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Us Open, Nadal è ancora l’Everest ma Berrettini esce a testa altissima

Nadal b. Berrettini 7-6 6-4 6-1

Rafael Nadal è ancora l’Everest, un qualcosa di troppo alto per Matteo Berrettini, che perde 3 set a 0 ma il risultato è davvero troppo duro per l’azzurro, per quello che si è visto in campo. Che qualche rimpianto, in quella che era già una scalata impossibile (ancora) per lui, ce l’ha, eccome.

Quel primo set, quel maledetto primo set, più precisamente quel dannato tie break, ancora gridano vendetta. Questo è l’unico, vero, grande rimpianto che deve avere Berrettini, Forse, probabilmente, non sarebbe cambiato molto per il risultato finale, ma certo è che quando vai in vantaggio 4-0 al tie break con Nadal e hai due set point (uno sul proprio servizio), qualche “se”, nella tua testa, giustamente appare.

Al netto di tutte le considerazioni che si possono fare sulla singola partita, e al di là del risultato, Berrettini anche contro il numero due del mondo  (che domenica disputerà la finale numero 27 in uno slam, la quinta a New York) non ha di certo sfigurato. Anzi. Ha spinto il fuoriclasse spagnolo ad alzare al suo livello quasi massimo il gioco. Ha messo in difficoltà il fenomeno di Manacor in varie parti dell’incontro, tanto che, soprattutto sul finire del primo set, ci si era illusi che una partita ci poteva pure essere.

C’è stata, per lunghi tratti, ma poteva durare di più. Se così non è stato, è dovuto in gran parte a quello sciagurato tie break, giocato prima splendidamente, poi sciaguratamente. La partita per quanto riguarda la vittoria è finita lì, anche perchè era chiaro come Berrettini giocasse non solo sovraritmo ma anche in maniera che alla lunga, cioè in un match particolarmente lungo, non poteva funzionare, con Nadal.

L’azzurro (che lunedì sarà numero 13 al mondo, nono nella Race a 20 punti dall’ottavo posto) “girava” troppo sul dritto, in modo tale da non scontrarsi spesso con le palle che lo spagnolo gli indirizzava puntualmente sul rovescio, giocato però, in maniera molto intelligente, meno “slice” del solito, ma comunque non troppo efficace, specie se tirato sul devastante dritto dello spganolo. Anche perchè donare al maiorchino anche lo slice, non era certamente una buona idea (citofonare Federer, per maggiori informazioni).

Tutto nel primo set, dunque, e non potrebbe altrimenti. Dopo il tie break, si attendeva il momento in cui Nadal avrebbe affondato i denti sulla preda, cosa che è puntualmente avvenuta quando lo spagnolo ha sfruttato, al nono tentativo, una palla break: Berrettini gliene aveva annullate otto di fila, una cosa mai vista con il numero due del mondo come avversaria. Una volta ottenuto, quel break, è stata solo accademia.

Al di là del tie break buttato via, l’azzurro non ha retto l’intensità di Nadal, che come al solito, saliva man mano nel corso della partita. Arriveranno i momenti in cui Matteo riuscirà a fare anche questo, ma per ora, nella scalata a questo tipo di Everest, siamo al campo tre: ci vuole ancora un pò per arrivare in cima e riuscire a migliorare anche questo.

Per il resto poco da dire. Troppo ovvio continuare a sottolineare l’incredibile torneo disputato da Berrettini, primo italiano ad arrivare in semifinale agli Us Open di cemento (primo dopo Barazzutti, ma in quel caso c’era la terra verde di Forrest Hills, 42 anni fa), come è inutile celebrare Rafael Nadal, uno che con ogni probabilità lunedì mattina si ritroverà con lo slam numero 19 in saccoccia, ad una sola distanza da Federer, con quel 20 che sembrava irraggiungibile. E invece no.

Per Berrettini questo è solo l’inizio, e chi vi scrive ci scommette che non sarà la prima semifinale slam di una carriera di un ragazzo di 23 anni che non può far altro che prendere il volo.

Luigi Ansaloni

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Luigi Ansaloni
Tags: US Open

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