TENNIS – AUSTRALIAN OPEN – DI RICCARDO NUZIALE – Nel secondo turno di lusso tra ex n.1, la bielorussa domina Caroline Wozniacki per 64 62. Dopo un anno tribolatissimo, si è finalmente rivista la vera Vika. Melbourne è casa sua e ora gli occhi sono tutti proiettati verso il possibile quarto contro Serena.
La gioventù è un privilegio non concesso a tutti. In anni dove la tendenza è quella di coccolare ogni risultato discreto delle stelle vergini come i cancelli paradisiaci di una nuova era, Victoria Azarenka e Caroline Wozniacki appartengono a una generazione in cui adolescenza significava già grande tennis. La danese a 19 anni era già in finale agli US Open, a 20 n.1 di fine stagione; la bielorussa a 19 si fece definitivamente conoscere lasciando 4 game nella finale di Miami 2009 a una certa Serena Williams, n.1 del mondo.
Non poteva che essere nel segno della precocità quindi questo beffardo e forse ingiusto sorteggio australiano, che ha voluto mettere l’una di fronte all’altra già al secondo turno. Troppo presto, ma non sono due giocatrici che non sanno aspettare, bruciare le tappe è il loro segno caratteristico. E lo si sapeva: con Vika fuori dalle teste di serie, una big era costretta a bersi il bicchiere di lava, ritrovandosela dopo pochi giorni di torneo.
E non un torneo qualsiasi. Il suo. Quello vinto nel 2012 e nel 2013, il suo finora unico regno Slam. Un regno interrotto bruscamente lo scorso anno, in quel quarto con Aga Radwanska dove la fatina del tennis illuminò il campo, aiutata però da un’Azarenka troppo spenta per essere vera, prestazione anticamera di un 2014 dilaniato da infortuni, assenze e rientri d’opacità.
E non è un caso che tutto ricominci qui, con un’avversaria che ha vissuto un simile iter di rinascita. Un secondo turno che sa di passaggio di consegne di resurrezione: Wozniacki è tornata ai livelli che le competono nell’estate statunitense, dove tutto ebbe inizio nel 2009, mentre il ritorno di Vika potrebbe essere qui, nella sua Melbourne.
Un match dominato dall’inizio alla fine dalla bielorussa, se non in una parte centrale del primo set dove la danese è riuscita a recuperare l’iniziale doppio break (0-3), riuscendo nell’aggancio con un 4-4 rocambolesco, riuscito con un recupero da 40-0. Ma il nono game, durato oltre otto minuti, è stato decisivo: non sfruttata la palla del sorpasso, la Wozniacki non ha saputo più riprendersi, sempre più schiacciata dalla pressione imposta dalla micidiale risposta dell’Azarenka (probabilmente la migliore del circuito dopo quella di Serena) e da terrificanti lungolinea che hanno spesso e volentieri scardinato la pur eccezionale difesa della bella Caroline, oggi incapace di trovare controffensive efficaci, se non sporadiche.
Un’Azarenka sorprendente, quella ammirata sulla Margaret Court, forse inattesa a questi livelli, vicinissimi (se non pari) ai suoi massimi. Una prestazione che cambia le carte in tavola, perché la sensazione guarda tutta verso una Vika libera da pressioni e allo stesso tempo estremamente determinata a riprendersi il posto che le spetta. Non si sente n.44 del mondo, e tutto il mondo sa che quel numero accostato al suo nome è una barzelletta. Si guarda il tabellone ora, sapendo di aver ritrovato una protagonista: Zahlavova Strycova, poi Cibulkova o Cornet. Poi Serena. Il match che tutti vorrebbero. L’oracolo che decreterebbe se si tratta di vera rinascita.
Oggi, senza sbilanciarsi troppo, è sembrato proprio così. L’australiana Vika vede solo intruse in casa propria.
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