TENNIS – Di PIERO VASSALLO. Una stagione altalenante per Stan Wawrinka: qualche buon risultato, tre titoli ma anche tante brutte sconfitte. I “colpi di testa” che negli ultimi due anni era riuscito a limitare ora sembrano essere sempre più frequenti, cosa lo aspetta nel prossimo futuro?
L’ultima tegola è arrivata questo pomeriggio, uno scarno comunicato in cui Stan Wawrinka annunciava la sua rinuncia ai giochi olimpici di Rio de Janeiro. Per la Svizzera è un disastro: fino a poco tempo fa avevano serie ambizioni di medaglia in tutte le discipline, ora – complici anche i forfait di Federer, Bencic e dello stesso losannese – restano solo solo singolare e doppio femminile.
Male per gli elvetici, male anche per Stan che al 99% non giocherà mai più un torneo olimpico – difficile che sia arruolabile per Tokyo 2020, quando avrà 35 anni – e la delusione sarà sicuramente cocente: senza Federer e altri top 10 e con Nadal a mezzo servizio arrivare in zona medaglia poteva essere più semplice del previsto. Allo stesso tempo però è un’occasione per fermarsi e riflettere.
Nel 2016 Wawrinka ha giocato 42 partite con un bilancio di 31 vittorie e 11 sconfitte e ha vinto tre titoli (Chennai, Dubai e Ginevra), ma a differenza delle ultime due stagioni negli Slam ha deluso: a Parigi si è difeso bene arrivando in semifinale, ma non è andato oltre gli ottavi a Melbourne e il secondo turno a Wimbledon. Vero che in Australia è stato battuto da Raonic e a Londra da Del Potro, ma negli ultimi due anni aveva sempre raggiunto almeno i quarti, fatta eccezione per il Roland Garros di due anni fa.
Al momento è settimo nella Race con meno di 300 punti sul nono classificato, ma le preoccupazioni sembrano essere altre. Nella semifinale di Toronto persa contro Kei Nishikori, Wawrinka è cascato un’altra volta in una delle sue giornate da dimenticare. Non è una questione di tennis, ma di testa: lo svizzero sa essere tanto fenomenale in certe giornate quando autodistruttivo in altre.
Dopo aver perso il primo set sciupando 4 set point, l’elvetico è sceso in campo nel secondo con l’atteggiamento di chi vuole farla finita in fretta. Ha incassato un 6-1 senza appello e anche i fischi del pubblico, che non ha gradito un atteggiamento poco professionale. Era già successo quest’anno: a Indian Wells contro David Goffin – dove almeno perse di misura – e a Monte Carlo contro Rafa Nadal, anche in quell’occasione accompagnato dal rumoreggiare del pubblico.
Sprazzi di follia, pause mentali che ne hanno sempre contraddistinto la carriera, anche adesso che è a tutti gli effetti un campione. Ricordate un anno fa? Giocò un match orripilante a Ginevra e dopo due settimane alzò il cielo la Coppa dei Moschettieri grazie a una finale sontuosa. Ecco perché chiedergli, a 31 anni, di cambiare il suo modo di essere sarebbe assurdo, ma cercare di limitare queste brutte giornate è un esercizio che dovrà provare.
A meno che i successi degli ultimi due anni non abbiano saziato i suoi appetiti, ma questo può saperlo lui e lui soltanto.
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