Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
TENNIS – US OPEN – Roberta Vinci è stata sconfitta in finale dall’amica Flavia Pennetta. Ma ciò che ha realizzato in questo Us Open è storico. Non solo per noi italiani ma per tutti gli appassionati che hanno ammirato le vittorie di una tennista davvero speciale. Come ha dimostrato contro Serena Williams.
La semifinale dello Us Open vinta da Roberta contro la dominatrice del tennis mondiale è stata molto di più di una semplice vittoria di una outsider di fronte alla favoritissima. E non è stato un successo fondamentale solo per il tennis italiano: certo, noi non dimenticheremo mai il 12 settembre 2015, che ci ha regalato la prima finale slam tutta tricolore. Ma, oltre a questo, c’è qualcos’altro. C’è la felicità di aver visto una giocatrice anomala nel panorama piuttosto piatto del tennis femminile attuale mandare totalmente in palla l’atleta che rappresenta al massimo le caratteristiche dominanti delle racchette odierne.
Roberta Vinci non ha mai voluto ascoltare le sirene della contemporaneità che invitano troppo spesso all’omologazione, alla semplificazione, alla ricerca del successo facile. Troppo spesso abbiamo sentito dire che la tarantina non avrebbe mai potuto competere sui grandi palcoscenici per ‘colpa’ del suo tennis anacronistico, della sua insistenza ad usare lo slice e a cercare la rete, della sua precipitazione nell’abbandonare appena possibile la riga di fondo; e quante volte abbiamo sentito dire che avrebbe fatto meglio ad adattarsi come quasi tutte al gioco odierno, perlopiù arrotato, difensivo e ultrapotente. Eccovi serviti, stolti e sprovveduti. Perché è proprio grazie al suo tennis che non rinnega la tradizione, sembra provenire da un’altra epoca e non accetta in toto le logiche odierne, che la Vinci ha potuto compiere l’impresa inimmaginabile. Sconfiggere l’imbattibile Serena, nel torneo di casa, ad un passo dal sogno del Grande Slam che ormai tutti quanti davamo per scontato: quanta leggerezza, che capacità strategica, quale spaventosa audacia intellettuale.
Un’impresa meritatissima che premia l’intelligenza, la tenacia, la discrezione della tennista italiana, troppe volte poco considerata come singolarista anche dagli addetti ai lavori nostrani. Roberta non ha rifiutato il tennis moderno: ha saputo migliorare il diritto e il servizio, armi sempre più fondamentali in quest’epoca; è migliorata dal punto di vista atletico, diventando nel corso degli anni più rapida, reattiva. Ma non ha mai pensato di snaturare il suo gioco basato sullo slice e i rallentamenti, sugli attacchi in controtempo e le palle corte. Non le è mai passato per la testa di anteporre la forza bruta al tocco; di utilizzare la sciabola al posto del fioretto; di preferire la strada sicura del gioco monotematico alla via incerta della varietà. Questo non per essere diversa, ma semplicemente se stessa. Perché in questo modo arrivano le maggiori soddisfazioni: viaggiando sulle rotte non segnate dalle carte geografiche si conoscono terre sconosciute, incuranti delle prese in giro, delle spallucce, delle perplessità di coloro che seguono la strada maestra. E così è riuscita, nonostante i vari ostacoli e alcune ferite, a farsi valere anche in uno stadio così importante come quello di Flushing Meadow, a fare impazzire la numero uno del mondo e a raggiungere un traguardo incredibile.
Proprio nella semifinale contro la Williams si è verificato il momento più memorabile, sul 3-3 del set decisivo e in un punto molto delicato: la numero uno del mondo ha tirato fuori un eccezionale diritto incrociato che sembrava imprendibile: invece la tarantina non solo c’è arrivata ma ha estratto dal cilindro un diritto mozzafiato che ha costretto la statunitense alla difesa; subito dopo l’italiana ha attaccato come al solito con il suo meraviglioso rovescio tagliato e ha chiuso lo scambio con una vole’.Il punto di svolta del match, quello che probabilmente ha dato la vittoria alla pugliese delle meraviglie e che l’ha consegnata alla Storia. Uno scambio che ha portato giustamente la Vinci a rivolgersi al pubblico con l’ormai celebre: “Applaudite anche me, C..!”. Già, come se volesse dire a tutti: “Davvero siete tanto ciechi? Possibile che preferite una sgraziata picchiatrice ad un’elegante spadaccina?”
Noi applaudiamo, Roberta. Non possiamo fare a meno di applaudire. Perché con il tuo tennis bello e antico sei la testimonianza vivente della bellezza che non può essere sempre sconfitta dalla potenza, dalla volgarità, dalla prepotenza di chi sa colpire più forte e muoversi più velocemente. Perché con il tuo sorriso e il tuo pudore hai saputo zittire le urla becere e rabbiose che regnano oggi incontrastate. E ti applaudiamo anche quando perdi, come è successo nella finale vinta dalla meravigliosa Flavia Pennetta, autrice a sua volta di un torneo straordinario e di un successo storico e meritato, giusto coronamento di una splendida carriera. E alla fine di queste righe poco meditate e forse scritte male, non possiamo che dirti solo questo, in modo banale ma sincero: grazie Roberta. Grazie di tutto.