Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
TENNIS – Di Giancarlo Di Leva – Era l’8 agosto 2014 quando Eugenie Bouchard, all’esordio nel torneo di Montreal in uno stadio traboccante pronto a osannare la beniamina di casa, subì una sconfitta cocente contro Shelby Rogers, che vinse 60 26 60. Da quel giorno l’americana ha perso 5 incontri su 6 contro le top 10 e ha un misero bilancio generale di 15 vittorie e 13 sconfitte.
La Bouchard era reduce dalla prima vittoria in un torneo (Norimberga) ma soprattutto da un’incredibile striscia nei tornei dello Slam (semifinale agli Australian Open e al Roland Garros e finale a Wimbledon) anche se in quest’ultima circostanza pagò a caro prezzo lo scotto della prima volta in un occasione così importante, piegandosi senza condizione alla Kvitova che le lasciò appena tre game subendo un ‘bagel’ nel secondo set.
Contro la Rogers all’esordio nel torneo di casa, di fronte alla n.113 del mondo che poi avrebbe perso nel turno successivo dalla Wozniacki per 6/1 6/0, Eugenie si ritrovò improvvisamente impaurita, confusa, disarmata al punto da desiderare solo di uscire dal campo come apertamente dichiarato al proprio allenatore a fine primo set, non sopportando la responsabilità che in quel momento sentiva di fronte ad uno stadio gremito che si aspettava di vederla vincitrice.
Ebbene quell’incontro deve aver lasciato il segno nella giocatrice canadese che da allora ha inanellato una serie incredibile di risultati deludenti, non in linea quelle che erano state le premesse. Il bilancio dei match disputati da allora ad oggi è stato di quindici vittorie e tredici sconfitte. La canadese è apparsa arrendevole e talora inadeguata negli incontri disputati contro le top-10, a conferma di una mancanza di fiducia, prerogativa che spensieratamente certo non le era mancata prima di quel 6 agosto.
Da allora infatti la giocatrice canadese ha incontrato sei top-10 vincendo solo con la Wozniacki nella semifinale di Wuhan ma perdendo nettamente gli altri cinque match.
Wuhan 2014 – Finale – Kvitova 3/6 4/6
Wta Finals Singapore 2014 – RR – Halep 2/6 3/6
Wta Finals Singapore 2014 – RR – Ivanovic 1/6 3/6
Wta Finals Singapore 2014 – RR – S.Williams 1/6 1/6
Australian Open 2015 – Quarti di finale – Sharapova 3/6 2/6
Di fronte a questa improvvisa crisi la tennista canadese ha cambiato coach sostituendo il fedele Saviano con il francese Sumyk, che portò Azarenka a diventare n.1 del mondo, ma ciò non è finora bastato ad arginare una caduta libera. Dopo gli Australian Open c’è stata una serie di misteriosi forfait alla vigilia di eventi importanti come l’incontro di Fed Cup con la Rep.Ceca, i tornei di Dubai e di Monterrey, ma anche di sconfitte inattese come con la Barthel (n.42) ad Anversa (4/6 6/1 6/2), con la Tsurenko (n.85) a Indian Wells (6/7 7/5 6/4) e soprattutto a Miami con la qualificata tedesca Maria (n.110), che si è imposta per 6/0 7/6 perdendo poi con la giovane Bencic nel turno successivo.
Eugenie è esplosa in modo deflagrante nel 2014 e catapultata tra le top-10 (al n.5) dal n.32 che occupava alla fine del 2013 e addirittura dal n.144 alla fine del 2012. Le qualità tecniche della giocatrice canadese sono fuori discussione ma è pur vero che per stazionare con disinvoltura e quindi stabilmente nell’elite del tennis moderno e per non disattendere le tante aspettative createsi, è necessario avere una maturità mentale che probabilmente Eugenie, salita alla ribalta troppo in fretta, a ventuno anni ancora non possiede.
Sarà la terra rossa a consentire alla giovane Eugene, che ha già fatto la storia del tennis canadese al femminile, di ritrovarsi? Lo verificheremo a Charleston, dove lo scorso anno giunse in semifinale e giusto ieri sera è stata annunciata ai nastri di partenza con una wild card.