[7] E. Rybakina b. [30] A. Kalinina 6-4 1-0 ritiro
È andato tutto storto, dal punto di vista dello spettacolo, per questa finale del WTA 1000 di Roma. Anhelina Kalinina, dopo aver vinto delle maratone nei turni precedenti, ha finito senza energia e con dolori ingestibili alla gamba sinistra che l’hanno costretta al ritiro nel secondo game del secondo set. Un finale triste e che l’ucraina non avrebbe meritato, dopo aver dato l’anima in ogni momento anche stasera, malgrado una giornata pessima che ha spinto la finale 1000 a iniziare alle 11 di sera.
Ci saranno questioni da risolvere, perché la WTA non può accettare dopo aver visto la semifinale di Madrid tra Iga Swiatek e Veronika Kudermetova cominciare sempre alle 23, poi qui di nuovo la numero 1 del mondo contro Elena Rybakina sfidarsi alle 22 su un campo pesantissimo e sotto l’acqua. Stasera, dopo altre quattro ore di pioggia battente a interrompere la seconda semifinale ATP tra Stefanos Tsitsipas e Daniil Medvedev, Rybakina e Kalinina sono andate in campo a un orario improponibile per una finale di questo livello.
A Rybakina è di fatto bastato un set, approfittando del terzo ritiro su sei partite in queste due settimane al Foro Italico. Era partita male, concedendo un immediato break con un doppio fallo, e ha impiegato una mezz’ora circa per cominciare a colpire bene la palla. Kalinina si stava tenendo avanti giocando bene i punti importanti dei vari game, ma aveva un atteggiamento diverso dagli altri giorni. Più volte, dopo i punti, si trovava a guardare il marito/coach con sguardo molto infastidito. Qualcosa non andava, anche se fin lì si poteva pensare a poche energie rimaste dalle lunghe battaglie dei giorni scorsi. Martedì sera ha impiegato tre ore e 41 minuti per battere Beatriz Haddad Maia, ieri due ore e 51 minuti per superare Veronika Kduermetova.
Ha fatto, stasera, quanto ha potuto finché il corpo ha retto. Perdeva il break di vantaggio sul 3-2, andava sotto 3-4 e in quel cambio campo si colpiva, con rabbia, il piede destro con la racchetta. Nel game successivo risaliva da 0-40 per tenersi in vita e sul 4-5 cominciava vincendo due punti fatti di tenacia e rincorse, trovando sempre il guizzo sotto rete. Dal 40-15 le è però mancata completamente la prima palla di servizio e una kazaka abile a mettere pressione con delle risposte costantemente a pochi millimetri dalla riga di fondo, strappando la battuta per il definitivo 6-4. Nel secondo set c’è stato davvero poco e il fisico dell’ucraina, dopo un game, l’ha abbandonata del tutto. Nel colloquio abbastanza agitato avuto con la fisioterapista Anhelina le diceva di non riuscire più ad appoggiare la gamba senza sentire dolore, non poteva scivolare. Presa dal momento le è pure uscita una lacrima.
Inevitabile il ritiro e la conclusione più ingiusta della partita più importante della sua carriera. Bello l’abbraccio tra lei e Rybakina, ancor di più il gesto di Stefano Vukov (coach della kazaka) che si è alzato ed è andato subito dal coach di Kalinina, impietrito, a consolarlo. Poi, purtroppo, c’è da registrare una cerimonia di premiazione da censura dove è andato tutto storto. C’è stata subito una bordata di fischi dalle tribune, non si è capito però chi fosse il destinatario se l’organizzazione del torneo o il CEO della WTA Steve Simon, presente a bordo campo. I fischi sono poi continuati alla consegna dei premi e lì qualcosa si è perso nella scaletta, con Rybakina che non ha ricevuto il trofeo e nuovi fischi mentre veniva consegnato quello a Kalinina, che si è scusata per il ritiro, forse anche lei confusa da quanto stesse avvenendo. Ulteriori fischi hanno accompagnato le ultime fasi dove gli organizzatori della cerimonia si erano confusi quale trofeo dover assegnare. In tutto ciò, a spezzare qualcosa di tragico come poche altre volte si è visto, c’è stato il saluto commosso della giudice di sedia Cecilia Alberti a cui è stato dato il microfono per un momento da dedicare alla sua regione, l’Emilia Romagna, colpita in questa settimana da una terribile alluvione. Cecilia, con la voce rotta dall’emozione, ha ringraziato e sorriso su quanto già in precedenza era stato esposto un messaggio di vicinanza verso la sua terra.
Perlomeno qualcosa di emozionante in una serata che, al di là del trofeo per Rybakina, è stato tutto quanto non vorremmo mai vedere.
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