Le WTA Finals ancora senza stadio: storia di un disastro annunciato

Ce la faranno, perché ce la dovranno fare o la figuraccia in mondovisione sarà ancor peggio della sparuta presenza di pubblico a Fort Worth lo scorso anno, ma a poco più di 48 ore dal via delle WTA Finals di Cancun manca ancora il via libera allo stadio, nascosto dietro scheletri di impalcature e chili di materiale ancora da installare e un campo dove è appena stato steso il colore ma ancora inagibile alle giocatrici. Qui qualche foto (tra cui quella usata come sfondo al nostro articolo) e un minivideo realizzato dal profilo Twitter @ptpaplayers.

L’evento più importante della stagione femminile è al via da stasera, in Messico, quando alle 19 (le 2 del mattino in Italia) si terrà il sorteggio dei due gironi in cui si divideranno le otto qualificate tra singolare e doppio, ma la situazione è davvero paradossale. L’ennesimo punto a sfavore della gestione grottesca di un torneo che dovrebbe avere la massima attenzione e invece per tanti motivi è stato ridotto a una disputa tra le parti che non poteva portare nulla di buono.

La lunga problematica della sua destinazione è nota, parte dalla pandemia del covid-19 che ha bloccato il tennis, la Cina, e il maxi-contratto decennale firmato da Shenzhen per avere l’evento in esclusiva fino al 2028, rinnovato poi di due anni nell’ottobre 2021 quando la WTA aveva annunciato Guadalajara come sede sostitutiva e un mese prima che scoppiasse lo scandalo legato a Shuai Peng. La vicenda della giocatrice cinese ha tenuto sospesi i tornei in Cina e Hong Kong, malgrado nei fatti il paese non avesse riaperto le frontiere in tempo nel 2022, ma i pesanti contratti e una poca visione di insieme della WTA forzarono la mano in attesa di poter annunciare il rientro in Cina, nell’aprile 2023. Malgrado questo, Shenzehn non c’è più. Può essere che dal governo cinese non siano più arrivati i fondi per la costruzione dello stadio da 14.000 posti che doveva essere la casa del torneo (non si sarebbe più usato la sede temporanea del 2019), può essere che qualcosa sia saltato proprio per la vicenda legata a Peng visto che Steve Simon, CEO della WTA, ha rivelato a fine giugno di aver già fatto un viaggio perlustrativo in Arabia Saudita e Ons Jabeur, a Wimbledon, si era fatta scappare che aveva sentito proprio di quest ultimo posto come prossima sede delle Finals.

I ritardi, le fughe di notizie, le reazioni. Cominciò un rimpallo di notizie niente male, per sdrammatizzare, e l’attesa polemica verso la possibilità di andare a Riyad ha spinto la WTA a rivedere i suoi piani, allungando ulteriormente i tempi. Arrivò in aiuto la candidatura della Repubblica Ceca che avrebbe risolto forse tutti i problemi: stadio già pronto, contratto quinquennale con un’offerta enorme per pareggiare le offerte saudite, paese di grande risalto sportivo essendo al top del tennis femminile da 15 anni, organizzazione già testata negli anni di Ostrava che aveva ottenuto la deroga dal governo per permettere ad atlete russe e bielorusse di poter entrare nel paese. C’era tutto, sulla carta, per una via di fuga ottimale, e invece… non solo la WTA ha preferito altro, ma non gliel’ha nemmeno comunicato secondo quanto ha riportato un (molto deluso) Tomas Petera, che non sapeva convincersi di come le giocatrici (secondo Simon) avrebbero scelto Cancun quando la maggior parte di loro avrebbero poi dovuto giocare le Finals di Billie Jean King Cup e, oltretutto, nel gruppo generale c’erano almeno tre atlete della Repubblica Ceca.

La storia, comunque la si veda, non sembra chiara. Per Petera, in base alle sue fonti (ma non è il solo) la WTA aveva già deciso di andare in Arabia Saudita e a breve annuncerà l’accordo dal 2024. Per Jon Wertheim, giornalista statunitense in un intervento a Tennis Channel, Cancun è solo il “back-up option” per il 2023, quindi un tappabuchi, un’occasione nata solo per spegnere le critiche e forti divisioni interne che si stavano creando sulla decisione di abbracciare la spinta saudita nello sport quando il regno ha ancora enormi divisioni e repressioni interne con le donne che tutt’oggi non possono accedere agli stadi se non accompagnate da uomini (per non parlare di minoranze varie).

Cancun dunque, località che avrà forse avuto maggiore impatto a livello glamour, con uno stadio ‘ex novo’ sul lungomare della zona Hotelera, ma che a quel punto diventava in forte ritardo. L’annuncio è arrivato il 7 settembre, l’organizzazione è potuta partire con le prime impalcature solo 20 giorni dopo per un evento che è previsto al via domenica 29 ottobre. Non sarà un impianto di grandi dimensioni: sono previsti “solo” 4000 posti, con biglietti suddivisi in tre fasce che nella settimana andranno dagli 80 ai 170 euro fino a raggiungere la tripla cifra con agio anche per il costo minimo nelle fasi conclusive. Tutto bello, non fosse che di norma il campo deve essere fornito alle giocatrici entro il giovedì della settimana precedente e invece fino a sabato (almeno) non se ne parla. Iga Swiatek è arrivata domenica scorsa, per prima, e ha potuto sfruttare un paio di giorni da sola nei due campi (due!) messi a disposizione dall’hotel in cui alloggiano le giocatrici, quando mercoledì Aryna Sabalenka ha messo per la prima volta piede nel campo il suo coach Antoni Dubrov si è mostrato abbastanza seccato su Instagram con un post in cui taggava Ons Jabeur, Elena Rybakina e i rispettivi coach, scrivendo “due campi soltanto, e un incordatore”.

Non bastasse la corsa contro il tempo per le tribune e per rendere presentabile tutto l’impianto nascondendo magari le impalcature stesse, all’esterno mancano ancora diverse cose: degli stand e aree ristoro previste ci sono soltanto alcuni tavoli piazzati nel nulla, con teloni che devono arrivare e l’intero apparato da montare. Questo impianto (oltretutto temporaneo, perché tra due settimane si smonterà tutto) è costato alla WTA sei milioni di dollari, con altri nove messi come montepremi totale (oltre tre a chi dovesse vincere da imbattuta il torneo di singolare). Dato che stona tanto con quanto si vede ancora oggi e tornano in mente le parole di Petera che aveva rivelato di una WTA disposta a pagare tutto di tasca loro come fatto nelle ultime due edizioni tra cui già quella molto criticata di Fort Worth del 2022 dove la località senza appeal e zero marketing ha prodotto spettacolo oltremodo desolante sulle tribune. Malgrado i pessimi ricordi e un bilancio che vedeva un buco di 23 milioni di dollari nel 2022, la WTA ha comunque rifiutato l’aiuto probabilmente più grande che potesse arrivare, avendo magari già deciso che il prossimo passo sarà in Arabia dove al di là dei problemi sociali sarà un salto completamente nel buio per quanto riguarda l’impatto delle partite in un paese ancora così lontano dalla geografia tennistica.

Oltretutto, a evidenziare un ultimo aspetto non da poco: col campo all’aperto e poco coperto ai lati, sarà un fattore importante il forte vento che soffia da mare, dall’Oceano Atlantico. Se non avete ancora avuto modo di notare la cosa, l’altro giorno Marketa Vondrousova metteva una storia Instagram dove la sua maglia si gonfiava stile airbag nei pressi della finestra della camera d’albergo.

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