Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
TENNIS – Di Diego Barbiani
Fine stagione, come sempre tempo di bilanci. Il circuito WTA ha chiuso i battenti dopo le Finals di Singapore e prima di riaprire le porte nel 2016 ci lascia il tempo di riflettere su quanto accaduto in stagione, analizzando in questo caso le partite più belle.
C’è una circostanza che vale la pena chiarire: non sarà in classifica la vittoria di Roberta Vinci su Serena Williams a New York, nonostante la bellezza del gioco che l’azzurra fu in grado di esprimere quel giorno. Il motivo è: la sorpresa, il ‘terremoto’ causato da quel risultato è 100-1000 volte più grande alla qualità dell’incontro stesso. E ci sono altre classifiche pronte per essere sfornate.
C’è poi una tennista che tornerà spesso nell’elenco delle partite: Angelique Kerber. La tedesca è stata artefice di un 2015 a due volti, ma da quando ha saputo cambiare pagina (ovvero dopo Miami, quando ha deciso per la separazione da Benjiamin Ebrahimzadeh per riabbracciare Torben Beltz, suo storico coach nei primi anni di professionismo) non solo ha messo le mani su quattro trofei, più di quanti ne aveva ottenuti in precedenza in carriera, ma è stata una presenza fissa nelle partite che poi si sono rivelate davvero appassionanti.
Il suo pregio è di essere una grandissima combattente: quando una giocatrice entra in campo contro di lei, sa che per vincere un punto, un game, un set, dovrà faticare 3-5-10 volte tanto. A parte quei primi tre mesi dell’anno piuttosto difficili dove comunque ha lasciato il segno come a Sydney quando è scesa in campo dopo mezzanotte ed ha perso il primo set per 8-6 al tie-break contro Daria Gavrilova finendo sotto di un break anche nel secondo. Erano ormai le due del mattino, entrambe cominciavano a trascinarsi in campo dalla stanchezza, eppure con uno sforzo degno di nota ha capovolto il match fino al 6-3 finale alle 3:10 del mattino. Un altro, la solidità da fondo campo: molti pensano che sia solamente una giocatrice difensiva. Non è esattamente così. Ha nei recuperi una caratteristica importante, però è sempre ancorata alla linea di fondo. Fa muro alle volte, ribatte tutto provando quasi divertimento a sfidare l’avversaria che deve elevare il suo livello fino a picchi molto alti per reggere il confronto. In tutto questo, però, c’è anche la straordinaria capacità di ribaltare lo scambio con le angolazioni del giocatore mancino o giocando un colpo inginocchiandosi come fa spesso la quasi-connazionale Agnieszka Radwanska.
Questi sono due piccoli spunti per capire come mai, da qui in avanti, delle 12 partite selezionate (ma la lista iniziale era ben più ampia…) la n.10 del mondo farà spesso capolino. Soprattutto, se non verranno inserite certe sfide è perché come già detto ci sono altre classifiche pronte per essere sfornate.
12) Kerber b. Karolina Pliskova 6-7(4) 6-3 7-6(5), Birmingham, finale
E’ il primo torneo su erba che Kerber ottiene nella sua carriera, al termine di una finale palpitante. In tutti i tre set si ritrova al servizio per chiudere il parziale ma subisce sempre il ritorno di Pliskova, che in quella settimana a Birmingham stava giocando in maniera praticamente perfetta. Ci voleva una tedesca in formato super per venire a capo di un match così difficile, e quel giorno fu forse la più importante prova di come con il cambio di coach non solo ha lavorato tanto a livello fisico (è molto più asciutta rispetto anche solo ad un anno fa) ma ha anche imparato a prendere molti più rischi e non rimanere solo a ‘subire’ lo scambio in maniera passiva. I tredici vincenti a sette del secondo set sono il dato che più evidenziano questo fattore. Una metamorfosi che non doveva cambiare radicalmente il suo modo di giocare ma solo aggiungere una freccia importante al suo arco.
11) Kerber b. Karolina Pliskova 6-3 5-7 6-4, Stanford, finale
No, non è uno scherzo. Quel giorno Kerber otteneva il quarto alloro stagionale al termine di una finale ancora più difficile di quella precedente. La potenza dei colpi di Pliskova è da aver paura di mettere la racchetta, Angelique quel giorno ha ribattuto colpo su colpo senza mai accettare l’idea di poter fare un passo più indietro per controllare meglio la palla. Costretta spesso a colpi in controbalzo, ha saputo far sua la partita giocando un’infinità di passanti chirurgici o dritti vincenti in allungo, quelli in cui il suo urlo aumenta di decibel nel momento in cui nota che l’avversaria non potrà arrivare sulla palla. “Spero di non incontrarti mai più in finale” disse sorridendo Pliskova, durante la premiazione. E dire che anche lei, nonostante tutte le difficoltà di quel giorno nel trovare delle buone prime di servizio, ha giocato un match a ritmi pazzeschi.
10) Cibulkova b. Azarenka 6-2 3-6 6-3, Australian Open, ottavi di finale
Tornata da Kuala Lumpur a fine Aprile 2014, Dominika Cibulkova ha sofferto del problema al tallone che venne operato poi ad inizio marzo di quest anno. In Malesia, ha ottenuto la sua ultima finale a livello WTA e da lì ha ottenuto due vittorie di fila solamente in quattro circostanze: Roland Garros, Wimbledon, Tokyo e Sofia. Arrivata all’Australian Open 2015 era data per pericolante fin dal primo turno, con la cambiale pesantissima della finale ottenuta dodici mesi prima. Invece la slovacca ha ritrovato il ritmo giusto arrivando fino ai quarti di finale. Aveva messo a segno in tutto il torneo 118 vincenti, di cui 44 solo contro Azarenka. Il punto di contatto che hanno i tre set è che in ognuno la bielorussa si è trovata avanti 2-0. Da lì in avanti, nel primo parziale, è stata sommersa dalla valanga della sua avversaria, semplicemente ingiocabile. Nel secondo ha saputo pareggiare i conti ma nel terzo set ha ceduto al braccio di ferro ingaggiato, grazie anche ad alcune splendide soluzioni della sua avversaria.
9) Venus Williams b. Vinci 5-7 6-2 7-6(4), Wuhan, semifinale
Pensarci a fine agosto ci saremmo messi a ridere tutti quanti: Roberta Vinci che batte le sorelle Williams una dopo l’altra. C’è riuscita in maniera strepitosa con la prima, passando alla storia come chi le ha impedito di conquistare i quattro titoli dello Slam in una sola stagione, ci stava riuscendo anche con la seconda al termine di un match dai più volti: perfetto nel primo set, di grande sofferenza poi dall’inizio del secondo fino al 5-2 Venus, poi ancora con il folle finale. Il rovescio della tarantina faceva brillare gli occhi, un continuo colpo in back che diventava spesso ingiocabile per le avversarie. In quello stesso torneo aveva superato Petra Kvitova e Karolina Pliskova, stava riuscendo a capovolgere anche questo. Tra giochi di polso e discese a rete è arrivata fino al match point, mancato malamente proprio a causa di uno dei pochissimi errori di rovescio in back, purtroppo concentrati proprio nel dodicesimo game del set decisivo. Poi, nelle fasi delicate del tie-break, l’ormai celebre frase alla rivale che si stava prendendo un’enormità di tempo tra un punto e l’altro, apparsa in grandi difficoltà fisiche dall’inizio dell’ultimo parziale.
8) Karolina Pliskova b. Azarenka 4-6 7-6(7) 6-4, Brisbane, primo turno
Uno dei primi match della stagione è anche tra i più belli in assoluto. Era il ritorno in campo ufficiale di Victoria Azarenka dopo un 2014 nerissimo. Il suo ostacolo la giovane e talentuosa Pliskova. Un match che non è stato, come si potrebbe pensare, il solito braccio di ferro da fondo campo: entrambe muovevano tanto il gioco, evitando quasi la traiettoria centrale per evitare di perdere il
controllo dello scambio, arretrare un po’ ed essere punita dall’altra. La bielorussa stava giocando in maniera perfetta fino al 6-4 5-4. Ha mancato qui un primo match point ed ha ceduto la battuta, per poi cedere anche il tie-break mancando una seconda opportunità di chiudere il match. La qualità del match, però, era elevatissima. Azarenka cercava di prendere campo giocando il dritto in lungolea, Pliskova ribatteva colpo su colpo lasciando ogni volta basiti per la pulizia con cui la palla esce dalla sua racchetta. Ha poco da rimpiangere, la bielorussa, che sul 4-3 0-30 nel terzo set ha visto la ceca giocare un belissimo dritto ad uscire dal centro del campo, rimbalzato quasi all’altezza della metà campo. Poi ancora sotto 4-5, quando è salita sul 15-40 ma ha subito due lungolinea vincenti, un ace ad annullare una terza palla break ed un ulteriore passante di rovescio. Solo applausi.
7) Wozniacki b. Kerber 6-2 2-6 6-3, Tokyo, quarti di finale
Dopo un primo set molto difficile per la tedesca, dove non è mai entrata in partita, ci sono stati momenti (numerosi) in cui era un continuo susseguirsi di vincenti. Soprattutto a metà del terzo set, quando le due hanno deciso davvero di sfidarsi a chi giocasse meglio. Se non arrivava il punto con un’accelerazione definitiva, si assisteva invece ad uno scambio folle. Wozniacki bravissima a tener duro ed a placare l’uragano che si stava scatenando in campo, vincendo due game fondamentali di quasi 30′ in totale. Una volta ottenuto il break per il 4-2 nel set decisivo, ha trovato la sicurezza necessaria per non subire più attacchi ai propri turni di battuta.
6) Kerber b. Wozniacki 3-6 6-1 7-5, Stoccarda, finale
Il secondo titolo in stagione di Kerber arriva al termine di una settimana sensazionale. Neanche il tempo di presentarsi davanti alla stampa per la conferenza stampa di presentazione e subito viene leggermente caricata dalla pressione da Andrea Petkovic, che la vede come principale favorita per la vittoria al titolo. Lei, che veniva da un’esclusione in Fed Cup (come la connazionale) per un problema alla coscia che stava poi per rovinarle il torneo, lei che al secondo turno avrebbe dovuto affrontare Maria Sharapova che non aveva mai perso a Stoccarda. 2-6 7-5 6-1 alla n.4 del mondo e percorso netto fino alla finale dove, si è poi saputo, ha rischiato seriamente di non prendere parte per un problema alla coscia che l’ha poi rallentata fino a Parigi. Quel giorno, però, voleva a tutti i costi mettere le mani sul primo titolo in casa sua. Contro, una Wozniacki super, che in quei giorni aveva trovato un tennis molto efficace. Ne è uscita fuori una battaglia incredibile, con Wozniacki per due volte avanti di un break nel set decisivo, ma mai in grado di scappare. Sul 5-5 una scena quasi passata in secondo piano: Wozniacki manca il dritto, Kerber urla ma la voce viene coperta dal boato del pubblico. Non era un urlo di gioia. Almeno, voleva esserlo ma allungando la gamba infortunata ha avuto un riacutizzarsi del dolore. Stava giocando ‘sulle uova’ da ormai un set e sembrava essere alla fine delle forze. Ha chiesto all’arbitro che arrivasse il trainer per un’eventuale e successiva pausa, prima di dare tutto quello che ancora aveva. Al quarto match point, il classico schema servizio e dritto l’ha portata in paradiso. Forse il trionfo più bello della sua stagione.
5) Cetkovska b. Wozniacki 6-4 5-7 7-6(1), US Open, secondo turno
Non si può non citare l’impresa di Petra Cetkovska, quella sera (le 6 del mattino in Italia) senza prima ricordare un minimo chi sia questa sfortunatissima ragazza, dal talento puro inarrivabile per tantissime altre nel circuito ma vittima di una marea di infortuni gravi. Se si guarda al ranking che aveva in quella settimana, 148 al mondo, si rimane solo sulla superficie. Il braccio ed il talento valgono stabilmente le prime 20 del mondo. Una sensibilità di palla da far impallidire chiunque, capacità di variare dal colpo potente a quello in slice, recuperi in chop, drop shot e pallonetti con una facilità imbarazzante. Non per nulla, è una delle pochissime ad avere record positivi con le top-10 pur non avendo mai varcato la soglia delle prime 25 al mondo. Quella sera fu straordinaria la volontà di portare a casa un match dominato fino al 6-4 3-0 30-0 eppure arrivato ad un passo dall’eliminazione. Quattro vincenti uno più ridicolo dell’altro su quattro match point e le lacrime che scorrevano dopo l’ultimo punto a testimoniare quella che è stata (purtroppo, per certi versi) l’impresa più bella della sua vita. Lei che poteva ambire a traguardi decisamente più alti. Pensare però che da agosto dello scorso anno a quello di quest anno ha giocato appena quattro mesi e con scarsi risultati, battere la n.4 del mondo in uno Slam è stata comunque un’impresa che merita applausi.
4) Radwanska b. Muguruza 6-7(5) 6-3 7-5, WTA Finals, semifinale
Dopo quattro sconfitte su altrettanti incontri nel 2015, ad Agnieszka Radwanska riesce il ‘colpo gobbo’ proprio all’ultima opportunità, in quello che poi è stato il match più bello dell’intera settimana delle Finals, giocato con intelligenza e lasciando spesso partire soluzioni tecniche assolute, tra smorzate e pallonetti, o back difensivi di rovescio che si tramutavano in vincenti. La partita che ha messo le basi, se vogliamo, per il successo in finale poi su Petra Kvitova.
3) Schiavone b. Kuznetsova 6-7(11) 7-5 10-8, Roland Garros, secondo turno
E’ bello partire da una frase di Schiavone in conferenza stampa: “Ho perso quel primo set così, ma mi ero promessa che se avesse voluto vincere anche gli altri due glieli avrei fatti sudare fino alla fine”. Seconda partita-fiume con Svetlana Kuznetsova in uno Slam, dopo la maratona vincente in Australia. Qui siamo arrivati ‘appena’ alle 4 di gioco, ma il livello del match fu incredibile. Due ex campionesse del Roland Garros (2009 la russa, 2010 l’italiana) che si davano battaglia sotto ogni dettaglio, mettendo in campo tutto il proprio estro e la propria fantasia. Poteva (e forse, chissà, magari in un altro universo sarebbe successo) finire in parità, ma come è banale ricordare non esiste la parità in questo sport ed una delle due ha dovuto prevalere sull’altra. Non c’è riuscita Kuznetsova, nonostante i quattro tentativi di servire per il match andati a vuoto. C’è riuscita Schiavone, che continua a regalare emozioni anche alla soglia dei 35 anni. D’altro canto, Kimiko Date Krumm a 45 anni ha appena dichiarato di voler continuare ancora…
2) Kerber b. Radwanska 4-6 6-4 6-4, Stanford, quarti di finale
Questa partita sarebbe stata la prima assoluta, non fosse per quella che la tedesca perse da Azarenka a New York. E’ dura esprimere con poche parole cosa accadde in quella serata a Stanford, per una volta il consiglio migliore è forse quello di guardare gli highlights e farsi trascinare dai colpi fenomenali di entrambe.
1) Azarenka b. Kerber 7-5 2-6 6-4, US Open, terzo turno
Quest anno Kerber ha avuto molta sfortuna negli Slam. Australia a parte, dove non era in condizione e fu battuta da Irina Camelia Begu, ha trovato due volte Garbine Muguruza ed una volta Azarenka. In quel pomeriggio di New York, poi, c’erano tutte le premesse per un incontro da urlo, con entrambe al massimo della condizione fisica e capaci di esaltarsi l’una dal gioco dell’altra: Azarenka in pressione costante nel tentativo di scardinare il muro avversario, Kerber che teneva in campo qualsiasi palla per attendere il momento buono
per girare lo scambio e cercare il vincente. Poteva accadere subito, dopo tre colpi, dopo cinque, ma quel momento prima o poi arrivava. Fu qualcosa di incredibile, da finire con la pelle d’oca. Forse la tedesca meritava di più, dopo lo sforzo incredibile per annullare quei cinque match point uno meglio dell’altro, meritava almeno una chance per il 5-5. Brava la bielorussa, in questo caso, a mantenere saldi i nervi. Poi, anche qui, sono solo applausi.