Roland Garros

Roland Garros, il pagellone: Swiatek, manca solo la lode. Male Sabalenka e Trevisan

Eccoci alla fine del Roland Garros 2023, con Iga Swiatek ancora campionessa dopo la vittoria in finale contro Karolina Muchova. È tempo di giudizi, tranquillamente contestabili (per ogni reclamo cercare @Diego_Barbiani su Twitter) ma basati molto sul livello della giocatrice, attese, possibilità e percorso fatto.

Partiamo intanto col giudizio finale sul torneo. Roland Garros, voto 8: un dato che cerca un bilanciamento tra la pochezza di argomenti tennistici dei primi otto, nove giorni, contrapposta all’appassionante sviluppo di semifinali e finali. Non è un male che uno Slam possa svilupparsi così, con le big e più attese che arrivino in fondo e che (finalmente) le fasi conclusive siano così cariche e coinvolgenti. Stavolta però a faticare davvero (al di là di belle storie come il rientro di Elina Svitolina o le maratone vincenti di Beatriz Haddad Maia) sono stati i primi turni, fatta eccezione per una sola partita: la vittoria di Bianca Andreescu contro Victoria Azarenka.

LE PROTAGONISTE IN POSITIVO

Iga Swiatek, 10. Tre titoli in cinque edizioni del Roland Garros disputate, 28 partite vinte su 30. Non diamo la lode perché non è stata la cavalcata vista nel 2020 e 2022, tra un inizio un po’ balbettante (pur con quattro 6-0 nei primi sei set giocati, sì) e un finale molto più carico di difficoltà di quanto sia magari sembrato, ma è un successo questo da giocatrice vera, per la prima volta in discussione nel suo terreno preferito e con varie pressioni da gestire: il numero 1 in bilico, avversarie ben organizzate, un arrivo a Parigi non ideale.

Karolina Muchova, 9,5. Per lei, con quello sguardo così triste e abbattuto sul palco della premiazione dopo la finale, ci sarebbe voluto una standing ovation enorme. Finalmente, a ormai 27 anni, ha avuto due settimane abbastanza pulite da problemi (anche negli ultimi giorni ha avuto del bruciore ai polmoni, ha confessato il coach dopo la finale) ed eccola sfiorare la vittoria che valeva probabilmente una carriera. Muchova avrebbe meritato di essere costantemente a questi livelli nei grandi tornei e in questo torneo ha dato più volte dimostrazione di qualità che nessuna delle big attuali ha. Diverte, prende, ha coraggio e forse più consapevolezza di sé rispetto al passato. Quel serve&volley sul 6-5 40-40 nel secondo set della finale valeva da solo il prezzo del biglietto. Grazie, e speriamo davvero non si tratti di un caso isolato.

Beatriz Haddad Maia, 8,5. Voto molto alto a una delle vere protagoniste di questo torneo. Non aveva mai superato il secondo turno Slam in carriera e a 27 anni ha trovato la via per la semifinale e la gloria in patria, in Brasile, diventando la prima top-10 WTA nella storia carioca. Per farcela, solo grandi battaglie vinte al terzo contro Diana Shnaider (al secondo turno), Ekaterina Alexandrova (al terzo, salvando un match point), Sara Sorribes Tormo (al quarto, in quasi quattro ore) e ai quarti di finale contro Ons Jabeur. Soltanto Swiatek le ha impedito di fare altra strada, malgrado abbia dato tutto quello che aveva in un secondo set ricco di occasioni e durato quasi 90 minuti.

Elina Svitolina, 8,5. Brava, brava davvero. Non c’è il 9 perché purtroppo la cruda realtà dice che ha perso per la quinta volta ai quarti di finale qui (ma giocava ora contro Aryna Sabalenka), ma è tornata a giocare da appena due mesi praticamente ed è già tornata in top-100. Soprattutto ha gestito benissimo le energie che sembravano già carenti dopo il secondo turno, provenendo dalla settimana vittoriosa a Strasburgo, e ha vinto contro una top-10 come Daria Kasatkina (che nel 2022 aveva fatto semifinale) agli ottavi prima di dare grande filo da torcere alla stessa Sabalenka.

Mirra Andreeva, 8. Uscito il tabellone delle qualificazioni c’era enorme curiosità di capire dove fosse capitata questa ragazzina del 2007 che sulla terra rossa sembra trovarsi a meraviglia e già a Madrid aveva impressionato. Era dalla parte di Camila Osorio, numero 1 del draw e, dopo due vittorie agevoli, ha vinto al turno decisivo una battaglia di oltre due ore per due set. Nel primo main draw Slam tra le grandi, due 6-2 6-1 a portarla fino al terzo turno. Ha fatto partita alla pari contro Coco Gauff per un set, prima di crollare, ma continuano a esserci importanti segnali. Nel frattempo, non può che essere un ottimo risultato.

Elina Avanesyan, 8. C’è un meme che ritrae una mamma in piscina mentre riversa tutte le attenzioni su uno dei suoi figli, mentre un altro è lì accanto che annaspa. Andreeva, senza volerlo, è diventata un po’ il figlio pieno di attenzioni, Avanesyan sembra un po’ lo scheletro, affogato e dimenticato. Elina ha anche fatto un turno in più, da lucky loser, battendo nel suo cammino anche Belinda Bencic e fermandosi solo contro Muchova negli ottavi con un balzo nel ranking di oltre 60 posizioni. Russa ma senza i tratti caratteristici della scuola dell’est Europa dopo il lavoro con un team latino. Buona giocatrice anche lei, molto lontana da ogni genere di appeal fin qui ma che ha messo in campo prestazioni davvero interessanti.

Anastasia Pavlyuchenkova, 7,5. Bel ritorno anche per Anastasia, finalista qui nel 2021 e che in questa stagione sul rosso non aveva brillato, lasciando il meglio per questo appuntamento dove le vittorie in rimonta contro Anastasia Potapova, Liudmila Samsonova ed Elise Mertens hanno dato un sapore di rivalsa dopo, soprattutto, il doppio 6-0 di Roma subito contro Swiatek.

Lesia Tsurenko, 7,5. Molto bene anche Lesia, che non ha potuto giocarsi gli ottavi di finale contro Swiatek causa problema di salute ma che aveva eliminato lungo il suo cammino sia Barbora Krejcikova sia Bianca Andreescu (addirittura con un netto 6-1 6-1). Dopo quattro anni è tornata così in top-50 e rispetto a 12 mesi fa ha ben altro piglio.

Sloane Stephens ed Elise Mertens, 7+. Lo stesso voto per due motivazioni un po’ diverse. Potevano essere due ‘7’, ma Mertens ha avuto il pregio di battere la numero 3 del seeding Jessica Pegula lasciandole appena cinque game, Sloane invece tutto sommato ha fatto un buon torneo tra la vittoria contro Karolina Pliskova e i due set tirati contro Sabalenka negli ottavi.

Elisabetta Cocciaretto, 7. La migliore delle azzurre è la marchigiana, classe 2001, che si è spinta per la prima volta in carriera al terzo turno di uno Slam dopo aver anche colto il primo scalpo contro una top-10 (Petra Kvitova) in un contesto del genere. Ci sono anche rimpianti per la partita di terzo turno persa contro Bernarda Pera, ma questo semmai può diventare benzina utile per il futuro.

Anna Karolina Schmiedlova, 7. Per la prima volta in carriera la ex numero 26 del mondo si è spinta fino agli ottavi, dando ancor più valore alla netta vittoria all’esordio contro Veronika Kudermetova. Rimarrà sempre un mistero come mai da quel picco di rendimento del 2015 sia poi sprofondata quasi ai margini delle prime 300 in una crisi di identità davvero enorme, ma questo Slam ci ha ricordato che è una con buone qualità.

LE GIOCATRICI NEL “LIMBO”

Elena Rybakina, 6,5. Un po’ più della sufficienza alla kazaka perché nelle prime due partite giocate faceva vedere che aveva le armi per andare avanti il più possibile anche qui, peccato però non avere la controprova a causa del ritiro prima di scendere in campo al terzo turno.

Daria Kasatkina, 6,5. Il confronto con la semifinale del 2022 è doveroso quanto ingiusto, a tratti, ma a una prima settimana valida e autorevole si è contrapposta la partita contro Elina Svitolina agli ottavi dove la tensione è stata molto forte. Davvero ingiusti, poi, i fischi di una parte del pubblico nei suoi confronti per le solite, tristi vicende, di una non-stretta di mano in tempi di guerra.

Sara Errani, voto 6,5. È più un voto di incoraggiamento, se così possiamo dire. Sara è tornata a giocare un tabellone principale Slam con pieno merito, senza passare dalle qualificazioni, e ha vinto alla sua maniera (per quanto le primavere alle spalle ormai si facciano sentire) al primo turno contro Jil Teichmann. Una vittoria anche a sfogare la giornata che temiamo sia stata davvero dura da gestire, con la notizia della nonna morta nella nottata precedente. Di nuovo un abbraccio Sara.

Ons Jabeur, 6-. La consideriamo in questa fascia di “limbo”, ma c’è un meno che si rifà a come ha finito quel quarto di finale dove partiva favorita e contro un’avversaria a cui aveva lasciato appena tre game a Stoccarda un mese e mezzo fa. Probabilmente da quel torneo c’è anche la spiegazione, con il problema al polpaccio che ha guastato un po’ tutto l’avvicinamento al Roland Garros, ma dopo il buon avvio di Slam ed essere stata 6-3 5-5 15-40, i rimpianti per non aver chiuso quel match contro la brasiliana sono tanti.

LE BOCCIATE

Coco Gauff, 5,5. Siamo forse duri con lei, che è tornata ai quarti di finale e ha perso solo contro Swiatek come nella finale del 2022, ma è dura vedere qualcosa di positivo quando al primo vero ostacolo si finisce per fare ancora la stessa grande fatica negli scambi e cercare di arrampicarsi su qualche dritto molto carico ma sempre troppo corto. Ha avuto qualche chance, ma era molto dettato anche dal vento irregolare di quel giorno. Per il resto, Coco da l’impressione di avere un po’ plafonato la sua crescita.

Bianca Andreescu, 5,5. Qui c’è un voto anche di rimpianti, perché dopo l’ottima vittoria all’esordio contro Azarenka e il successo agile del secondo turno c’era soltanto Tsurenko tra lei e un rematch della partita molto tirata a Indian Wells contro Swiatek. Invece, la canadese è franata in una giornata pessima e ha rimediato appena due game contro l’ucraina. Il 5,5 quindi è la media tra il 7 dei primi turni e il 4 di quel giorno.

Aryna Sabalenka, 5. Non aveva mai superato il terzo turno a Parigi, vero. Non aveva però avversarie credibile per essere fermata prima almeno degli ottavi, quest anno. E con questo inizio di stagione, con quella semifinale ripresa di forza, con il numero 1 ormai alla sua portata, Sabalenka ha fallito. Succede, è lo sport, ma questo per la bielorussa è un fallimento. Arriverà a prendersi quel trono probabilmente dopo Wimbledon vista la grande differenza di valori tra lei e Swiatek su erba, ma quella rimonta da 5-2 e 0-30, con match point salvato e suicidio sportivo degli ultimi game ci dicono che ancora per quanto si parli di una giocatrice migliorata, ci siano fasi dove si riscoprono alcuni dei suoi limiti.

Jessica Pegula, 5. Finisce una stagione sulla terra battuta davvero povera. La statunitense ha fatto troppo poco e nemmeno bene, nel rendimento complessivo, con un quarto di finale a Madrid maturato tra diverse fatiche e sconfitte precoci sia a Roma sia a Parigi. Non era la sua superficie, però lei che ha rappresentato forse al meglio la costanza degli ultimi due anni ora ha vissuto la prima fase di calo vero.

Maria Sakkari, 5. Per il secondo anno consecutivo Sakkari viene fermata al Roland Garros da Karolina Muchova. Di per sé non è un dramma, ma la greca dalla semifinale 2021 (con match point non sfruttato) a Parigi ha vinto solo una partita e in generale sembra fare fatica a riproporsi con l’efficacia vista per tanto tempo. Rimane in top-10 ma rimangono sempre i problemi di fiducia e sensazioni di insoddisfazione.

Anastasia Potapova e Veronika Kudermetova, 5. Forse a Kudermetova si poteva dare anche 4,5 vista la netta sconfitta all’esordio, ma il discorso cambia poco. Due delle migliori giocatrici di seconda fascia viste da marzo in poi sono franate nei primi turni. Kudermetova arrivando tra l’altro dopo le semifinali nei ‘1000’ di Madrid e Roma.

Anhelina Kalinina, 5. Dalla gioia per il raggiungimento della finale a Roma, per Kalinina, è girato tutto storto. L’ultimo atto del Foro Italico concluso con le lacrime di rabbia per il ritiro nella partita più importante della carriera, lo stravolgimento dell’avvicinamento a un torneo come il Roland Garros, la pochissima preparazione e la sconfitta netta all’esordio contro una wild-card (Diane Parry).

Leylah Fernandez e Martina Trevisan, 4,5. Mezzo voto in meno alle due protagoniste nel 2022 del quarto di finale conclusosi con l’azzurra a celebrare la prima semifinale Slam della carriera. La vera ragione è che nessuna delle due poteva permettersi una sconfitta al primo turno (soprattutto Martina) per il crollo totale che avrebbero fatto nel ranking. La canadese dopo la finale allo US Open non si era comportata come la rivale di quel giorno, Emma Raducanu, e qualcosa di buono aveva fatto come i quarti di finale qui dove fu sfortunatissima a rimediare anche una frattura da stress al piede già dopo un paio di game. Trevisan è stata condizionata a sua volta da un problema fisico maturato pochi giorni prima a Rabat. Però oggi si trovano una numero 69 del mondo, l’altra numero 95.

Barbora Krejcikova, 4. Tra le big, lei è la peggiore. Sta probabilmente pagando la non preparazione della off season, quando a novembre 2022 ha finito le WTA Finals a Fort Worth con un problema al polso che l’ha costretta al forfait alle Billie Jean King Cup Finals. Il primo allenamento è stato fatto il 28 dicembre, poco prima di partire per l’Australia. Tutto all’aria. Però dal successo nel WTA 1000 di Dubai i due eventi di Indian Wells e Miami hanno visto la curva del rendimento cominciare a piegarsi in maniera sensibile fino al crollo di maggio e la sconfitta brutta al primo turno del Roland Garros contro Tsurenko è stata seguita dall’eliminazione al primo turno del doppio (dove in coppia con Katerina Siniakova era imbattuta dallo US Open 2021 e venivano da quattro Slam vinti). Nel 2021 al Roland Garros aveva trovato un successo (doppio) clamoroso. Da lì, però, le vittorie ottenute sono come la farina: doppio zero.

LA PEGGIORE

Sara Sorribes Tormo, 3. In coabitazione con la compagna Marie Bouzkova perché, a ragione o meno, non è bello vedere qualcuno richiedere la squalifica delle avversarie come avvenuto nel loro match di doppio per la palla che Miyu Kato ha colpito verso la raccattapalle. Ci si gioca soldi e prestigio di un quarto di finale Slam, ma a peggiorare la loro posizione ci sono le immagini che le ritraggono sorridenti in panchina mentre scherzano tra loro, con la coppia avversaria e Kato in particolare sprofondata nella vergogna e crisi per un gesto magari involontario ma che spettava all’arbitro interpretare. Per la spagnola, che pure aveva raggiunto in singolare gli ottavi di finale dove ha ceduto solo dopo quasi quattro ore ad Haddad Maia, un modo piuttosto brutto per concludere l’avventura, andando dall’arbitro assieme alla ceca e dire che il warning non bastava e volevano la squalifica.

Diego Barbiani

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