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Australian Open, Djokovic e quel suo dominio sottovalutato

Dal nostro inviato a Melbourne, Luigi Ansaloni

TENNIS-MELBOURNE. Gioca il numero uno del mondo e tutti sono occupati a fare altro, come nulla fosse. Eppure, è uno slam, e tecnicamente si dovrebbe essere qui per questo. Invece c’è chi pensa al pranzo perchè non ha potuto fare in tempo seguendo cose di davvero importanti (per la persona in questione), c’è chi pensa a spalmarsi di crema solare per andare nei campi secondari, c’è chi si fa una pennichella perchè il fuso è il nemico peggiore per chi decide di andare dall’altra parte del mondo ad inseguire palline da tennis.

Ora, non c’è nemmeno poi da stupirsi così tanto che un primo turno di Novak Djokovic sia snobbato, visto che tranne cataclismi di livello cosmico (Irina Shayk che accetta un mio invito a cena, per esempio, o cose così) il risultato con la vittoria del serbo è scontato. Infatti non ci sono state sorprese: il detentore del titolo ha portato a casa il suo match con un comodo 6-3 6-2 6-4 in un’ora e 55 minuti contro la sorpresa del 2015, il giovane coreano Chung che tutti ricordano essere lo sconfitto nella finale di Wimbledon juniores del 2013 contro il nostro (desaparecido) Gianlunca Quinzi. Djokovic non perde un set (non una partita, un set) in uno slam al primo turno dal 2006, dieci anni fa. Non male.

Il punto è che il dominio di Djokovic è una cosa così scontata in generale da passare in secondo piano. Non interessa. Fine. E’ sottovalutato dagli addetti ai lavori, è sottovalutato dai tifosi, che continuano a vederlo come una cosa lontana sia da Federer sia Nadal, che a loro volta guardano ai risultati del rivale serbo con un pizzico di sufficienza: gli danno il giusto merito, si complimentano, ma in cuor loro sembrano pensare che Nole sia così dominante solo perchè loro non sono più quelli di una volta, per un motivo o per un altro. E’ un peccato perchè forse la completezza, la forza e il lavoro di Djokovic per arrivare a questo livello non è forse apprezzato quanto dovrebbe. Senza entrare nell’annosa questione del perchè Federer e Nadal siano così amati mentre Nole è solo “rispettato” o “temuto”, è in generale tutto quello che gira intorno al serbo un po’ trascurato. Quello che succedeva e succede quando si parla di Ivan Lendl, uno che a Djokovic è spesso paragonato: forte, fortissima, un fenomeno, ma nel cuore sono rimasti più Becker o Edberg, della sua generazione. Perchè? Valli a capire i sentieri del cuore e del tifo. E dunque? Per avere il giusto merito, Novak avrebbe bisogno di quello che Nadal è stato per Federer, una nemesi, insomma. Perchè un eroe ha sempre bisogno di un nemico, e viceversa. 

Luigi Ansaloni

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