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Coppa Davis: sfide tra nostalgia e incertezze

Il fascino dello sport risiede tutto nel suo romanticismo; nell’era contemporanea difficile da rintracciare, figurarsi perpetuarlo.

Più di un accenno di romanticismo nel tennis risiede nella sua tradizione, fortemente contenuta nella Coppa Davis. Formula bistrattata, probabilmente a ragione: i ritmi odierni non consentono ai giocatori migliori di essere presenti per tutti gli incontri e questo in uno scontro tra squadre nazionali è decisivo.

C’è chi propone, anche tra gli stessi tennisti, una sorta di “mundialito” che permetta di ritagliare nel corso dell’anno una o due settimane in cui giocarsela con tutte le altre nazioni, come un torneo vero e proprio: certamente risolverebbe molte cose, ma avrebbe tutto lo stesso fascino?
Probabilmente no.
L’attuale formula della Coppa Davis prevede tre giorni di fuoco, più specialità e soprattutto regala ai giocatori di solito non famosissimi o celebrati la possibilità di risolvere uno scontro e di essere “eroe nazionali”.

 I sorteggi che si sono svolti ieri che riguardano il World Group riportano indietro a storie ed epoche diverse, lontane o non troppo vicine. Serbia-Svizzera vede invece gli stessi protagonisti dell’ultima volta, quel play-off di settembre giocatosi a Ginevra nel 2006: Federer, Djokovic, Wawrinka, Tipsarevic. La Svizzera vinse 4-1, con Nole giovanissimo che aveva, secondo Roger, qualche vizietto di troppo.

In realtà le accuse dello svizzero furono durissime: «Credo che Djokovic sia uno burlone. Ha chiamato il fisioterapista più volte chiaramente senza motivo contro Stan in una partita da cinque set per avvantaggiarsi e deconcentrare l’avversario». Tra l’altro nel corso della carriera Federer avrebbe criticato ancora il serbo a riguardo, agli Australian Open e a Montecarlo (quando Djokovic si ritirò ufficialmente per un mal di gola).  Roger vinse le due partite contro Nole e Tipsarevic, non lasciando neanche un set per strada, portando a casa anche il doppio insieme al suo fedele compagno Allegro contro Bozoljac e Zimonjic. Le cose appaiono molto diverse oggi, ad iniziare dalla mancanza di certezze sulla partecipazione di Mr 17 Slam e forse anche di Djokovic. Nel corso del tempo i due si sono chiariti e riappacificati più volte, Federer ha ora 32 anni ed è in fase discendente, Djokovic, sette anni dopo, numero uno del mondo.

 Una sfida storica è quella tra Stati Uniti e Gran Bretagna: per la prima volta si sono affrontati nel 1900 (più di un secolo fa) a Boston sull’erba, con vittoria per gli americani che da lì in poi avrebbero vinto ben 32 volte la competizione. I tempi di Davis e Whitman sono cambiati però, e nonostante si giochi sempre negli USA la Gran Bretagna con Murray che pare ora intenzionato a timbrare il cartellino avrebbe un’ottima chance di passare il turno, sebbene Andy, già ieri, abbia precisato su twitter che “niente garantisce gratuitamente di battere uno come Isner”. Decisivo, probabilmente, in quel caso sarebbe il doppio.

 Intrigantissima Francia – Australia, equilibrata sulla carta. Hewitt è tornato a stare bene e Tomic difficilmente perde in Davis e la squadra francese può sempre contare su Tsonga, Simon, Benneteau, Llodra e chissà, forse anche Monfils. Nel 1990 un primo turno tra le due rappresentativo fu deciso da Masur (ne avete sentito parlare molto? Ecco la magia della Davis) che battè in cinque set Leconte e regalò la qualificazione all’Australia sull’erba di Perth.

Nel 2001, l’ultima volta, Hewitt e Rafter persero da Escude, Grosjean, Pioline e Santoro.

 Drammatica sconfitta per l’Italia invece l’ultima (e unica) volta che dovettero affrontare l’Argentina, al Foro Italico: Panatta, Bertolucci e Barazzutti furono battuti per 5-0 da Clerc e Vilas; una squadra azzurra però già attempata che aveva saziato la fame di vittoria sette anni prima.

 Magari non ci sarà alcun romanticismo e bellezza in queste sfide che verranno, a inizio Febbraio, in giro per il mondo: però a ricordarle tutte ci si è intenerito il cuore. E questo lo fa solo il passato, i ricordi. La tradizione. La Coppa Davis.

Rossana Capobianco

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