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22 Dic 2024 10:26 - WTA
Pagellone WTA: Sabalenka e Paolini leader, ma la lode (alla carriera) va a Kerber
di Diego Barbiani
Come sempre, a Natale si è tutti più buoni. Per cui, senza troppo indulgiare oltre, ecco le nostre pagelle sul circuito WTA nel 2024.
Per ogni giocatrice ci saranno vari criteri considerati: qualità, caratura, previsioni e precedenti stagioni. Qualsiasi dubbio, domanda o critica, scrivete a @Diego_Barbiani su Twitter (quel brutto posto che un pazzo ha voluto rinominarlo X).
Aryna Sabalenka: 9. È indubbiamente la giocatrice dell’anno, ma non è da 10 malgrado i due Slam vinti. Fino a luglio da 8,5 e la seconda parte di stagione da 9,5. Perché? Perché è Aryna Sabalenka, una delle due giocatrici migliori del circuito e con ampio margine su quasi tutte le altre, per cui (come sarà fatto per Iga Swiatek), i criteri sono livellati su una tennista con aspettative superiori a tante. Fantastica a Melbourne ma poi senza titoli per sette mesi, in gran forma nella fase finale di stagione dove (US Open a parte) giocava quasi “da sola” tanto pareva dominante su un circuito comunque stanco e con poche rimaste ad avere stimoli. Lei per esempio, che con lo slancio di New York voleva fortemente quel numero 1 conquistato e che potrebbe anche non sfuggirle ora per un lungo periodo. Le WTA Finals però, dove era la grande favorita ed è cascata ancora una volta contro Gauff perdendo il controllo del proprio gioco, ha smorzato un po’ quel momento così favorevole ricordando seppur alla lontana lo US Open 2023 quando da numero 1 (in pectore) non seppe dimostrare i propri gradi e prendersi quel successo che solidifica il proprio status. Si potrà rifare da subito col suo Slam preferito a Melbourne.
Iga Swiatek: 7,5. Altro esempio di come uno spessore differente può pesare nella valutazione. Il suo 2024 farebbe invidia a tantissime colleghe: uno Slam, quattro titoli WTA 1000, una medaglia olimpica, la tripletta Madrid-Roma-Roland Garros, la tripletta a Parigi, la tripletta a Doha, una nuova serie di 21 vittorie consecutive. Fino a giugno è da 9, con l’unica vera macchia dell’Australian Open in cui qualcosa andò storto da subito perché era senza timing sulla palla dal match contro Sofia Kenin. Da lì è un 6. La semifinale Olimpica è una macchia enorme, la successiva squalifica per doping un’altra mazzata devastante per quanto sia stata fortunatissima a scoprire abbastanza rapidamente da dove arrivassero quelle tracce infinitesimali di contaminazione (o sarebbe stata ancor più dura difendersi). Lei è sempre la stessa: la migliore del circuito quando viene messa spalle al muro nella capacità di reagire affidandosi al proprio gioco. Nel 2024 è risalita più volte con una forza che l’ha spinta anche oltre il limite. Poi fa notizia e scalpore per le sfuriate ai quarti di finale dello US Open contro Jessica Pegula, in un periodo però dove non era lei tra livello generale basso e con le cicatrici ancora aperte dell’oro olimpico perso da assoluta favorita poche settimane prima, ma si dimenticano le rimonte e le battaglie vinte in condizioni sfavorevoli (superfici veloci, grande umidità, giornate negative) contro ottime avversarie.
Coco Gauff: 7. Coco ha iniziato e finito l’anno con un titolo: il WTA 250 di Auckland e le WTA Finals di Riyad. In mezzo, al di là del WTA 1000 di Pechino vinto senza affrontare top-30, un mare di problemi. Non è facile valutare bene, perché lei è capace di vincere giocando anche male. La semifinale all’Australian Open per esempio è arrivata seppur un livello di gioco tremendo e un quarto di finale da incubo contro Marta Kostyuk, lei pure vittima di vesciche ai piedi. Ha combattuto per tanto tempo con un servizio che si bloccava, riflettendo la scarsa condizione che l’ha accompagnata, una frustrazione spesso evidente ben più che in passato tra urla contro gli arbitri, contro il vecchio coach Brad Gilbert, e una postura alle volte poco positiva. Non è una bocciatura perché ha finito al numero 3 del mondo con un boost enorme per il 2025, ma fino ad agosto le prospettive erano che facesse fatica a restare nelle prime 10. E c’è grande curiosità di capire come riparitrà nel 2025.
Jasmine Paolini: 9. Fantastica ‘Jazy’, poco da dire. Per lei si ribaltano diversi parametri precedenti perché tutto quello che è successo nel 2024 ha ribaltato la vita della toscana trascinandola in una dimensione veramente sconosciuta e dove è parsa più volte sentirsi a suo agio. Dal faticare a raggiungere finali sopra il livello ‘250’ a giocarsene due consecutive, negli Slam. Divenuta leader del gruppo azzurro, numero 4 del mondo a fine stagione, la vittoria nel WTA 1000 di Dubai che ha aperto la strada a tanti momenti che conserverà a lungo con sé, oltre a una buona dose di popolarità perché è diventata famosissima anche fuori dall’Italia ora, tra un gioco esplosivo e che “prende”, un carattere onesto con sé stessa e molto disponibile e simpatico con tutti. Più i successi in doppio con Sara Errani (voto 8, per come ha saputo ritornare protagonista a 37 anni) e con la nazionale (voto 10, grazie ragazze).
Elena Rybakina: 7+. Non può essere una stagione da “7”, ma è difficile dare di più a Elena, che nei primi mesi dell’anno al di là dei ritiri e dei problemi fisici era una delle migliori tre giocatrici e poi ha dovuto fermarsi sparendo completamente dal circuito e dove, purtroppo, si sono diffuse voci molto maligne sulla sua situazione nel rapporto con Stefano Vukov, il coach che la seguiva da oltre cinque anni e con cui ha chiuso dopo Wimbledon. Rybakina è quella che più può giocarsela ad armi pari sia con Swiatek, sia con Sabalenka. Madrid è stato forse l’apice di questo trio e ci piace ricordare la kazaka così sperando che ora, con anche l’aiuto di Goran Ivanisevic, possa ritrovare quel livello.
Jessica Pegula: 7. La (splendida) finale allo US Open arrivata dopo la nuova affermazione nel WTA 1000 canadese è l’unica vera luce per Jessica nel 2024. Come Gauff, peggio di Gauff, in un anno di problemi e una sensazione di avere un po’ esaurito le pile che negli ultimi anni l’avevano resa tra le più costanti in assoluto. La separazione da David Witt era un primo segno, poi la frase in conferenza stampa a Indian Wells dove di fatto chiudeva la collaborazione in doppio con Coco perché arrivata a 30 anni non poteva più gestire il doppio impegno e lasciando trapelare una sorta di stanchezza mentale più volte avvertita nelle sue partite, in cui il problema fisico primaverile ha solo che contribuito ad accentuare.
Zheng Qinwen: 8/9. Zheng ha una chance enorme di varcare soglie inesplorate fin qui da tante tenniste: pregi e difetti di provenire da un paese che ha circa un miliardo e mezzo di persone e che si è letteralmente innamorato di lei. L’oro olimpico ha avuto una risonanza che non possiamo calcolare. Per un tennista gli Slam sono il punto cardine di ogni stagione, ma vincere alle Olimpiadi è qualcosa che per Qinwen ha voluto dire arrivare anche a chi del tennis non ha mai capito nulla. L’intero swing cinese autunnale è stato da tutto esaurito dopo un decennio in cui si parlava di tribune vuote. I cinesi erano la comunità nettamente più numerosa a Riyad per le Finals, a Melbourne quando ci fu l’invasione per la finale contro Sabalenka. Una fitta di security accanto ai suoi campi di allenamento a Pechino e Wuhan per contenere una folla oceanica di fan. E ha le potenzialità per continuare a vincere, perché è una delle migliori al mondo e sarà tra le maggiori osservate nel 2025.
Altre
Barbora Krejcikova: 8,5. Voto ben più alto dei numeri vittorie/sconfitte della sua stagione, perché per lei vincere Wimbledon (in singolare) era quel sogno nel cassetto come può essere un tour della Nuova Zelanda per un amante de Il Signore degli Anelli. Senza quelle sette vittorie faticava ad arrivare alla seconda cifra di successi, con quelle sette vittorie ha cementificato una carriera che ora vede 12 titoli Slam a tutti i livelli e una medaglia d’oro olimpica in doppio. Soprattutto, e di questo le siamo anche grati, ha potuto far rivivere ancora una volta la memoria di Jana Novotna.
Danielle Collins: 5. Un’insufficienza, per Danielle Collins, dovuta anche all’andamento caratteriale della sua stagione. C’è enorme rispetto per la sua situazione personale, la volontà di avere una famiglia che sembra non ancora possibile per i problemi che l’hanno colpita, ma gli strascichi della vicenda ritiro-non ritiro, di Parigi e della fase finale del 2024 sono abbastanza incomprensibili. Così, la pur splendida affermazione a Miami e quei mesi passati da prima vera alternativa alle 3 big sono offuscati in maniera importante dai suoi fastidi avuti verso tanti. Ha annunciato pubblicamente il ritiro dopo una delle sconfitte più pesanti della carriera, contro Swiatek, ed è parso da un lato serio e dall’altro data la circostanza un po’ estremo. Da lì, cominciando a vincere e a scalare rapidamente il ranking, la stampa cercava di capire come la stesse vivendo e siccome nel gruppo stampa c’è un ristretto blocco di persone che vivono il tour settimana dopo settimana e chi invece può essere partecipe solo a rari eventi le domande arrivavano, e lei ha sbottato con un lungo messaggio su Instagram dove ha addirittura usato l’espressione “devo giustificarmi del perché vinco” che è parsa molto fuori luogo. Un dissociarsi dalla realtà emerso anche alle Olimpiadi in quel quarto di finale contro Swiatek dove prima l’ha colpita con una pallata al costato, poi le è andata a muso duro a rete al momento del ritiro rifugiandosi ai microfoni in un insieme di parole che non volevano dire assolutamente nulla. Infine, gli ultimi mesi sono stati paradossali: non vinceva più una partita tra motivazioni scomparse e problemi all’addome, e tutto faceva presagire a un addio, ma prima si è rifiutata di avere una cerimonia in suo onore allo US Open e poi un mese dopo annunciando che continuerà anche nel 2025 perché i medici dopo vari test le hanno comunicato che ancora non sta riuscendo a creare i presupposti per rimanere incinta e quindi “vedrete ancora Danimal in campo”, quasi contenta (?).
Mirra Andreeva: 8. Considerando come fosse questa la prima vera stagione per Mirra nel circuito maggiore, l’esame è stato passato con ottimi voti. Ci sono scivoloni, brutte sconfitte, ma anche tante cose positive come giusto che sia per una diciassettenne. Un primo titolo WTA, una semifinale Slam (pur coi dolori di Sabalenka che non riusciva quasi a muoversi in quel quarto di finale), una semifinale ‘1000’, un atteggiamento generale ancora molto sfacciato (nel senso migliore) verso le più forti al momento del tour.
Diana Shnaider: 7,5. La ragazza ha potenzialità importanti, ma lo si sapeva già da almeno un paio d’anni. Come per Mirra, questa è stata la prima vera stagione nel tour dopo che nel 2023 era quasi un “part-time” essendo lei iscritta nel campionato collegiale statunitense e subito sono arrivati quattro titoli su tutte le superfici. Sarebbe uno score da voto più alto, ma pesa tanto che i successi siano arrivati in tornei di bassa categoria o appeal: Hua Hin, Bad Homburg, Budapest, Hong Kong. È top-20 perché merita quella fascia, ma ancora pecca di esperienza contro molte giocatrici dei piani lati.
Marta Kostyuk: 8. Marta ha (anche lei) rotto il tabù della top-20. Ci sono voluti anni dopo quei primi segnali di spessore nella prima parte del 2018, ma finalmente l’ucraina ha cominciato a fare step di crescita concreti grazie anche all’aiuto di Sandra Zanewska. Primi quarti di finale Slam, semifinale ‘1000’, carattere, determinazione. Ora c’è la base per cercare ulteriori passi in avanti.
Ons Jabeur e Marketa Vondrousova: 4. Le due gravi insufficienze della stagione sono per due giocatrici in top-10 al termine del 2023 e crollate in classifica a causa di sconfitte brucianti e problemi fisici continui.
Naomi Osaka: 6,5. Il mezzo punto in più del dovuto è per quei (pochi) sprazzi concreti di vera Osaka. Su di lei si era detto tanto fin dalle prime apparizioni in Australia, che potesse essere da subito competitiva per vincere Slam, ma la realtà dei fatti era ben altra. Non è stato un 2024 completamente da buttare, ma dopo una prima fase complicata c’è stata una seconda molto anonima. Tutto, o quasi, cambiato da quel match contro Swiatek a Parigi in cui più che in ogni altro momento ci ha fatto sperare fosse davvero sulla giusta via. Un’illusione, a ora.
Angelique Kerber: 10, alla carriera. Voto speciale per l’ex numero 1 del mondo, che è rientrata qualche mese nel tour dopo la maternità e ha salutato la compagnia con un’Olimpiade conclusasi nel match simbolo di cosa è stata in campo lungo quasi 20 anni. Oltre tre ore di battaglia serrata sulla sua superficie peggiore, contro la futura campionessa, dando oltre il 100% con qualità ed energie massime, reggendo alla stanchezza e alla sorte buttandosi più volte oltre ogni limite, perdendo soltanto al tie-break decisivo e venendo omaggiata da tutto il pubblico con una lunghissima standing ovation alla sua uscita finale dal campo. Tre Slam e 33 settimane da numero 1 non mentono, malgrado abbia scoperto le cose migliori solo dopo i 28 anni. C’è sempre tempo, soprattutto con una testardaggine come la sua. Buona vita, Angie.