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Novak Djokovic risponde presente. Il primato di numero uno del ranking ATP ottenuto – a spese del serbo – da Rafael Nadal, infatti, sembra aver tutt’altro che tarpato le ali a Nole: in quell’Asia – tennisticamente parlando – a lui tanto cara, l’attuale numero due del mondo ha conquistato per la quarta volta il China Open, per la seconda volta il Master 1000 di Shanghai e portato il suo record positivo in Oriente a 34 vittorie e 6 sconfitte (tre delle quali patite nel girone del Master 2007).
Merito, prima di tutto, della superficie: Djokovic, sul cemento, trova l’apoteosi del proprio gioco. L’estrema flessibilità del suo corpo permette al serbo di scivolare e correre sul cemento per ore con una naturalezza disarmante, pari a nessun altro. Per il resto, al di là il servizio (che sul veloce porta la giusta quantità di punti gratuiti), le caratteristiche tecniche vengono esaltate in tutte le qualità. A partire dall’insieme, che garantisce al numero due del mondo una più ampia varietà di colpi, ma soprattutto dalla velocità di capovolgimento nello scambio: su questo tipo di superficie, infatti, a Djokovic basta un colpo per passare da una situazione difensiva ad un (quasi) vincente e Del Potro, che proprio qualche giorno fa ha patito non poco questo aspetto, ne sa qualcosa.
In virtù di quanto riferito in precedenza sull’incredibile tenuta fisica e, aggiungiamo, su quella mentale, un altro fattore non trascurabile è quello della continuità – salvo leggeri “alti e bassi” interni – di Nole nella stagione: con l’ausilio di questi due mezzi non indifferenti, infatti, il serbo ha le qualità ad imporsi sui cementi di Asia e Australia, tappe rispettivamente di fine e inizio stagione.
Con queste premesse, infine, la pesante scadenza delle ATP World Tour Finals fa meno paura: Novak Djokovic avrà anche perso lo scettro, ma le ultimissime prestazioni rendono il serbo – con buona pace di Rafa Nadal – l’uomo da battere.
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