Stadio indoor. Punteggio: 5-7 6-3 6-4 5-7 5-3 15-0. Federer, vestito di rosa, serve per il match. Avvia il movimento con l’accenno di molleggio dei polsi che tutto il mondo conosce e lo conoscono bene anche tutti quelli, tanti, accorsi per vederlo giocare un’altra finale. Le sue ginocchia in rigoroso “foot-back” si avvicinano al terreno, lo sguardo è diretto verso un misterioso avversario. Palla in aria, impatto, servizio centrale che l’avversario ribatte come può, facile volée di dritto dello svizzero: 30:0. Uno dei giudici di linea, guardandosi intorno, si slaccia i bottoni della felpa. Uno spettatore, tra un battito di mani e l’altro, infila la fascia con un bello swoosh in vista.
Il match continua, finalmente è possibile ammirare nell’insieme l’impeccabile outfit di Re Roger. Scarpe, calzini, pantaloncini e fascia neri a spezzare il suddetto rosa della t-shirt che, quasi inutile ripeterlo, è in rigoroso dry-fit. Roger è appena sceso a rete e l’avversario X gli ha proposto un pallonetto. Testa bassa, rincorsa della palla e seguente movimento degno di Tania Cagnotto: il nostro Eroe – Roger ormai ha superato i paletti che delimitano l’utilizzo di aggettivi e sostantivi – si gira e colpisce un passante di rovescio incrociato che infila lo sciagurato opponente. A questo punto un’elegante coppia di mezza età rompe lo stile col quale aveva varcato la porta di casa e si comincia a spogliare; un giornalista – qualcuno lo aveva scambiato per il nostro Stefano Meloccaro che poi però aveva presentato un alibi di ferro: il video d’esordio nel Challenger di Cortina al fianco di Alessandro Giannessi – si toglie la giacca e sfoggia una t-shirt verde. Cosa sta succedendo? C’è qualcosa di strano nell’aria…
Si riparte con l’elvetico al servizio. È match point. I due eleganti signori di prima presentano una t-shirt e una canottiera Nike, come i loro vicini di posto. Federer alza la palla ma appena prima di colpirla viene distratto da un assordante brusio: tutt’intorno uno stadio pronto a esplodere. Si ferma, si guarda intorno e nota tutti i presenti, vestiti più o meno come lui, in piedi atti a guadagnare le uscite. Sogghigna, si ricompone e serve un ace che quasi colpisce un altro dei giudici di linea, il quale evidentemente non aspettava altro, qualcosa che gli perdonasse quella voglia incredibile di giocare a tennis.
Ora lo stadio è in un “panico da tennis”. Tutti lanciano i propri vestiti casual liberando un fiammante abbigliamento Nike e sfoderando le loro racchette. Una folla senza controllo esce dalla struttura per guadagnare un campo da tennis. Chi arriva sul tanto ambito suolo alza le mani per dire “mio!”, chi ne rimane fuori si dispera. La metropolitana libera una “mandria” di tennisti davanti agli occhi increduli di una povera signora in procinto di prendere il “suo” mezzo di trasporto. I campi della città – terra, cemento, erba, asfalto non importa – si accendono; la città è parte integrante della follia. Si gioca intorno alle rotonde agli incroci delle strade, sui tetti, negli scantinati.
E Federer? Beh, Roger è rimasto solo in uno stadio che per la prima volta non lo festeggia ma non sembra preoccupato, anzi con quel ghigno stampato in faccia, prima di lasciare il terreno dell’ennesimo trionfo, si guarda intorno compiaciuto. Non si è accorto – o forse sì facendo finta di niente – che dietro le panchine ci sono due spettatori pronti all’invasione. Roger esce, i due iniziano a giocare.
Cosa è successo? Niente di cui preoccuparsi, è semplicemente l’effetto Federer raccontato in uno spot dal suo “mitico” sponsor. Roba da campioni vestiti Nike!
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