Us Open / Pennetta-Vinci, la conclusione più bella per la generazione dei fenomeni

TENNIS – NEW YORK – Di Gianluca Atlante – Un risveglio dolce, romantico, quasi il cuscino sotto il viso fosse la dolce mano, oseremo dire sapiente, di chi ti ha voluto sempre bene. Roberta e Flavia, il giorno dopo, a poche ore dall’appuntamento più importante della loro straordinaria carriera.

Le immaginiamo così, Vinci e Pennetta, assonnate ma felici, comunque andrà a finire. Vinci e Pennetta, cognomi pugliesi, figlie di una Terra che non hanno mai dimenticato. La prima è tifosa del Taranto, della sua Taranto. La seconda di Brindisi, della sua Brindisi. Insieme hanno fatto grande l’Italia del tennis al femminile nella Grande Mela.

E lo hanno fatto con quel tennis giocato nel quale hanno sempre creduto, anche nei momenti più bui e ce ne sono stati. Sin dal primo giorno, quando, con nella sacca un carico di belle speranze, hanno deciso di far viaggiare la loro vita e la loro fantasia, rinunciando alle comodità di sempre, ma sapendo che quel seminare faticoso, avrebbe poi dato i suoi frutti. E in una bella mattinata newyorkese si sono risvegliate nella loro stanza d’albergo, con in tasca un biglietto per la gloria, conquistata a fatica sul campo, ma meritevole di accompagnarle sino all’epilogo delle 21, ora italiana, quando, insieme, a quattro mani e senza suggerimento alcuno, riscriveranno la storia del nostro tennis.

A loro diciamo grazie, un grazie di cuore. Perchè a noi è sempre piaciuto raccontare storie come queste. Entrare nella pancia del personaggio, provando a chiedere permesso, con la speranza di finire per essere ospiti graditi. Oggi, seduti davanti ad un computer, immaginiamo le emozioni di un qualcosa che non si può raccontare, a meno che tu non lo viva dentro. Se non hai, soprattutto, la pazienza e l’umiltà di interrogarti su quanto fatto un attimo prima, su cosa è in realtà accaduto, su quello che sarà. Fotogrammi di vita vissuta, correndo da una parte all’altra del campo, sfidando, perché no, anche le leggi di una natura che non sempre ti presenta il conto che tu vorresti.

Oggi Roberta e Flavia, a 32 e 33 anni, hanno preso una biro e, su un foglio bianco, magari A4, hanno scritto “Ti Amo” a caratteri cubitali. Pensiero da tramandare ai posteri, a chi un giorno avrà la pazienza e la bontà di ricordare, a chi, senza per forza di cose sia portato a salire sul carro dei vincitori, godrà in religioso silenzio di uno spettacolo che nemmeno il sogno iniziale di questo Open degli Stati Uniti, avrebbe descritto così bene.

Roberta Vinci e Flavia Pennetta. Come Francesca Schiavone e Sara Errani. Finaliste in uno Slam, protagoniste assolute di una squadra formidabile, una Nazionale che ha fatto storia, che ha ancora fame, che non vuole smettere di aggiornare almanacchi ed enciclopedie, che è figlia di un tennis che a noi piace. Fatto di tocchi, di prodezze, di scorribande lungo l’infuocato cemento di Flushing Meadows, di imprecazioni e sorrisi, ma soprattutto di tanto, tantissimo, immenso amore verso uno sport che è vita.

Per loro, per noi, per chi avrà la pazienza di bussare alla porta e chiedere permesso per un racconto diverso dagli altri. La prima finale Slam tutta italiana della storia. E’ tanta roba signore e signori, davvero tanta roba.

 

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