TENNIS – RIO DE JANEIRO – DI PIERO VASSALLO. Francesca Schiavone corona una grande settimana brasiliana vincendo il suo settimo titolo WTA a quasi 36 anni: Rogers battuta 2-6 6-2 6-2.
Quanto deve averle fatto male quella sconfitta contro Virginie Razzano nelle “quali” di Melbourne solo Francesca Schiavone può saperlo. All’improvviso si è vista privarsi di quel record di partecipazioni Slam consecutive che aveva espressamente dichiarato come obiettivo primario.
E così ti ritrovi a 35 anni – 36 a giugno – e senza più un posto nella top 100, dopo aver vissuto una delle carriere più gloriose che il tennis italiano abbia mai visto. Che fare? andare avanti e lottare. Sì, ma per cosa? Sono domande lecite arrivati a quell’età, ma non per Francesca Schiavone.
La parola “mollare” nel suo vocabolario non esiste, “ritiro” men che meno. Francesca lotta, sempre e comunque, sempre pronta a lasciare tutto ciò che ha sul campo, senza distinzione tra un allenamento e una partita vera. Poco importa se sei stata una campionessa di livello mondiale, una vincitrice Slam e ora fatichi a superare le qualificazioni per entrare in tabellone.
Ed è con questa dedizione che la Leonessa ha costruito l’ennesimo capolavoro della carriera, vincendo a 35 anni e 7 mesi il suo titolo WTA numero 7 in quel di Rio de Janeiro. Solo tre giocatrici sono riuscite a fare meglio: Billie Jean King (39 anni e 7 mesi quando si impose a Birmingham nel 1983), Kimiko Date (38 anni e 11 mesi a Seoul 2009) e Martina Navratilova (37 anni e 4 mesi nel trionfo di Parigi del 1994).
E poi c’è Francesca, 35 anni e 7 mesi, tornata in finale a quasi tre anni di distanza dall’ultima volta – mancava da Marrakech 2013 – dopo essere stata ad un solo punto dall’eliminazione contro Cindy Burger nei quarti di finale. Il rovescio dell’olandese però è finito in corridoio e anche grazie a questo Rio si colora di azzurro per il secondo anno di fila, con Schiavone che raccoglie l’eredità di Sara Errani, vincitrice nel 2015.
Contro Shelby Rogers, giunonica 23enne americana, la milanese è andata in difficoltà nel primo set: incapace di far muovere la sua avversaria, Schiavone si è vista recapitare una serie di vincenti da parte della statunitense, peraltro perfetta al servizio. Il break subito dall’italiana nel primo game del secondo set sembrava preludio al primo titolo della Rogers, invece le cose sono andate ben diversamente.
Non appena l’americana ha iniziato a calare di intensità Francesca ha ripreso vigore, ha migliorato le sue percentuali al servizio e soprattutto è riuscita a mettere in atto la tattica perfetta contro giocatrici possenti come la Rogers, facendola muovere il più possibile. Perso il vantaggio nel secondo parziale, la statunitense è andata in grande difficoltà e ha iniziato a soffrire anche mentalmente.
La musica non è cambiata nel set decisivo: più scattante, più viva, più tenace Francesca, sempre in affanno e troppo frettolosa la Rogers. Mancato il break nel quarto gioco, la milanese ha strappato il servizio all’avversaria nel sesto game e lì la partita è praticamente finita. Al terzo match point Schiavone ha potuto liberare la sua gioia, festeggiando con lo stesso entusiasmo che quasi sei anni fa mostrava sul Philippe Chatrier dopo il rovescio steccato da Sam Stosur.
Il sigillo di Rio si aggiunge a quelli di Parigi, Bad Gastein, Mosca, Barcellona, Strasburgo e Marrakech e completa la settimana perfetta del tennis femminile italiano che aveva già avuto modo di festeggiare il primo titolo Premier di Sara Errani e l’ingresso in top 10 di Roberta Vinci. In un modo o nell’altro la vecchia guardia riesce sempre a darci soddisfazioni. Godiamocele, finché possiamo.
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