Aryna Sabalenka ed Elena Rybakina si contenderanno il titolo di nuova campionessa dell’Australian Open con la finale in programma sabato mattina (in Italia) non prima delle 9:30.
Sono due dei volti più attesi in questo 2023: una attesa da un’annata di riscatto e completamento dopo tanti alti e bassi, la seconda che doveva riprendere da quel trionfo inatteso a Wimbledon anche per cancellare tutto il carro che ha accompagnato quelle due settimane e porsi, come valida top-10 o top-5, livello che avrebbe in classifica con i 2000 punti di quel successo londinese.
PERCORSI DIVERSI
Proprio per “colpa” di quel Wimbledon, Rybakina non ha probabilmente avuto il giusto grado di attenzioni a inizio torneo quando si cercava di individuare una piccola cerchia di grandi favorite dove tre nomi spiccavano su tutte: Iga Swiatek, perché numero 1 e reduce dal suo stellare 2022; Jessica Pegula, perché sempre molto costante nei grandi tornei e apparsa in ottima forma nelle prime uscite dell’anno; Sabalenka, perché è una Ferrari che doveva trovare la giusta guidabilità. Elena non c’era, anche perché testa di serie numero 22 e un po’ dispersa nel tabellone, ma da subito si guardava a quel possibile ottavo di finale contro Iga come snodo cruciale del tabellone femminile. O lei, o Danielle Collins, avrebbero rappresentato per la polacca un ostacolo molto grande da superare. E così è stato.
Non ci fu un esordio nel torneo straordinario, forse quel primo turno contro Elisabetta Cocciaretto ha rappresentato per Rybakina la partita più altalenante con tre break subiti, difficoltà a chiudere il primo set e recupero da 3-1 nel secondo. Da lì in poi, però, ha viaggiato con un rendimento da 9. Travolta Kaja Juvan al secondo turno, battuta Collins al terzo lasciando per strada un set ma non rischiando mai di perdere, 6-4 6-4 a Swiatek, 6-2 6-4 ad Aljona Ostapenko, 7-6 6-3 a Victoria Azarenka. La semifinale contro la bielorussa l’ha vista guidare bene nel punteggio finché l’ex numero 1 del mondo non si è inventata il passante che ha riaperto un set che sembrava chiuso. C’è stato un po’ da faticare per la kazaka, rientrata anche da 0-40 sul 5-5, ma nel complesso ha meritato e questo cammino, appena due Slam dopo Wimbledon, è molto importante.
A Londra si parlò soprattutto delle sue origini. Nativa di Mosca, cittadina russa fino a inizio 2019, passata al Kazakistan nel mercato che lo stato dell’ex Unione Sovietica fece prendendosi giocatori russi con un accordo tra i presidenti federali dei due paesi promettendo loro soldi, vitto, alloggio. Per alcuni, come Rybakina, la situazione fu una manna dal cielo visto che la federazione russa, che la lasciò andare senza battere ciglio, non credeva in lei come in tante altre ragazze interessanti che non avevano però alcun sostegno. Da qui il caso di Daria Gavrilova, divenuta australiana quasi per “ripicca” verso il proprio paese nel 2013, o di Daria Kasatkina che non venne contattata all’epoca e i suoi genitori per darle una chance di avere una carriera dovettero addirittura vendere la loro casa. Per questo, con dinamiche molto particolari e dure da digerire, le scelte non sono mai fatte a cuor leggero in questo contesto. E anche per questo Rybakina, già allora, non voleva parlarne. Figuriamoci oggi, che con i fatti di cronaca attuali essere cittadini russi può diventare un problema. Soprattutto se il torneo di Wimbledon decide per il divieto di partecipazione a tennisti russi e bielorussi e finisce per essere vinto da una russa naturalizzata kazaka.
Insomma, una nuova finale Slam potrebbe darci l’occasione per poter parlare solo o soprattutto di quanto effettivamente Rybakina giochi bene. Chiaro prototipo della giocatrice moderna, molto aggressiva e abbastanza uniforme da entrambi i lati, è in continua crescita e quest anno fin qui sembra avere anche buona continuità al servizio: già 14 ace nel primo match stagionale ad Adelaide, qui a Melbourne è andata più volte in doppia cifra.
Sabalenka, se possibile, ha fatto anche meglio. Il suo 2023 fin qui è fatto di soli dati positivi: 10 vittorie consecutive, 20 set vinti su altrettanti giocati. Tornerà, meritatamente, al numero 2 del mondo già con questa finale e dovesse vincere domani, oltre al primo Slam in bacheca, metterà 2000 punti di vantaggio nella Race tra lei e Swiatek. Siamo solo all’alba della nuova stagione, ma è quello che serve per provare a ribaltare il copione del 2022. Soprattutto da una ragazza attesa da ormai tanto tempo a questo genere di partite e che sembra abbia ora almeno una marcia in più. In questo Australian Open, per la numero 5 del seeding, si era detto che il test vero poteva arrivare negli ottavi e di fatto è stata la partita dove veramente poteva rischiare qualcosa visto che affrontava Belinda Bencic, rivelatasi poi l’avversaria più temibile delle sei affrontate. Dopo un inizio balbettante, ha progressivamente riequilibrato la situazione prima di “sfondare” il muro svizzero tra la fine del primo set e la prima parte del secondo.
Gioca bene, Aryna, soprattutto perché da una sensazione offerta rare volte prima. È abbastanza calma, detto per una che in campo è un vulcano di energie e frenesia. Ha dovuto un po’ contenersi più che altro nel quarto di finale contro Donna Vekic ma pur non brillando troppo ha concluso 6-3 6-2. Ha parlato in questi giorni di come abbia smesso di vedere una psicologa perché non ne vuole più sapere e vuole essere lei a gestire se stessa come meglio crede. Questo primo mese le sta dando pienamente ragione e chissà che nell’anno dei 25 possa trovare una giusta dimensione. Questa tra l’altro è la finale numero 20 della carriera. Sono tante, ci sono finali “pesanti”. Ci sono dei ‘1000’ in bacheca, c’è la sconfitta nell’ultimo atto delle scorse WTA Finals. Molto spesso le era capitato di subire batoste morali importanti, con tre semifinali consecutive perse a ricordarglielo. Tutte sconfitte tra l’altro giunte con un 6-4 al terzo set. Ha navigato, e probabilmente sta ancora cercando di farlo, tra le pieghe di un carattere non facile, con posizioni che l’hanno resa un personaggio molto controverso anche a casa. In campo però è quella giocatrice che prende per carattere e spirito, non solo una che tira a tutta ma capace quando tutto va bene di disimpegnarsi tra difese e discese a rete. È piuttosto completa, solo avrebbe sempre bisogno di star bene con la testa perché molto spesso le sconfitte sono per lei dei fallimenti nella vita.
IL CONFRONTO
Sabalenka ha vinto tutti i tre precedenti confronti, sempre terminati al terzo set. Si affrontarono per la prima volta nei quarti di finale del WTA 1000 di Wuhan nel 2019, torneo vinto poi dalla bielorussa che quel giorno si impose 6-3 1-6 6-1. La seconda sfida arrivò sempre nei quarti di finale nel gennaio 2021 ad Abu Dhabi e di nuovo Aryna ebbe la meglio al terzo set (6-4 3-6 6-3). Infine, pochi mesi dopo, agli ottavi di Wimbledon, l’allora numero 2 del tabellone ebbe la meglio 6-3 4-6 6-3.
Da allora sono cambiate tante cose. Rybakina ha avuto il suo momento di gloria, malgrado poi i momenti di tensione con la stampa e lo scarsissimo riconoscimento ricevuto dal mondo del tennis (addetti ai lavori in primis). Sabalenka è entrata in una sorta di crisi proprio verso la metà del 2021 spezzando il digiuno di titoli all’inizio di quest anno ad Adelaide.
IL PUNTO SU CUI POTRÀ GIRARE IL MATCH
Detto che per molte cose possono essere abbastanza simili (sebbene Sabalenka abbia forse qualcosa in più), la possibile chiave dell’incontro potrebbe essere la seconda di servizio.
Aryna ha dimostrato di aver ben poco paura anche a costo di incappare in un doppio fallo. È capace di forzare e di angolare la palla prendendosi rischi enormi, pur di non voler partire in svantaggio nello scambio. Elena invece è forse più conservativa, con maggiore differenza nella qualità rispetto a una prima da cui ricava percentuali altissime e che domani dovrà sorreggerla il più possibile.
La kazaka sulla seconda palla, pur non essendo troppo incline al doppio fallo (al contrario dell’avversaria, che comunque ultimamente ha tagliato molto i dati qui), ha però più un colpo “in sicurezza”, alle volte senza spingere troppo e rischiando l’immediata aggressione. Guarda caso, nella sua semifinale contro Azarenka nel momento in cui ha cominciato a non mettere la prima palla per più punti consecutivi è anche quello dove la bielorussa ha quasi rischiato di girare il set a suo favore, fermandosi come detto a quel 5-5 0-40 nel primo parziale.
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