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10 Apr 2016 23:46 - WTA
WTA – Stephens non ha mezze misure: a Charleston il terzo titolo di un 2016 da montagne russe
di Diego Barbiani
TENNIS – Di Diego Barbiani
Non esiste solo Victoria Azarenka in questa prima parte di 2016. A quota tre titoli WTA, come la bielorussa, c’è anche Sloane Stephens, grande promessa statunitense per il “dopo-Williams” che ha intascato il terzo titolo WTA della stagione.
Dall’ITF di Reggio Emilia del maggio 2011, un 50.000 dollari dove ha sconfitto tra le altre anche Sabine Lisicki, in semifinale, ci sono voluti ottanta tornei prima che riuscisse a porre fine a questa sorta di incubo. A Washington, ad inizio agosto del 2015, ha messo in fila Svetlana Kuznetsova, Samantha Stosur ed Anastasia Pavlyuchenkova. Ad Auckland ad inizio anno il secondo sigillo, ad Acapulco il terzo, ora il quarto, sulla terra verde di casa a Charleston, primo titolo di livello Premier. In questa stagione non ha avuto mezze misure: nei sei tornei a cui ha preso parte, o è stata eliminata all’esordio o ha finito per vincere tutto. Questa volta, in South Carolina, ha dominato alla distanza Elena Vesnina, altrettanto felice di aver raggiunto l’ultimo atto dopo essere partita dalle qualificazioni ed aver tenuto degnamente testa alla giovane avversaria per quasi un set e mezzo fino al 7-6 6-2 conclusivo: «Sì, nel tennis c’è solo un vincitore, ma oggi mi sento felice di quello che ho fatto e dentro di me vorrei considerarmi anche io, in piccola parte, una vincitrice».
Sloane, nonostante questo risultato, non entrerà ancora tra le prime 20 del mondo (anche se il suo best ranking dice n.11, a fine 2013). I tre tornei in cui ha fallito subito sono stati i più importanti disputati fin qui: Australian Open (dove ha perso da Qiang Wang), Indian Wells (sconfitta da Eugenie Bouchard) e Miami (da Heather Watson). Eppure, anche in questa settimana ha tirato fuori una condizione fisica e mentale invidiabile. Il vero punto di svolta della sua cavalcata è arrivato nei quarti di finale, quando dall’altra parte della rete c’era Daria Kasatkina. Chi ha visto giocare la giovanissima russa avrà capito quanto questa possa esprimersi bene sulla terra e quanto, mentalmente, sia già un osso piuttosto duro per tante. Stephens aveva vinto il primo set per 6-1 e nel secondo le chance di chiudere la partita sono state diverse, in vari frangenti. Kasatkina aveva potuto soprattutto difendersi (e bene) fino a quando sul 6-5 ha ribaltato due scambi che l’hanno portata al set point ed il successivo errore di rovescio di Stephens le aveva consegnato la parità. In situazioni simili il terzo set rischia di essere una formalità per chi ha rimesso in piedi l’incontro: sfruttando il momento di frustrazione dell’avversaria, alla prima occasione allunga in maniera definitiva. Stephens invece ha reagito mentalmente alla grande, salvando anche un match point sul 4-5 e vincendo il primo di una serie impressionante di 11 punti consecutivi che le sono valsi la vittoria.
Ragazza dal passato difficile, cresciuta senza conoscere suo padre (l’ex giocatore di football John Stephens, star dei New England Patriots) fino a quando nel 2006 lui decise di chiamarla e chiederle di incontrarsi per conoscersi. John si era separato dalla moglie pochissimo tempo dopo la nascita di Sloane e per tredici anni non aveva avuto il coraggio di farsi sentire, fino a quando scoprì di avere una malattia degenerativa incurabile alle ossa e si sentì con le spalle al muro. “Stava morendo e voleva conoscermi. Sono felice abbia deciso di fare quella telefonata”, disse lei. Ben presto i due cominciarono a sentirsi con grande frequenza e seppero costruire quel legame che tanto le era mancato nei suoi primi anni di vita. Nel 2009, durante lo US Open junior, riceve una chiamata dalla sorellasta: “John è stato vittima di un incidente stradale, non c’è più nulla da fare”. In quei giorni, nel tentativo di ricostruire il suo passato, scoprì che nel 1994 fu arrestato con l’accusa (confermata da lui stesso) per stupro ai danni di una ragazzina, e che aveva fatto spesso uso di droghe. Col tempo, però, Sloane è riuscita a mettere tutto da parte, confessando di essere stata molto felice per averlo potuto conoscere.
Risale a tre anni fa il suo momento più luminoso: la semifinale raggiunta al Roland Garros superando Serena Williams ai quarti. La connazionale aveva problemi alla caviglia fin dai primi turni, ma quella volta Stephens arrivò comunque ad un passo dalla sconfitta prima di ribaltare l’incontro. Il rapporto tra le due non è mai stato idilliaco. Nel 2012 Sloane parlava del rapporto con la n.1 del mondo come un’amicizia “normale”, poi già ad inizio 2013, a Brisbane, successe qualcosa che irritò parecchio la giovane nata in Florida: Serena ottenne il break sul 4-3 nel secondo set esultò urlando a pieni polmoni “come on!”. Stephens la prese molto male, tanto che già pochi secondi dopo guardò il suo allenatore indicando l’avversaria e dicendo “questo è veramente una mancanza di rispetto” ed andò avanti a ripeterlo al cambio di campo seguente.
Negli anni ha dovuto combattere contro la schiera di fan più accaniti di Serena, che per un lunghissimo periodo la insultavano sui social network per quelle due settimane di inizio 2013. La stessa Williams, che dopo quel match in Australia le aveva addirittura tolto il follow su Twitter, ha provato a spezzare una lancia in suo favore ad Indian Wells, lo scorso anno, dicendo al microfono al termine del loro match: “Sloane è un’ottima giocatrice, ha le potenzialità per diventare n.1”. Lei, invece, non fu di umore altrettanto socievole: “Non mi importa, tanto i suoi fan mi odiano. Non capisco il motivo, ma è così. Sono le prime persone che blocco su Twitter, sono la regina in questo: se dici qualcosa di cattivo io ti blocco, blocco tutti, nessuno escluso”.
Per tutti questi anni si è parlato di lei come la possibile erede della stessa Serena. Eppure le due non sono troppo simili in campo, nonostante col dritto Stephens riesca ad essere molto esplosiva: guardando l’atteggiamento durante il punto, Sloane tende spesso ad essere più difensiva, concede più campo e non comandando come piace invece fare alla n.1 del mondo. Negli ultimi mesi è migliorata, però le piace tenere lo scambio e contrattaccare appena possibile. Ad Acapulco contro Cibulkova passò l’ultima metà del terzo set esibendosi in fasi difensive eccezionali e trovando poi spazio per colpire. Un po’ come quanto avvenuto in questi lunghissimi tre anni: dai paragoni altisonanti alle promesse ‘mancate’, dagli elogi al disinteresse, alla fine è stata lei a prendere in mano lo scambio ed ad infilare quattro dritti vincenti. In attesa che possano arrivare momenti ancora più importanti. Intanto, però, il sorriso che ha mostrato per tutto il tempo durante l’ultima cerimonia di premiazione ci lascia l’immagine di una giocatrice forse mai così soddisfatta.