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Novak Djokovic deve ringraziare Roger Federer. Perché? In un periodo in cui non si fa altro che parlare delle difficoltà e dell’ eventuale ritiro dello svizzero, nessuno si concentra sugli stenti del numero uno del mondo. Intendiamoci: stenti per un giocatore del suo livello, in vetta al tennis mondiale, con ambizioni da dominatore. Djokovic, 2011 irreale a parte, dominatore, evidentemente, non lo è.
E’ possibile che vinca gli US Open, non lo si può certo escludere. Ma nei momenti importanti, nelle partite decisive, Australia a parte, quest’anno è sempre mancato. E’ mancato di quella feroce determinazione e soprattutto di quella continuità di gioco che gli ha permesso di battere tutti e vincere quasi tutto; è mancato e manca di una forma tale che lo faccia sentire sicuro. Nole ha avuto qualche problema fisico, quest’anno: caviglia, qualche dolorino alla spalla. Niente però (che si sappia, almeno) che faccia supporre una limitazione di questo tipo.
Oggi, durante il match perso contro Isner nei quarti di finale a Cincinnati, è parso affaticato, imprecante, casuale: sprazzi del Djokovic vero si sono visti raramente. E se accade con giocatori fuori dai top 20, figurarsi con i contendenti lì in alto (ed è stato evidente contro Nadal a Montreal, malgrado un punteggio equilibrato). Il servizio, soprattutto, risente della scarsa fiducia di Novak: il serbo ha in questo fondamentale il colpo più costruito di tutti e oggi che le cose non girano come dovrebbero è perfino più evidente. Nonostante la finale a Wimbledon, con un tabellone -fino alla semifinale contro Del Potro- onestamente non impossibile, da quella partita contro Nadal al Roland Garros Djokovic appare sempre più spaesato: precisamente da quello smash e catapulta sulla rete. Unico acuto della stagione: Montecarlo, una finale praticamente perfetta contro lo spagnolo, che faceva presupporre un’altra stagione su terra. Niente Madrid, sconfitta con Berdych in quarti a Roma, semifinale persa a Parigi in quel modo, finale a Wimbledon, sconfitta in semifinale a Montreal e in quarti di finale contro Isner qui in Ohio. Per un qualsiasi top ten, tanta roba. Per Novak Djokovic, da molti etichettato come futuro G.O.A.T., veramente poca. Così come il doppio fallo che consegna il secondo decisivo match point a John Isner: non da campione vero qual è. Le cose ora per Nole sono due: pregare che Federer faccia ancora parlare (bene o male) di sé o svegliarsi da questo lungo, incomprensibile letargo.