[5] D. Thiem b. [4] R. Federer 3-6 7-6(11) 6-4
Un test. Questo quarto di finale, per Roger Federer, era un esame, piuttosto significativo, sulla sua condizione su terra e ha comportato sensazioni comunque positive, nonostante sia uscito sconfitto dalla sfida contro un Thiem che, reduce dai successi ad Indian Wells e Barcellona e ancora con lo scalpo di Rafa Nadal in mano, partiva da favorito (e probabilmente ciò lo ha condizionato all’ingresso in campo).
L’elvetico ricalca la scia di tutti i precedenti match visti qui a Madrid e pronti-via si ritaglia un break essenziale per le sorti del primo parziale; ha, inoltre, ben chiaro il suo piano tattico, cercando di ridurre al lumicino gli scambi prolungati, approcciandosi molto a rete e tenendo ben in considerazione il serve and volley come soluzione d’uscita di un servizio abbastanza variegato che sa dargli soddisfazioni. Lascia, sostanzialmente, le briciole in battute all’austriaco che, escluso il break, ed un passaggio in cui si è trovato sotto 0-30, fa lo stesso, ma, per contro, non è mai riuscito seriamente a trovare una chiave per rigirare la frittata, commettendo, anzi, parecchi errori (11) e, in poco meno di mezz’ora, ha dovuto incassare un amaro 6-3.
Nel secondo Thiem alza sensibilmente ritmo e percentuale di prime, navigando in acque più sicure per quanto riguarda il servizio e costringendo, invece, in risposta, il suo collega a remare nella tempesta: Roger, infatti, risale da 15-40 prima, da 0-40 poi, forzando la mano, ma giustamente, essendo costretto, e sfruttando le indecisioni e gli sbagli grossolani dello stesso Thiem, che, se vuole definitivamente prendere il largo, non può permettersi di sbagliare per primo così tante volte quando si comincia a scambiare e, soprattutto, deve assumere un’identità, una tattica. Anche perché Federer ha dimostrato ampiamente di non subire la sua fisicità e, intelligentemente, lo ha risucchiato nel suo modo ideale di impostare questo tipo di match, quindi chiudendo il più velocemente possibile il punto, non dandogli mai (al solito) due palle uguali, aprendosi il campo con la battuta o con i colpi immediatamente successivi. Fatto sta che, a fronte di ciò, nessuno dei due ha modo di brekkare, per cui è il tiebreak ad incombere ed è subito un minibreak di marchio svizzero ad indirizzarlo. Occasione colta, 3-0, ma non fine dei giochi, perché, con la prima risposta decisa di tutto l’incontro, Thiem centra la rimonta, il sorpasso e un set point annullato magistralmente dal maestro con un drop shot bellissimo, esecutivamente e per importanza del momento. Ne seguiranno altri quattro, set point, intervallati da due match point per Roger, fino a quando quest’ultimo decidendo di seguire, pericolosamente, una seconda, non viene passato, regalando l’ennesimo tentativo ad un Thiem che, stavolta, proprio non può sprecarlo, girando le sorti di questo quarto al terzo, ed ultimo, parziale.
Stavolta la musica cambia, profondamente. Lo scenario ruota e, come prevedibile, si gioca, si rulla, sulle volontà e sui binari preferiti dell’austriaco, sui quali Federer incontra grosse difficoltà, che si concretizzano nel break, il primo, subito nel terzo game. Nonostante ciò, Roger non molla di un centimetro e ci prova con tutte le armi che ha, anche quando si vede annullare due palle del controbreak, anche quando Thiem sembra ormai lanciato. E allora trova, in un delicatissimo ottavo gioco, tanta profondità con la risposta, trova il bandolo della matassa per pizzare l’avversario e mangiargli il servizio, riportando la parità. Sfortunatamente per lui, Thiem non accusa il colpo, anzi, ricomincia a sfondare, col dritto maggiormente, brekkandolo nuovamente e, stavolta, chiudendo i conti. In semifinale lo attende Nole Djokovic (che ha approfittato di un ritiro di Cilic, vittima d’intossicazione alimentare), mentre Roger, al netto dell’eliminazione, può comunque ritenersi soddisfatto di aver fatto partita pari contro l’uomo più in forma di una superficie che non varcava da tre anni.
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