Anisimova, finale anche allo US Open: Osaka si arrende

[8] A. Anisimova b. [23] N. Osaka 6-7(4) 7-6(3) 6-3

Amanda Anisimova aveva dovuto attendere sei anni dalla prima semifinale Slam per tornare tra le migliori quattro in un Major, ora ha impiegato appena uno per essere nuovamente con l’opportunità di giocarsi il titolo. L’estate da sogno della (ex?) ragazzina prodigio statunitense viene coronata da una grande rimonta contro Naomi Osaka, sconfitta per la prima volta in carriera in una fase conclusiva di uno Slam con un 6-7(4) 7-6(3) 6-3 terminato quasi all’una del mattino di venerdì a New York.

Se l’esito della partita tra Aryna Sabalenka e Jessica Pegula sembrava in qualche modo scontato, con i giusti meriti alla numero 4 del seeding per aver tenuto la situazione in bilico ma non cambiando l’esito dei confronti diretti (8-2 per la numero 1 del mondo ora), c’era molta più curiosità qui e l’equilibrio che si prevedeva è stato effettivamente messo in campo per quasi tutta la durata, compreso un ultimo game rocambolesco ed emozionante, in un contesto forse povero di tattica ma carico di vincenti e ribaltamenti.

Osaka ha perso una partita dove ha messo insieme 15 ace, senza però mai dare la sensazione di garanzie al servizio. Anisimova ha vinto anche grazie a un sensibile miglioramento nel numero di punti vincenti al servizio, a sopperire in parte a tutti i tentativi del secondo parziale in cui i suoi break non venivano capitalizzati. Naomi ha servito sul 5-4 nel primo parziale e si è rifugiata al tie-break vincendolo con un allungo immediato sul 5-1 capitalizzando il quarto set point dopo, anche, un malfunzionamento di hawkeye che ha creato un attimo di confusione in cui, alla fine, il punto è finito ad Anisimova. Amanda, invece, ha servito sul 5-4 nel secondo e pur sprecando tanto come anche sul 5-5, si è rifugiata a sua volta nel tie-break dove è scappata immediatamente sul 4-0 chiudendolo alla seconda occasione.

I due set iniziali si potevano riassumere così non avendo davvero avuto alcuno stacco delle due. La statunitense era parsa forse la migliore, o dava la sensazione di avere il gioco in mano e costringere Osaka alla difensiva appena poteva. Naomi, che non ha nelle corde quel gioco, faceva affidamento sull’atletismo e lo spostamento laterale, più che buono, per rigiocare soluzioni immediatamente offensive o comunque profonde per trovare impreparata l’avversaria. Facevano però paura, a tratti, le sbracciate di dritto di Anisimova che pur avendo subito il colpo del primo set ha reagito e a metà del secondo è probabilmente arrivato il momento chiave perché pur non confermando un nuovo break ha avuto una buona ripresa per rimanere agganciata nel punteggio e Osaka, per la prima volta, ha cominciato a essere insofferente. La giapponese non avrebbe mai dovuto perdere la calma: era sotto pressione costante, ma aveva mostrato di avere le armi per contenere quanto più possibile quell’aggressività asfissiante per tanti. Invece, tra un punto e l’altro cominciavano ad arrivare sbuffi, cenni di frustrazione, pallina lanciata a terra di rabbia. Persa la concentrazione, sono arrivate scelte un po’ discutibili sul finale di set come servizi da sinistra sul rovescio di Amanda, che non chiedeva altro, e le difficoltà cominciavano ad aumentare.

Vinto il parziale, Anisimova era divenuta la favorita tra inerzia dell’incontro e fatica crescente della rivale, che di fatti sull’1-2, al primo momento di difficoltà, è andata sotto perdendo ancora la battuta. Si arriverà senza intoppi fino al 5-3, quando la numero 8 del seeding non ha concretizzato i primi due match point e si è messa un po’ nei casini da sola con un doppio fallo sul 40-40. Salverà in tutto due palle del controbreak e, al terzo match point, ha chiuso la partita guadagnandosi con merito una seconda finale Slam consecutiva. Come a Wimbledon, ritroverà Aryna Sabalenka e, come a Wimbledon prima di scendere in campo contro Iga Swiatek, dovrà pensare a come recuperare le forze tra fisiche e mentali visto cosa è capitato a Londra e la sua ammissione di aver pagato a carissimo prezzo la fatica fatta per battere la numero 1 del mondo in semifinale. Stavolta, ci sono state quasi tre ore di lotta punto a punto.

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