muchova ha una classe nel colpire che è innata. Iga
può avere un tennis ripetitivo ma riesce a dare tantissimo fastidio alle avversarie finendo per sgretolarle a suon di 6-0 o 6-1, spesso prendendo il largo da subito. Altra cosa non da meno: spesso vince pur giocando male, come nel caso del secondo set nella semifinale contro Beatriz Haddad Maia, unica partita dove ha dovuto aggrapparsi a qualcosa che non era un dritto o un rovescio (gambe, cuore, testa). Tolta la semifinale, per il resto abbiamo:
6-4 6-0 a Cristina Bucsa
6-4 6-0 a Claire Liu
6-0 6-0 a Xinyu Wang
5-1 a Lesia Tsurenko, prima che l’ucraina si ritirasse
6-4 6-2 a Coco Gauff
Un po’ di noie nei primi set delle prime partite, anche per trovare un giusto bilanciamento col vento e un fare più aggressivo (suo) che comunque non le ha dato veri problemi. Poi la semifinale dove, dicevamo, i problemi ci sono stati eccome. Non era per nulla facile chiudere quel match in due set ed evitarsi un rischio importante, a quel punto, in un parziale decisivo dopo tante energie mentali spese per rimanere “a linea di galleggiamento” contro la brasiliana.
Muchova ha lasciato per strada due set, tra cui anche un 6-0, ma nelle sei partite disputate spiccano le vittorie contro Maria Sakkari, Anastasia Pavlyuchenkova e Sabalenka.
7-6 7-5 a Maria Sakkari
6-3 0-6 6-3 a Nadia Podoroska
6-3 6-2 a Irina Camelia Begu
6-4 6-3 a Elina Avanesyan
7-5 6-2 ad Anastasia Pavlyuchenkova
7-6 6-7 7-5 ad Aryna Sabalenka
La nota più bella è che ha evitato vere fatiche praticamente fino all’ultima partita. La nota meno positiva, è che ha ammesso di aver avuto crampi e difficoltà fisiche nel terzo set contro la bielorussa. Non veri problemi, ma quel corpo è fragilissimo e spesso quando la partita arriva a due ore, due ore e mezza, il rischio di arrivare a infortuni si alza molto. Ci sono meno di 48 ore di tempo per recuperare. Non è facile, contando che siamo alla fine di uno Slam e lei non era mai andata così avanti. Forse questo vorrà dire che farà una partita ancor più “estrema” in ogni soluzione, cercando una via per mandare fuori giri la polacca.
PUNTI DI FORZA E DEBOLI
Swiatek sulla terra ha perso davvero pochissime partite in carriera. Una di queste, nell’unico precedente contro Muchova. Karolina gioca benissimo qui, come sulle altre superifici, ma sarà fondamentale fare tutto bene. Non sarà investita magari dalla stessa potenza di Sabalenka, ma avrà a che fare con palle più lavorate e complicate. Dovrà cercare di avere il massimo da quanto sarà rimasto nel serbatoio di energie e pescare quanti più conigli dal cilindro possibile.
Non è mai stata impermeabile ai momenti di tensione, e forse non è il massimo, ma anche in questo torneo l’abbiamo vista patire un po’ troppo le fasi dove doveva servire per chiudere un parziale. Contro Avanesyan era 5-2 e 40-15 nel secondo set prima di irrigidirsi e perdere 4 punti consecutivi, avendo bisogno del sesto match point complessivo. Nei quarti contro Pavlyuchenkova non ha chiuso sul 5-4, idem nel primo set contro Sabalenka.
Fatalità, anche a riprova della grande sfortuna, questa è soltanto la terza finale della carriera nel circuito maggiore, dopo le due giocate a livello 250 nel 2019 (una persa, a Praga, e una vinta, a Seoul).
Swiatek dovrà guardare con molta attenzione sul suo dritto e cercare di averlo operativo da subito. Avrà chance in ogni caso, almeno in teoria, ma con Muchova che potrebbe pagare sia da un punto di vista fisico sia mentale, partire avanti e mettere in campo il solito atteggiamento visto nelle finali può essere il miglior antidoto a qualche dubbio che può essere sorto nei 90 minuti di secondo set contro Haddad Maia.
Per Iga è la finale numero 18 della carriera, la tredicesima da febbraio 2022. Fin qui, per batterla le avversarie hanno dovuto mettere in campo sforzi enomi, e questo è sempre il miglior biglietto da visita che può presentare.
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