[4] N. Osaka vs [16] C. Wozniacki 6-4 6-2
Tante volte può succedere che venendo fuori da una situazione di grande sforzo a livello mentale ci sia un contraccolpo anche inatteso e involontario, ma che può condizionare il proprio essere tennista nel match successivo. Naomi Osaka doveva affrontare una partita contro Caroline Wozniacki, mai battuta nelle due volte in cui si erano trovate contro, mai aveva vinto un set, e per quanto sia stata dura ieri contro Bianca Andreescu oggi è apparsa in campo abbastanza diversa. Nervosa, a tratti frustrata da se stessa per errori anche banali con la racchetta scagliata contro la propria caviglia. Eppure ha trovato l’accelerazione giusta tagliando di netto i gratuiti quando contava e diventando una macchina non perfetta, ma comunque letale.
Una partita quasi a due volti, oggi, per il diverso tipo di atteggiamento che la numero 4 del mondo ha avuto nei vari momenti della partita. E il fatto che sia stata sistematicamente in grado di trovare le soluzioni migliori nelle fasi più importanti è forse il merito maggiore. E così, è arrivata la terza finale del 2019, le stesse del 2018, pareggiando curiosamente anche le categorie dei tornei: Premier (Osaka e Tokyo), Premier Mandatory (Pechino e Indian Wells), e Slam (Australian Open e US Open). Se l’è presa con merito, dopo una prova che l’ha lasciata con un’aria ben poco soddisfatta ma dove si è superata quando doveva come nel game finale in cui scivolata indietro 15-40 e da lì ha messo solo prime, perdendo un punto negli ultimi 6 giocati perché si è persa guardando il rovescio in uscita dal servizio e la palla di Wozniacki le è tornata forte e profonda. Per il resto, neppure ha fatto cominciare lo scambio.
Nei primi game il copione era chiaro e rispecchiava molto il filo logico dei loro precedenti: Osaka in spinta, Wozniacki in difesa a cercare profondità e angoli stretti per raccogliere gratuiti o ribaltare l’inerzia. Eppure questa versione della danese ha perso tanto della sua forza. Oggi probabilmente c’è stata la conferma ulteriore. Bravissima a spingersi fin qui in una difesa del titolo che poteva avvicinarla all’uscita dalla top-60 mentre ora i danni maggiori sono stati arginati, ma per quanto continui strenuamente a lottare non sembra più avere il livello per fronteggiare una vera big come la giapponese con la stessa bravura e resistenza di prima. Il gioco è quello e a sprazzi qualcosa di buono viene fuori, ma la spinta nelle gambe e la rapidità di qualche anno fa, o anche solo di inizio 2018, sono ben distanti.
Per i primi game rimaneva a galla perché c’erano diversi errori al di là della rete che bloccavano Osaka, ma la stessa Naomi sembrava sempre più consapevole che la partita oggi si sarebbe giocata soprattutto sulla sua qualità dei colpi verso il dritto dell’avversaria. Quello ormai sta diventando una falla importante per la ex numero 1 del mondo, che perde tanto campo se attaccata con la precisione che la numero 4 del seeding può avere nella sua capacità di andare verso l’angolo esterno. Sul rovescio Caroline è ancora abbastanza solida, ha più facilità e sensibilità, più possibilità di traiettorie. Ma il giochino non poteva continuare così a lungo. Osaka ha mancato una prima palla break (male) sul 4-3 30-40 e dopo essersela presa con se stessa e non aver praticamente giocato fino al 4-4 ha poi ripreso in mano il pallino del gioco quando era lei a offrire una chance all’avversaria.
Il servizio, ancora una volta, le ha dato una grande mano e da lì ha messo le marce alte. Spettacolare il dritto lungolinea in corsa con cui ha preso il primo break del match e spezzato un equilibrio sempre più sottile. Decimo game tenuto a 15, set conquistato e più del metà del compito odierno ormai svolto. C’erano ancora imperfezioni, perché pur dopo aver preso un nuovo break a inizio del secondo ha offerto nuove palle break. Sull’1-0 30-40 però si è esaltata nel cross di rovescio che ha buttato la danese a tre metri dal campo mentre sulla seconda ha tirato la prima al centro. Wozniacki cercava strenuamente di rimanere agganciata ma la forbice tra le due, sul suo servizio, stava diventando sempre più grande e sul 3-1 Osaka ha preso un nuovo break che ha di fatto chiuso i giochi. L’ultimo brivido è arrivato sul 5-2 quando c’è stato quel nuovo piccolo passaggio a vuoto e la danese è potuta andare sul 15-40. Da lì, solo prime e (quasi) sempre il punto portato a casa. Un match a due volti, tra la frustrazione per 29 gratuiti totali contrapposti però a 30 vincenti molti dei quali quando veramente contava e una prima quasi assente oggi, ma che è stata la vera ancora a cui aggrapparsi con grande sicurezza.
Sarà dunque sfida ad Ashleigh Barty, domani, per eleggere la nuova campionessa del torneo di Pechino. Numero 1 e 2 del mondo per quasi tutti gli ultimi 4 mesi, vincitrici Slam in stagione. Il piatto è servito.
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