[30] A. Kalinina b. [11] V. Kudermetova 7-5 5-7 6-2
Per raccontare una partita così ci vuole calma, pazienza, e contesto. Stiamo parlando di un torneo di tennis tra i più importanti della stagione, un WTA 1000, in un momento delle nostre vite estremamente particolare e un po’ di più per Anhelina Kalinina. L’ucraina, a 27 anni, giocava la partita più importante della carriera e lo faceva contro una russa, Veronika Kudermetova, anch’essa con un’occasione d’oro davanti. Volente o nolente, i pensieri e i nervi che entrambe hanno messo in campo sono facilmente ricollegabili alle questioni politiche attuali.
Non ci piace racchiudere tutto lì, ma la non esultanza di Kalinina alla fine raccontava anche questo. Attanagliata dalla tensione e da tanti pensieri per oltre due ore e mezza di partita, aveva trovato la lucidità di gestire quel game sul 5-2 al terzo nella maniera migliore, cancellando il brutto blackout della fine del secondo parziale. E finalmente, guardando il coach e marito in tribuna, sapeva di avercela fatta. Si è lasciata andare soltanto alla fine dell’intervista in campo, quando dopo aver ripreso fiato ha tenuto a ricordare il suo paese che vive ancora oggi nei dolori di una invasione che sta devastando il popolo ucraino. E purtroppo il momento durissimo che loro vivono si sta rispecchiando nelle dinamiche di un circuito che è quantomai diviso ora anche a causa della scarsa visione di insieme di chi dovrebbe gestirlo.
Così, cercando di tornare alla partita in sé, Kalinina ha ottenuto oggi un risultato storico per sé e per l’Ucraina: da numero 47 del mondo è la giocatrice dal ranking più basso ad approdare in finale a Roma dopo Raffaella Reggi nel 1985, la seconda tennista ucraina in finale qui dopo Elina Svitolina che vinse due volte tra 2017 e 2018. Un 7-5 5-7 6-2 meritato, nel complesso, perché ha messo cuore, coraggio e bravura, riuscendo a cancellare il brutto passaggio a vuoto del secondo set dove dal 5-3 si è fatta divorare dal momento perdendo ben 16 punti consecutivi. Ma proprio perché nel complesso è stata la migliore fino a quel 7-5 5-3, Kalinina è stata poi brava a ricominciare come se nulla fosse, approfittando anche dei momenti di nervosismo della sua avversaria.
Se Anhelina ha vissuto questa partita col pensiero rivolto a molte cose, anche extra campo, Veronika non ha saputo fare tanto meglio. Lei era favorita per un’occasione enorme e forse questo ruolo non l’ha aiutata. Non di meno, quanto detto per Kalinina valeva, in un certo modo, anche per lei. Se da Indian Wells si è scoperto il vaso di Pandora sulla tensione nello spogliatoio WTA, oggi tutto quanto si è visto in tanti momenti. A cominciare dai primi sei game durati circa 40 minuti. In quei momenti Kalinina ha messo un primo, pesante, mattone per la sua impresa salvando otto palle break (tre sull’1-2, cinque sul 2-3) su altrettante concesse. Ha avuto bisogno di un miracolo sulla prima, 1-2 15-40, quando ha pescato un jolly col dritto lungolinea colpito in ritardo, ma per il resto era in grande affanno perché Kudermetova era partita meglio. Il piglio della russa era ottimo: 93% di prime palle in campo nei primi tre game, già cinque ace e oltre 10 vincenti. Le è mancato però il colpo per prendersi un vantaggio che sembrava meritato. Tra le varie occasioni, ha qualche rimpianto per un dritto da metà campo, su palla bassa, colpito malissimo. Poi una risposta di rovescio dove era anche indietreggiata per spingere ma non ha inciso.
Chiuso il game del 3-3, Kalinina ha cambiato le carte in tavola facendo pagare le occasioni mancate alla russa e con un pasticcio di Kudermetova a rete, seguito da un ottimo turno di battuta, saliva fino 5-3. Sul 5-4 ha sentito il momento, come avverrà poi dopo, ma è stata bravissima sul 5-5 a riaprire il game da 30-0 attaccando le varie seconde dell’avversaria e facendo malissimo col proprio rovescio. La russa, colpita, buttava via il game sul 6-5 regalando il vantaggio pesante all’ucraina. E la situazione non cambiava nemmeno all’inizio del secondo: Kudermetova sembrava la più propositiva, ma Kalinina reagiva sempre finché sul 2-2 ha strappato di nuovo la battuta, sempre rientrando da 30-0, ma stavolta con un crollo verticale della russa che commetteva due doppi falli e sul 30-15 faceva uno dei tanti errori al volo della sua giornata. Pessima, a tratti, con questo aspetto del gioco: dal rovescio al volo affossato a metà rete sulla palla break del 4-3 Kalinina, Veronika ha perso completamente fiducia e senso della posizione nei colpi nei pressi della rete e più li mancava più si sentiva meno sicura nelle occasioni successive.
Kalinina, continuando a vincere punti importanti, saliva di nuovo sul 5-3 e dopo aver condotto piuttosto bene è arrivata al momento della verità. Il nono game non lo ha giocato, rinunciando a fare qualcosa dal 30-0 e pensando già a cosa sarebbe stato il turno di battuta successivo. Al cambio campo non è riuscita a non pensare ed è cominciata a montare una pressione enorme, accentuata da tutto quello che di extra-campo questa partita potesse dire. Difficile spiegare tecnicamente questi passaggi: Kalinina ha perso completamente la spinta e le misure del campo, Kudermetova spingendo e senza nemmeno dover strafare è risalita con quattro game consecutivi e 16 punti su 16 vinti.
Anhelina è originaria di Nova Kakhovka, cittadina sulle sponde meridionali del fiume Dnipro. Dalla scorsa primavera, la città dove vivono i suoi nonni è occupata dall’esercito russo. Raccontava a Wimbledon che loro sono bloccati lì, con i missili dei russi praticamente nel giardino di casa, in mezzo agli scontri tra l’esercito ucraino e quello invasore. Il resto della famiglia si era spostato prima della guerra in un sobborgo di Kyiv divenuto tristemente noto nei primi mesi: Irpin. Sono riusciti a scappare durante i bombardamenti russi e poco dopo la loro casa è stata distrutta da un missile. Purtroppo, volente o nolente, questo serve a spiegare cos’è stata per lei oggi, perché per lei come tutte le ucraine il momento è troppo delicato per pensare di comportarsi come se nulla fosse. Ovviamente, ed era annunciato, non c’è stata stretta di mano tra le due.
Nel terzo set Kalinina è ripartita fortissimo riuscendo a mettersi tutto alle spalle. Ha trovato il break di vantaggio alla quarta occasione trovando un varco alla destra di Kudermetova e, con due ottimi punti dal 30-30, faceva l’allungo sul 2-0 che le ha tolto buona parte di pressione dalle spalle. Il rovescio è tornato a girare bene ed era di nuovo 0-40 in risposta: alla seconda chance aveva un 3-0 e doppio break di vantaggio divenuto 4-0 quando sul 30-30 ha trovato modo di spingere lungolinea un rovescio su palla senza peso finito sulla riga laterale e poi ha capovolto un grande scambio dove la russa aveva piazzato la terza accelerazione col rovescio lungolinea del game e lei ha risposto con un lob in allungo sulla linea di fondo. Sul 4-1, di nuovo 30-30, ha messo a segno un ace pesantissimo e la risposta di dritto appena lunga dell’avversaria la manteneva avanti di quattro game. Sul 5-2, proprio mentre cominciava a piovere, ha vinto un punto rocambolesco sotto 0-15 con l’ennesima palla al volo non chiusa dall’avversaria e sul 15-15 ha trovato un preziosissimo aiuto dalla prima di servizio. Sul 30-15 un rovescio in allungo difensivo ha spinto una russa ormai stanca e con fastidi alle cosce a un nuovo errore. Infine, sul 40-15, ha avuto la lucidità per piazzare una delle rare prime palle a uscire da destra e poi con calma ad appoggiare di là il dritto incrociato nel campo vuoto.
C’è stato tanto oltre il tennis, oggi, in quello che per Kalinina diverrà un giorno storico. E lo sguardo al marito e coach, entrambi immobili e apparentemente inespressivi, voleva dire tutto. Dopo le tre ore e 41 minuti di lotta contro Beatriz Haddad Maia, martedì, oggi ha messo insieme altre due ore e 51 minuti. Ed è in finale, la più importante della carriera.
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