[3] D. Medvedev b. [1] C. Alcaraz 7-6(3) 6-1 3-6 6-3
Daniil Medvedev si sarà stufato di sentirsi trattare come uno qualsiasi, un intoppo da togliere di mezzo prima del gran finale, uno che sì, forte, ma insomma. Al cospetto del nuovo messia, quello venuto sulla terra – ma anche sull’erba e il cemento – per liberarli dal tiranno ha ricordato a tutti che c’era già qualcuno che il tiranno lo aveva prima subito ma poi trattato come uno qualsiasi, fino a farlo piangere proprio a Flushing Meadows, in una delle tante esagerazioni di cui il tennis va fiero, va a capire perché.
Il russo, che aveva attraversato un 2022 condizionato da un’assurda finale persa a Melbourne, ha avvilito Alcaraz, che nonostante i vari buoni propositi continua, tocca starci, ad avere 20 anni. E magari non sarà l’età più bella del mondo e non è che si sia stupidi davvero, lasciate stare i cantautori, ma quando hai il mondo in mano gli altri spesso sono una fastidiosa seccatura. Solo che Daniil non è solo una seccatura ma uno che ogni tanto scende in campo e comincia a tirare con una violenza e una precisione da mettere paura persino a gente più scafata di Carlitos. E che magari si irrita fino alla collera se dall’altra parte trova qualcuno che non si mostra impressionato, ma che se non argini per tempo non gli stai più dietro. Il secondo set è stato un esempio di quanto possa dilagare Medvedev una volta che hai fatto l’errore di non tenerlo lontano. Alcaraz ha giocato un’ora normale di tennis, con alcune soluzioni che ci resteranno a lungo negli occhi, come un dritto giocato sullo 0-30 al termine di uno scambio violentissimo, ma senza essere eccezionale. Ha anzi sciupato, nei primi dieci minuti del match, la possibilità di andare avanti per via di alcune risposte di dritto che faceva forse quando ancora girava per challenger. Non è servito altro a Medvedev, che ad un certo punto non ha sbagliato più al servizio, ha riproposto quelle seconde giocate come delle prime che avevano annichilito Djokovic due anni fa, e poi al tiebreak ha trovato modo di rispondere ai servizi da destra di Alcaraz con violentissimi (parole che ricorre) dritti strettissimi. Non sarebbe bastato se Alcaraz non ci avesse messo del suo, ma intanto Medvedev ha potuto iniziare il secondo set rinfrancato.
Medvedev ha investito come un treno lo spagnolo, che non è più riuscito a rispondere al servizio di Daniil fino ad un irreale 1-26 in sei game e quando si è in qualche modo ricomposto, si trovava sotto di due set e un bagel evitato quasi casualmente. Siccome non si è numero 1 per niente Carlos ha trovato modo di ricomporsi, approfittare di un parziale rasserenamento del diavolo che c’era dall’altra parte della rete e vincere il terzo set. E nel quarto ha anche avuto ancora l’occasione di agganciare il russo ma quando la partita ormai si giocava punto per punto senza più troppe idee tattiche da perseguire. Alcaraz è riuscito pure ad annullare tre match point, ma quando Medvedev ha tirato lo smash definitivo – senza neppure esultare, è ur sempre Medvedev – a quel punto nessuno era più sorpreso.
Partita a tratti molto bella giocata da due che a tennis sanno giocare e che meritavano la finale, soprattutto se si fa il confronto con quella precedente. Il diverso livello di tennis sembrerebbe indicare un chiaro favorito per domenica, e forse Daniil – che ha vinto l’ultimo match ma che aveva perso i precedenti quattro – in astratto merita fiducia. Ma la finale arriva dopo aver fatto un enorme fatica e non è detto che sia semplice recuperare, anche se dall’altra parte non c’è certo il Djokovic migliore di sempre. Vedremo quanto il serbo riuscirà a far giocare male anche Medvedev, perché se si aspetta una mano dovrà rimandare ancora il ventiquattresimo slam.
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