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17 Nov 2021 14:55 - WTA
WTA Finals, una rigenerata Muguruza contro la miglior Kontaveit: è l’ultimo ballo del 2021
di Diego Barbiani
Siamo all’ultimo capitolo delle WTA Finals 2021. Iniziate tra grande scetticismo di giocatrici (Ashleigh Barty e il proprio coach su tutti, anche se va calcolata la grande stanchezza fisica e mentale mostrata da entrambi) e addetti ai lavori e che si son chiuse invece con un’enorme successo.
Il pubblico è accorso per ogni sessione serale riempiendo le tribune finché consentito. Il colpo d’occhio, soprattutto, è stato bellissimo dopo un anno e mezzo di porte chiuse e forti limitazioni. Nella speranza che non porti a problemi relativi al covid, perché di sti tempi è scontato avere quella voglia di tornare tutti a vivere normalmente quando purtroppo le circostanze ancora non sempre lo permettono.
Durante il giorno c’era meno clima da stadio, meno pubblico a causa anche delle varie giornate lavorative, ma probabilmente dava più fastidio il fatto che l’orario di inizio del primo match del giorno coincidesse con l’orario di inizio del match serale alle ATP Finals. Comunque, la parentesi annuale messicana si concluderà con una gran cornice anche perché la finale vedrà in campo la favorita numero 1 del pubblico locale: Garbine Muguruza. La simbiosi tra lei e i messicani è nata quasi subito. Sarà l’appeal, saranno i successi, sarà il volto immagine della parte latino-americana del pianeta essendo non solo di nazionalità spagnola ma nata in Venezuela e che forse meglio di tutte sapeva a cosa sarebbe andata incontro. Ha già giocato e vinto a Monterrey e, quando le è stato detto che quest anno occasionalmente le Finals sarebbero state spostate a Guadalajara ha esultato dalla sorpresa: mentre tutti pensavano all’altitudine, lei si è come auto investita di un obbligo di far bene per i messicani e dare lo show che il torneo delle migliori otto del mondo può proporre.
Quando perse contro Karolina Pliskova era arrabbiatissima, ma uscendo dal campo rivolse un sorrisone al pubblico battendosi forte la mano sul cuore. Due giorni dopo, di tenacia prima ancora che di gioco, si è imposta 6-4 al terzo set contro Barbora Krejcikova esultando a braccia alzate come se avesse vinto il torneo. Dopo la vittoria-qualificazione contro Anett Kontaveit ha indossato la maglia della nazionale messicana e ieri, al termine della miglior prestazione del suo torneo nel derby contro Paula Badosa c’è stato il viatico migliore alla sfida odierna perché la differenza tra le due spagnole era talmente netta che, rispetto ad Anett Kontaveit, ha risparmiato parecchie energie. Se lei rappresenta la prima volta di una spagnola in finale dal 1993, quando Arantxa Sanchez Vicario perse contro Steffi Graf, siamo di fronte alla prima volta assoluta di una tennista estone e il modo in cui Kontaveit si è posta in queste settimane ha guadagnato tanti crediti in giro per i tornei. Il record di 31-3 nelle ultime 34 partite l’ha vista imporsi contro avversarie come: Badosa, Sakkari (x2), Muguruza, Petra Kvitova, Belinda Bencic, Karolina Pliskova, Simona Halep, Barbora Krejcikova, Marketa Vondrousova.
Il cambio di allenatore, dopo aver chiuso anni importanti con Nigel Sears, ha avuto effetti enormi. Sears la portò vicinissima alla top-10, rimanendo costantemente dentro le prime 20 del mondo, ma dopo quattro anni l’idea di considerare conclusa l’esperienza lavorativa per entrambi aveva una logica. Così Kontaveit ha chiesto aiuto a Dmitri Tursunov, rientrante dopo l’importante esperienza a fianco di Aryna Sabalenka e come prima cosa ha cercato di spingere sul fattore mentale, con l’estone che ha anche rivelato tempo fa di essersi iscritta a un corso universitario di psicologia riconoscendo un punto debole importante (ad alti livelli) della sua carriera che a ormai 26 anni la vede adesso nel momento più luminoso di sempre.
A Guadalajara si sta anche vedendo una Kontaveit piuttosto libera di testa, fin qui, sfruttando l’inerzia del suo periodo d’oro e la consapevolezza che da qualificata all’ultimissima chiamata disponibile era l’ultima che poteva avere una qualsivoglia pressione. Di fatto adesso il braccio potrebbe forse tremare, ma difficile darla come favorita contro una campionessa come la spagnola, andata fin qui in crescendo e con una semifinale molto più tranquilla della sua dove, alla prima chiamata di tre set, è apparsa vivere un calo di stanchezza tra metà del secondo e metà del terzo set, gestendosi però molto bene. Sakkari in quel frangente cercava di proporle palle più tagliate col rovescio per darle un rimbalzo basso dove doveva star giù con le gambe e spingere una palla senza peso e lì Anett dimostrava in quei 30 minuti di non essere più brillante. Alla fine la greca era molto delusa perché ha sentito di aver buttato un’altra chance importante in una stagione dove ha giocato otto semifinali e ne ha perse sette, tra cui due a livello Slam in cui era favorita e in una ha avuto match point, sbagliando completamente approccio nella seconda.
Il cammino di Kontaveit fino a ieri era molto buono. Dominio quasi totale nelle prime due partite vinte nel Round Robin, livello di concentrazione più basso contro Muguruza nella gara persa 6-4 6-4 già da qualificata come prima nel girone. La fine del match contro Sakkari ha coperto molte di quelle sensazioni di stanchezza avvertite ogni volta che cercava di colpire ma le gambe erano pesanti e scomposte negli appoggi. Bravissima, semmai, nel non mostrare mai segni di fastidio e rimanere ben lucida con la testa.
I precedenti vedono Muguruza avanti 3-2, 2-1 nei campi in cemento dove però ha rimediato un pesante 6-1 6-1 (cemento indoor di Mosca) meno di 4 settimane fa. Altro momento, malgrado sia relativamente vicino. E stanotte (alle 2:30 del mattino in Italia) ci sarà da dare tutto quello che è rimasto per l’ultima recita della stagione.