TENNIS – Dal nostro inviato a Parigi PIERO VASSALLO. Petra Kvitova vede gli incubi dell’eliminazione al primo turno contro una bravissima Danka Kovinic salvandosi in extremis: tra separazioni sentimentali e professionali, la ceca è scivolata fuori dalla top 10 e si conferma un vero enigma.
Ho iniziato – colpevolmente – a conoscere davvero Petra Kvitova durante Wimbledon 2011, non ci misi molto a piazzarla tra le mie predilette del circuito WTA. «Se gioca sempre così può dominare per anni», una frase che avrei riproposto due anni dopo in occasione del suo bis ai Championships e un anno fa dopo averla vista dal vivo trionfare a Madrid, triturando un po’ tutte quelle che gli capitavano a tiro.
Per fortuna delle altre però, Petra Kvitova non gioca «sempre così», anzi non ci gioca quasi mai. Il suo palmarés comprende 17 titoli, tra cui i già citati due Wimbledon, cinque tornei Premier e un successo alle WTA Finals. Roba che il 90% delle giocatrici non mette insieme neanche giocando tre vite intere, eppure rapportato al talento della ceca è un bottino quasi magro.
Esagerato? Forse, ma chi ha in testa alcuni dei suoi migliori match confermerà che non sono pazzo. La sensazione – e manca poco per chiamarla certezza – però è che Petra sia di un’instabilità unica, degna del miglior Dejan Savicevic: a volte sublime, altre evanescente. E per non smentirsi anche oggi Kvitova ha dato prova del suo essere contro Danka Kovinic, il miglior talento che il giovane Montenegro abbia mai espresso fino ad ora.
Ottima nel primo set, impalpabile nel secondo, ad intermittenza nel terzo. Se sul 5-4 40-40 servizio Kovinic, la montenegrina non avesse accusato il più classico dei braccini, non chiudendo un punto già fatto, adesso parleremmo della seconda eliminazione al primo turno di Kvitova al Roland Garros dopo quella del 2010. Invece è ancora in piedi, tra mille dubbi e punti di domanda.
Incertezze che si porta dietro anche fuori dal campo: negli ultimi anni l’abbiamo vista presentarsi ai tornei in sovrappeso salvo tornare in perfetta forma dopo poche settimane, separarsi dal suo allenatore storico – David Kotyza – dopo 7 anni per affidarsi a Frantisek Cermak e dulcis in fundo annunciare il matrimonio con Radek Meidl per poi fare dietro front pochi mesi dopo.
E così non ci resta che prendere atto della sua imprevedibilità, nell’attesa di un’altra dimostrazione di forza (perché fidatevi, arriverà) che ci lascerà di stucco e farà tornare in auge quella vecchia frase: «Però se gioca così…».
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