TENNIS – Dal nostro inviato a Parigi Diego Barbiani
Nel passato l’impero romano ha vissuto fasi di grande splendore, fasi in cui al potere si dividevano (con diverse sfumature) tre grandi potenti, fasi di difficoltà quando i cosiddetti barbari, dall’esterno, hanno cominciato a premere sempre più forte sul confine.
Continuando il paragone, Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic sono il trirumvirato del tennis moderno e tutto il gruppo di giovani rampanti sono i barbari che stanno affilando le armi per sgretolare, passo dopo passo, questo impero sconfinato di record e successi.
Lo si scrive da tempo, questi ragazzi si stanno piano piano facendo largo tra i primi 100 in maniera sempre più convincente. Il nome di Nick Kyrgios ormai è sulla bocca di tutti come quello di Thanasi Kokkinakis, Borna Coric, Hyeon Chung o Alexander Zverev. Dal prossimo otto giugno ci sarà anche Kyle Edmund, che ieri ha vinto la sua prima partita in un tabellone dello Slam contro Stephane Robert in condizioni quasi proibitive, con tutto lo stadio schierato a favore dell’estroso transalpino, pronto ad eccedere con le esultanze e le urla al primo urlo ed alla prima parola che sarebbe uscita dalla sua bocca per sottolineare un disappunto. Edmund è stato invece straordinario nel gestire emotivamente una situazione così complicata. Andy Murray, dopo aver vinto il primo turno contro Facundo Arguello, è corso in tribuna a tifare per il connazionale.
Difficile pensare che potesse resistere a quella pressione tutto il tempo, eppure l’esultanza finale ha detto tanto, perché l’applauso convinto a tutto il pubblico che per tre ore ha tifato il tuo avversario, creando un’atmosfera impossibile da trovare in altri campi del circuito Atp, è indizio di una maturità mentale sorprendente.
Prima Kyrgios con la ‘spallata’ a Nadal sul centrale di Wimbledon, poi Zverev con la semifinale ad Amburgo, poi Chung con la grande striscia positiva nei challenger… Tanti segnali, piccoli (grandi) tasselli che se visti nel loro complesso cominciano a delineare qualcosa. Non stiamo parlando più di uno o due elementi sparsi, ormai il puzzle comincia a prendere forma ed ha elementi sempre più variopinti: un asiatico, tre europei, due oceanici. Mancano gli americani, ma solo qualche passo più dietro c’è Francis Tiafoe, classe 1998, che è già dentro i primi 300 del mondo. Per l’Italia, invece, c’è Matteo Donati come elemento di spicco. Vent’anni ed un buon torneo di Roma ormai alle spalle, gli manca ancora qualche passo e potrà dirsi dentro ai primi 200.
Se ne parla ormai da tempo, questi ragazzi possono rappresentare il futuro del tennis. Mese dopo mese, se ne stanno accorgendo un po’ tutti.
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