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05 Giu 2022 13:12 - Roland Garros
Nadal ad una passo dalla leggenda e dall’addio, Ruud può rovinare la festa?
di Roberto Salerno
Cominciamo dall’ovvio: se Nadal non vincesse sarebbe uno dei risultati più inaspettati della storia del tennis. La festa è pronta da tempo, si sono già inchinati il numero 1 del mondo, un giovane rampante e gli dei hanno gi fatto sapere che non è il caso di mettersi in mezzo, visto che rischi di romperti una caviglia. Dei risultati manco a parlarne: Nadal ha perso la miseria di 3 partite al Roland Garros, due contro uno che ha già battuto e la terza contro un altro che si è ritirato presto e chi può dire che non sia stata di nuovo per via del dispetto fatto agli dei? Nadal è il Roland Garros, e in giro non potrete che leggere che ormai non c’è più niente da scrivere che già non si sia scritto.
Con un’atmosfera del genere è anche abbastanza facile capire le ore che starà passando Casper Ruud, onesto manovale che è stato messo in seria difficoltà da Lorenzo Sonego – il piemontese era avanti due set a uno e nel nono game, con Ruud al servizio sul 4 pari è arrivato fino al 30/30 – ma che poi è scivolato con una certa semplicità fino alla finale, superando Rune e Cilic. Proprio contro il bizzoso ragazzotto danese Ruud ha mostrato il giocatore che è. Se l’altro ha il suo quarto d’ora di grazia non ha troppe armi per difendersi, ma se l’altro non gioca al meglio la solidità del norvegese basta e avanza per vincere il match. Ma al di là degli aspetti tecnici, o strettamente tennistici sui quali torneremo subito, rimane per questo ventitreenne il problema di dover interrompere una storia già scritta, che probabilmente è leggenda e a nessuno in fondo piace essere l’orco delle favole. Avrebbe tremato comunque, la prima finale slam, figuriamoci, ma non poteva capitargli di peggio, erché dall’altra parte non c’è un giocaore c’è Rafa Nadal, scritto a lettere cubitali, con la sensazione che possano cadergli adosso una per una, vocali e consonanti.
Se è inutile ricordare di cosa è stato capace Nadal, a Parigi e altrove, vale la pena allora ricordare che Ruud ha giocato tre volte con Djokovic, una con Federer e mai prima d’ora contro Nadal. Non ha mai vinto un set ma ha giocato due tiebreak, uno proprio al Roland Garros contro Federer. Allargando lo sguardo, contro i top5 Ruud ha vinto tre volte su quattordici e una sola volta su terra, fra l’altro quella anomala di Madrid, contro Tsitsipas. Quest’anno ha battuto Zverev sul cemento di Miami, aveva battuto anche Rublev a Torino nelle finals, al tiebreak del terzo set. Insomma anche da qui non arrivano notizie confortanti per il norvegese.
Azzardare la lettura tattica della partita non è troppo complicato. Nadal proverà a saggiare le proprie condizioni di forma giocando di regolarità sperando di avere dritto e rovescio più efficaci di quanto non fossero in semifinale, ma se Ruud sarà solido e sbaglierà poco è probabile che Rafa cominci a mischiare le carte. La solidità da fondo è sostanzialmente l’unica carta del norvegese, che dovrebbe provare a dirsi e ripetersi che alla fine è solo una partita di tennis, tra un ventitreenne in grande salute e un trentaseienne che ha mostrato tutti gli acciacchi possibili e che quindi dovrebbe non essere una cattiva idea quella di prolungare gli scambi e il match. Ma lo abbiamo visto tante volte, una cosa è scambiare con chiunque giocatore nel tour, altro farlo contro Nadal, nel centrale del Roland Garros poi. La probabilità che al quarto dritto la palla scappi dalle corde di Ruud è molto alta.
A parte questo, come accennato, se mai dovesse bastare per creare probemi allo spagnolo, Rafa accentuerà i cambi di ritmo e le sortite in avanti, nella speranza di dare pressione al rivale e comunque di non farlo giocare tranquillo, cosa che pare impossibile a priori. Queste le poche carte e i pochi misteri della finale slam numero 30 di Rafa Nadal, che ne ha vinte 21 e che lontano da Melbourne ha perso l’ultima nel 2011 a New York, l’anno d’oro di Djokovic. Sono passati 11 anni da allora e nessuno avrebbe mai creduto possibile trovarsi a ricordarlo in occasione di un’altra finale.
In chiusura va ricordata l’altra finale che in qualche modo può ricordare l’attesa che c’è per questa, quella giocata a New York tra Djokovic e Medvedev. Anche in quel caso si trattava della superficie preferita dal favorito – e dallo sfidante – ma tra Medvedev e Ruud la differenza è abissale. Non è il caso di farci troppo affidamento.