Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
di GIANLUCA ATLANTE
Parigi – Non c’è n’è per nessuna, proprio per nessuna. Le sue avversarie, finisce per tritarle. E’ una macchinetta instancabile, la piccola Sara Errani. Parte, e non si ferma più. O meglio, lo fa quando c’è da stringere la mano alla sua avversaria. Seiuno, seidue alla Rus al primo turno, seiuno, seiuno alla Putintseva al secondo, seizero (mancava all’appello) e seiquattro, in un’ora e sette minuti, alla Lisicki, oggi al terzo turno. Crediamo che sia record di giochi lasciati ad avversari o, nel caso specifico, avversarie, per una giocatrice, nel caso specifico o giocatore italiano, approdato al quarto turno di uno Slam.
Sara Errani, del resto, ha acquisito, da un anno a questa parte, quella sicurezza nei propri mezzi, che l’ha portata gradatamente a migliorare, anche, li dove era necessario farlo. La nostra piccola “Ferrer” è una macchina oliata a meraviglia, che funziona a meraviglia, che vola spedita a meraviglia, verso gli ottavi di finale qui al Roland Garros. E quella cambiale in scadenza, sembra meno pesante del previsto. Dal nuovo, che forse è già vecchio al vecchio che vuol tornare nuovo. Dal campo numero 1, al numero 2. Una questione di metri. Anche se Francesca Schiavone, sul 2, entra prima di Sara, ma finisce soltanto poco prima. Dopo due ore e trenta di battaglia contro quella Flipkens che, a noi italiani, rievoca bei ricordi, quelli del 2006 a Charleroi, quelli della prima Fed Cup azzurra. Allora, la belga si arrese a Mara Santangelo, oggi lo ha fatto ad una Schiavone che, quando passa da queste parti, sembra rinascere a nuova vita. E noi, che le vogliamo bene, glielo auguriamo di tutto cuore. Lotta Francesca, ha voglia di farlo. Soprattutto quando, messo in cantiere sin troppo facilmente il primo set (6/1 in 36′), fa scappare la sua avversaria, pronta in un amen ad issarsi 4-1 nel secondo. La “leonessa”, ma lo diciamo a bassa voce perchè sembra non piacerle più, ha gli stimoli di un tempo, o almeno sembra averli sino al 4-4. Poi, sul matchpoint, commette doppio fallo e va al terzo. Dove parte bene, con un break, ne subisce uno subito dopo, ma va 4-2 al termine di games tiratissimi. Poi anche 5-2, serve per il match, ma lo perde e chiude al nono gioco la pratica, con una risposta vincente di dritto. Per la felicità di chi, in tribuna, ha rivissuto momenti parigini indimenticabili. E ora la Bartoli, magari su quel Philippe Chatrier di cui porta in dote un po’ di terra. Per la rivincità della semifinale giocata, proprio qui, nel 2010 e vinta dalla nostra tennista. Altri tempi, che sembrano essere tornati. O, almeno, vogliamo credere che sia così.