Coco Gauff: 10. Inevitabile. Il trionfo allo US Open completa le sei settimane che le hanno probabilmente cambiato la carriera, o quantomeno proiettata ai livelli che tanti la vedevano già da tempo. 19 anni, da 15 a “masticare” tennis assieme alle migliori, un destino quasi già scritto secondo praticamente tutti. Doveva vincere Slam, dovrà ora dimostrarsi forte abbastanza da reggere la nuova ondata che questo salto in avanti porterà e vedere se ci sarà spazio per lei già nel breve futuro per un salto a competere costantemente con le migliori due del ranking e giocarsi il numero 1. Però, ora, è tempo di celebrare lo Slam come ciliegina sulla torta di un agosto impronosticabile visti i mesi precedenti colmi di problemi e insoddisfazione. Dopo una prima settimana a Flushing Meadows senza troppi patemi, ha portato al traguardo la fatica che è stata l’ottavo di finale contro Caroline Wozniacki, match dove è stata vicinissima (alla fine) a un crollo verticale stoppato solo una volta indietro un break al terzo. Da lì non ha più avuto quelle difficoltà fino a una finale dove alla lunga ne è uscita vincente con coraggio e doti di rimessa.
Aryna Sabalenka: 9-. Un tentativo di media tra l’aver raggiunto il numero 1 del mondo, l’aver giocato un’altra prova Slam di spessore arrivando fino alla finale, e il brutto atteggiamento della finale in sé. I primi due valori non possono definitivamente cancellare l’ultimo, forse il più importante proprio per dare valore a tutto il percorso giustamente elogiato fin qui. Sabalenka deve ora dimostrare di valere quel numero 1, e il biglietto da visita di una finale Slam vinta, magari convincendo, contro una top-10 attualmente in gran forma come Coco sarebbe stato il modo migliore. Così invece fa male, perché il modo in cui ha perso il controllo nel secondo set e il non aver nemmeno provato a navigare nella (sua) tempesta hanno riportato alla luce la Sabalenka che si butta via da sola, e con tutta la pressione che avrà ora servirà ben altro approccio. Anche perché in questi casi le pressioni e responsabilità saranno ben più elevate e i frutti di questo periodo si vedranno, più probabilmente, nel 2024.
Karolina Muchova: 8,5. Primo Slam da top-10, subito una semifinale. Non avrà fatto molto bene contro Coco Gauff ma dalla sua prospettiva è un altro ottimo risultato complessivo stagionale con vittorie di grande valore e una dimensione, la sua, che sta cambiando cercando di adattarsi a un’altitudine mai sperimentata prima. Il suo enorme talento non è mai stato in dubbio, rimane (per lei) da tenere le dita incrociate per la continuità.
Madison Keys: 8. Gran torneo anche per Keys, che sbuca da una zona di tabellone fattibile e arriva fino ad annusare l’odore della finale, la seconda della carriera dopo lo US Open 2017, ma si arrende a Sabalenka, a un braccio troppo fragile nei momenti chiave e un problema fisico.
Aljona Ostapenko: 7,5. Sempre lei. Quando c’è da fare “casino”, eccola spuntare. 7,5 perché non si era mai spinta oltre il terzo turno allo US Open e stavolta è giunta addirittura fino ai quarti di finale. Quattro vittorie su quattro al terzo set, punteggi altalenanti, il litigio con uno spettatore cacciato dagli spalti per i disturbi continui che le procurava, la vittoria (ancora) contro Iga Swiatek che ha messo fine al regno della polacca. Peccato che quel quarto di finale non abbia potuto giocarselo, scioltasi dopo una decina di minuti nell’afa dell’Arthur Ashe Stadium con la mossa quantomai furba e propiziatoria del team di Gauff che ha voluto che quel match fosse a mezzogiorno anziché alle 19.
Sorana Cirstea: 7,5. 53 tornei Slam dopo, eccola tornare ai quarti di finale. Quest anno Sorana ha dimostrato di stare benissimo negli Stati Uniti che forse non è nemmeno così sorprendente vederla vincere quattro partite pur battendo lungo il cammino una giocatrice di ottimo valore come Belinda Bencic. Nulla ha potuto contro Muchova, beccata in una serata dove era capace di trasformare in oro qualsiasi cosa toccasse.
Zheng Qinwen: 7+. Voto di incoraggiamento alla cinese, giunta per la prima volta in carriera ai quarti di uno Slam e che ha patito tantissimo la sfida impari contro Aryna Sabalenka. Certo, se si parte 6 metri dietro la linea di fondo in risposta senza la forza di coprire il campo con due falcate, non si può pensare a dar molto fastidio all’avversaria.
Marketa Vondrousova: 7. Primo Major da top-10 e campionessa Slam concluso con un quarto di finale raggiunto malgrado forti dolori a un gomito. Finché ha retto, ha gestito benissimo le avversarie. Era attesa da test abbastanza probanti andando avanti, ma arrivare tra le migliori otto doveva essere il traguardo minimo al via per cui comunque promossa.
Iga Swiatek: 5,5. L’attenuante di aver perso una partita per lei difficilissima, contro l’unica top-100 da sempre capace di darle così tanti problemi, non attenua la delusione di essere arrivata appena agli ottavi di finale e di aver perso così il numero 1 del mondo. Anche perché, visto il tabellone e lo sviluppo avuto, c’erano anche chance di fare comunque la sua figura. Come a Wimbledon dove le difficoltà col dritto nate da un comportamento mentale non adatto hanno avuto la meglio in quel caso contro Elina Svitolina e con di fronte a sé Vondrousova e Jabeur. Peccato per lei, perché stava trovando la giusta condizione dopo il duro blocco di allenamenti a fine luglio e due tornei tra Montreal e Cincinnati dove inevitabilmente ha patito le gambe (molto) pesanti.
Jessica Pegula: 4,5. Un po’ meno di Swiatek perché per la sua posizione è l’ennesima occasione buttata al vento di superare lo scoglio dei quarti di finale in uno Slam, dato che per una giocatrice da tre anni ormai tra le migliori in assoluto in termini di continuità non può non stonare. Soprattutto qui, dove a sbarrarle la strada è stata una Keys che le ha lasciato appena quattro game e l’ha lasciata senza molte parole. Voleva essere lei, al suo posto, soprattutto perché ai quarti stavolta c’era sì la Vondrousova che a Wimbledon la superò in tre set ma era una giocatrice in difficoltà fisiche evidenti fin dagli ottavi di finale.
Elena Rybakina: 5. nel caso di Rybakina il voto poteva essere forse più basso perché non ha superato nemmeno lo scoglio della prima settimana, uscendo di scena al terzo turno, ma è un risultato frutto di mesi ormai dove nulla le sta girando come vorrebbe. Problemi fisici, problemi di salute, una condizione distrutta dopo i primi quattro mesi dell’anno e fragilità emerse quando il servizio non è sempre d’aiuto che non possono descrivere un buono stato per la numero 4 del mondo, scesa giù dal podio dopo il successo di Gauff e chiamata ora a ripensare al 2024 prima ancora che alle fasi finali di stagione, alla ricerca di quella preparazione che l’aveva resa una delle migliori per lungo periodo.
Caroline Wozniacki: fuori categoria. Non c’è un voto che vada bene per descrivere lo US Open della danese. Si partirebbe dal 7, a salire fino al 9 o anche al 10. O qualcosa di più se uno vuole. Di fatto ogni numero potrebbe starci bene a modo suo, partendo però dal fatto che l’ex numero 1 del mondo ha sorpreso una volta di più. Gli scettici erano tantissimi, poi due ottime vittorie contro Petra Kvitova e Jennifer Brady hanno ridato lampi di Wozniacki. La differenza con la giocatrice di qualche anno fa è che ora se viene messa in difficoltà in uno scambio lungo (che lo vinca o che lo perda) poi fisicamente lo “paga” per i punti successivi, ma qui ha variato spesso bene le fasi offensive e difensive a seconda del momento mostrando una buona versatilità. Lo si è visto ancor di più contro Gauff, dove una volta adattatasi al ritmo della statunitense ha cominciato a lavorarla ai fianchi con ottima copertura di campo e scambi abbastanza complessi finendo per mandarla in tilt con dei brutti game persi tra fine secondo set e inizio del terzo che hanno messo a nudo dove e come Coco può essere colpita. C’è voluta una fase di difesa e contrattacco eccezionale, qualcosa che nel tennis femminile di oggi non è più riproposta, soprattutto non in questa maniera. Motivo per cui Coco ha mostrato le prime crepe col dritto divenute poi delle voragini e solo un calo dell’avversaria hanno riportato saldamente in controllo delle azioni. Adesso, l’appuntamento è in Australia per cominciare il 2024.
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