di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
03 Giu 2014 16:18 - Roland Garros
Roland Garros: Bouchard, Sharapova e l'incontro del destino
di Redazione
TENNIS – Dall’inviato a Parigi, Dario Torromeo
Eugenie Bouchard è il volto nuovo del tennis femminile. Dopo avere centrato il colpo agli Australian Open si è ripetuta al Roland Garros. Ha eliminato Carla Suarez Navarro ed è piombata in semifinale dove affronterà Maria Sharapova.
«Ero una bambina quando l’ho vista trionfare a Wimbledon…». Maria ha vinto quel torneo a 17 anni, Genie all’epoca ne aveva solo dieci.
La canadese ha capito di essere diventata popolare quando ha ricevuto una lettera dutante l’ultimo Halloween. Dentro c’era la foto di una bambina vestita da Eugenie Bouchard, compresa parrucca bionda e completo Nike da tennis.
Eugenie “Genie” Bouchard in Canada è una star. Viene da Montreal, meglio dire da Westmount, uno dei quartieri più ricchi dell’intero NordAmerica. Il reddito medio annuo pro capite è di 210.000 dollari. Quello a famiglia sfiora i 450.000. A pochi isolati dai Bouchard vive l’ex primo ministro Brian Mulroney. Un posto di splendide ville, un’enclave di felicità all’interno del West Side di Montreal. Ventunomila abitanti che parlano inglese, in un Quebec che guarda con sospetto chiunque non sia francofono.
La ragazza viene da una famiglia dell’alta borghesia. Mike, il papà, fa il consulente finanziario per grandi istituti di credito. Julie, la mamma, è ormai diventata la compagna di viaggio di Genie che ha scoperto il tennis a cinque anni in un asilo di Nun’s Island, altra zona bene a pochi chilometri dal centro di Montreal. Le piaceva anche il basket, ma una vittoria ha sciolto qualsiasi dubbio. Aveva nove anni quando si è imposta in un torneo che come premio aveva la partecipazione a una competizione Under 12 a Parigi, la città dei sogni. Ma anche quella del destino.
Da quel momento tutto è andato di corsa. Genie aveva dodici anni quando con la mamma si è trasferita a Ft Lauderdale in Florida, nell’Accademia di Nick Saviano. Poi, quando il Canada ha aperto un centro federale, sono tornate a casa anche se la loro base di allenamento resta ancora la Florida.
La ragazza ha una sorella gemella: Beatrice. Un fratello di nome William. La più piccola di casa è Charlotte. Genie ha imparato presto le regole della vita. E’ diventata amica della coetanea Laura Robson, inglese di origini australiane, che l’ha ospitata nella sua casa di Londra durante il torneo junior di Wimbledon. Assieme a colazione, nelle passeggiate verso i campi in erba del mitico centro, nelle lunghe serate davanti alla tv o nella stessa cameretta a chiacchierare su sogni e realtà. Poi è arrivato il momento in cui si sono dovute affrontare. Ha vinto Genie e ha deciso che non avrebbe più voluto avere amiche. Non le piaceva doversi confrontare con loro.
«Non ho grande amicizie nel circuito, non penso che il tennis sia un posto dove possa svilupparsi questo tipo di rapporto. Lo sport è competizione, giocare l’una contro l’altra. Non puoi prenderti il lusso di avere amiche».
Assieme alla Robson ha anche girato un video: “Laura and Genie’s Gangnam Style”, l’hanno visto più di cinquecentomila persone su You Tube. Dentro ci sono un po’ tutti i loro compagni di avventura: Maria Sharapova, Fernando Velasco, Jo-Wilfried Tsonga, Sam Stosur, Heather Watson. Oltre alla banda dei fisioterapisti della Wta.
Bionda, alta, perennemente abronzata, capelli lunghi che quando gioca raccoglie in una lunga treccia, faccia da stella del college. Una principessina, una bella ragazza che non ostenta stravaganze per conquistare l’attenzione generale. Non ne ha bisogno. Tifa Miami Heats, adora Dwyone “Flash” Wade, ma soprattutto ha un idolo nel cuore.
Al centro del campo, dopo avere battuto Ana Ivanovic a Melbourne durante gli ultimi Australian Open, quando le hanno fatto una domanda di routine non ha avuto incertezze.
«Se potessi scegliere, con chi vorresti uscire stare a cena?».
«Con Justin Bibier».
I fischi dello stadio hanno coperto qualsiasi altra parola. Lui, il coetaneo divo del pop, la ha mandato un messaggio via Twitter: «Buona fortuna!» Scritto l’augurio il giovanotto è entrato in un locale di Miami Beach, ha fatto rifornimento, è uscito, si è messo al volante della sua Lamborghini e ha cominciato a spingere alla massima velocità gareggiando senza pensieri con altri pari. E’ stato arrestato per guida in stato di ebrezza.
In Australia la ragazza è diventata la prima canadese a conquistare la semifinale di uno Slam a trent’anni di distanza da Carling Bassett-Seguso, che aveva centrato lo stesso risultato agli US Open del 1984. A Parigi, per ora, ha bissato quel risultato. Genie va veloce. Nel 2013 entrava nel torneo con il numero 147 e ne usciva al secondo turno di qualificazioni. Un anno dopo è arrivata tra le quattro migliori scalando la classifica fino a entrare tra le Top 20 della Wta. Con la semifinale del Roland Garros è già balzata al numero 12 del mondo.
Bene impostata tecnicamente, tatticamente accorta, forte dal punto di vista mentale. Il miglioramento più evidente l’ha fatto nelle incursioni a rete. Ha una palla profonda e potente. Deve migliorare il servizio e perfezionare un dritto che sembra ancora in evoluzione, mentre il rovescio (soprattutto nel passante lungolinea) le ha già regalato molte soddisfazioni. Campionessa a Wimbledon 2012 da junior, migliore esordiente della Wta l’anno dopo, numero 2 del mondo nella sua fascia di età. Ha vinto sei titoli ITF, un torneo Wta e ha raggiunto la semifinale in due Slam. Niente male per una ragazza che il 25 febbraio ha festeggiato vent’anni.
Non saranno certo i soldi del prize money a farle girare la testa. Non si comprerà una macchina superveloce, non ha ancora la patente. Al massimo investirà in qualche altra borsa di Louis Vuitton che andrà così ad arricchire la sua collezione.
Famosa in Canada, viaggia con tanto di tifosi al seguito. Sono i dieci ragazzi della “GenieArmy” che la supportavano in Australia, da dove è nata la magia del suo 2014. Indossando magliette con su le lettere del suo nome G-E-N-I-E, cantando, non sempre seguendo il giusto ritmo, l’inno canadese, mostrando cartelli pieni di orgoglio. “Abbiamo cominciato al campo 15 e ora siamo qui”, recitava lo striscione il giorno della sfida tra Bouchard ed Ivanovic sul campo centrale di Melbourne. Portano in giro per il mondo una t-shirt con su il motto della casa:“Eat, sleep, Genie repeat”. Mangia, dormi, Genie ripete. Non è un componimento da Nobel per la poesia, ma il frutto di una serena allegria. Mi sia perdonata la rima.
«Qui in Francia però non li ho ancora visti, forse arriveranno solo per la finale… Ma chiunque tifi per me, chiunque tiri fuori una bandiera canadese, entra automaticamente a far parte della GenieArmy». Ogni volta che passa un turno i suoi amici le lanciano un pupazzo di peluche che va ad arricchire la collezione: koala, canguri, alcioni giganti, vomati. «Anche a Parigi dovrò comprare una valigia per mettere dentro tutti i ricordi. Non riesco a credere di avere fatto tutto questo». Magari anche stavolta quando tornerà a casa festeggerà con una cena nel ristorante preferito: Beauty’s a Mont Royala. O sfoggerà nella festa con gli amici la maglietta che la ha regalato la nazionale canadese di hockey su ghiaccio. Sul retro c’è scritto GENIE e sotto il numero, 1 ovviamente. Di certo comprerà un Dvd di “Midnight in Paris”. «Siamo a Parigi, Owen Wilson ha detto che tifa per me e io non ho ancora visto il suo film. Devo correre ai ripari».
Le piace il cinema, ma quando vuole rilassarsi si mette davanti alla televisione e guarda Heart of Dixie. Ma se c’è il tennis, la scelta è obbligatoria. «Mi piace, che posso farci?».
Eugenie Bouchard è una ragazza che ha le idee chiare.
«Se non fossi diventata una tennista, chi avresti vo
luto essere?».
«Non ho dubbi. Mi sarebbe piaciuto essere una controllore di volo».
Alla prossima, certo di dovere scrivere ancora molto di lei.