di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
08 Set 2014 22:55 - US Open
US Open – Cilic re di New York: Nishikori demolito, primo Slam in carriera per il croato!
di Diego Barbiani
TENNIS – Di Diego Barbiani
NEW YORK. Il tuffo per terra, lo sguardo posseduto dalla gioia, le urla al cielo appena terminata la scarica di adrenalina. E’ la favola di Marin Cilic, il nuovo campione degli US Open, è il trionfo di Goran Ivanisevic che ha puntato ciecamente su di lui.
6-3 6-3 6-3 ad un Kei Nishikori che non è riuscito ad entrare nella partita se non a piccoli sprazzi. Comunque da applausi la sua corsa, che ha appassionato una nazione intera regalandosi un posto di primissimo piano nella storia tennistica giapponese.
Entrambi erano alla prima finale di uno Slam ed il dubbio maggiore era chi dei due si sarebbe sciolto prima. Il croato, salvata una palla game ad inizio match con uno dei tanti stupendi dritti della sua partita, ha poi cominciato a respirare e dal sesto game ha inserito tre marce in più. E’ cominciato il suo show con colpi vincenti a ripetizione contro un Nishikori sempre più abbacchiato e che non ha potuto opporre la minima resistenza. Era un Cilic ingiocabile, pauroso. Fino al 6-3 5-2 si stava assistendo ad un puro assolo croato, interrotto da un breve accenno di reazione del giapponese a cui però non ha saputo dar seguito.
Confrontare questo Cilic con quello degli anni passate creerebbe un senso di confusione non indifferente. E’ un altro giocatore, cambiato in tantissisimi aspetti e non solo in un servizio più deciso. La riprova è il punto ottenuto sulla palla break che gli ha dato il 3-1 anche nel terzo set. Da lì in avanti è tornato a dominare il suo avversario ed a concludere il suo sogno nella maniera migliore.
Al di là del risultato, la sensazione di una partita con poco pathos si è avvertita fin da quando i due hanno fatto il loro ingresso in campo tra le tribune dell’Artur Ashe ancora per gran parte desolatamente vuote. Cilic e Nishikori hanno entrambi meritato la finale, hanno sfidato il regime oligarchico che da dieci anni faceva terra bruciata sotto i propri piedi impadronendosi di tutto ciò che gli passava a tiro. Soldi, sponsor, prime pagine di giornali e riviste, fama, popolarità a mille. La loro vittoria su Djokovic e Federer prima ancora che su Tomas Berdych, Stan Wawrinka e Milos Raonic, è stata un evento storico: hanno aperto le porte ad un’era nuova, come diceva ieri il direttore Azzolini nel suo editoriale, hanno scritto una piccola parte di storia del tennis e ci sono riusciti meritando ogni quindici conquistato. Il mondo del tennis invece è sembrato non essere pronto ad un evento simile, assuefattosi ad annate di vacche “grasse” e di colpo risvegliatosi con un giapponese ed un croato nella finale di un torneo dello Slam. Si è cercato il motivo della caduta dei due giganti, chiedersi continuamente cosa fosse andato storto per due debacle pesanti così ravvicinate, senza quasi rendersi conto che le loro prestazioni erano solo la conseguenza di un tennis di altissimo livello espresso da chi poi ha meritato in pieno di essere in campo oggi per giocarsi il trofeo. Purtroppo però Cilic si è dimostrato semplicemente mostruoso ed il risultato è stato quello di una non-partita, o almeno di uno spettacolo unilaterale.
Grandi meriti della rinascita del croato, che dodici mesi fa stava pagando un errore di leggerezza con una controversa squalifica per doping di 9 mesi (ridotta a 4), sono di Goran Ivanisevic. Il nuovo coach come tanti altri tennisti (Federer in primis) ha sempre creduto alla buonafede del suo giocatore. Cilic sbagliò a non prestare attenzione all’etichetta di quella barretta di glucosio contenente la creatina, ha pagato con la squalifica ma non per questo è da considerarsi un giocatore “sporco”. Questo è il pensiero del vincitore di Wimbledon nel 2001, l’uomo della risalita di Cilic, passata attraverso il cambio di mentalità e facendogli capire che essere alti quasi due metri deve essere un’arma letale, o quasi. Riguardo alla battuta si esprimeva anche duramente: «E’ una vergogna, una vergogna per la Croazia». Questo però fa parte del suo carattere, lui che ha conosciuto il Cilic tennista molti anni fa quando, ancora giovane, già ne intuì le potenzialità. Già nel 2010, dopo la semifinale all’Australian Open, Goran dichiarò: «Datemi Cilic e gli farò fare il salto di qualità», questo era il suo discorso perpetuato negli ultimi quattro anni. Forse neppure lui pensava ad un exploit di questo livello, molto del merito però è stato fatto anche da Cilic stesso, che ha così imparato a fare molto male con il servizio, il resto è venuto di conseguenza visto già l’ottimo rovescio bimane anticipato che da sempre uno dei suoi punti di forza.
Non è riuscito Nishikori a regalare l’ultima grande gioia dopo due settimane incredibili, in cui sembrava non dovesse neppure esserci per via del dolore al piede che lo attanagliava da inizio Agosto. Michael Chang sta portando avanti il suo progetto in maniera egreggia e nei successi contro Raonic, Wawrinka e Djokovic, si è visto quell’anticipo sui colpi e quel lavoro dei piedi che in campo sembrava quasi volare. Oggi, come detto, è stato sovrastato dall’avversario ma grazie a questo risultato, potrà guardare con fiducia al finale di stagione: la qualificazione al Master ormai è molto più che un sogno, a patto che il suo fisico riesca a dargli tregua. La gioia per la prima finale Slam però non deve smorzarsi: è entrato di prepotenza nella storia del tennis giapponese rispolverando record vecchi di (almeno) ottanta anni. Nonostante la sconfitta, in patria lo accoglieranno da eroe dopo che un po’ tutti si sono fatti coinvolgere dalla “Nishikori-mania”. Il suo telefono scottava dopo la vittoria su Djokovic, eppure in Giappone erano le 4 del mattino. A Matsue, suo paese Natale, hanno fatto un tifo indemoniato durante tutta l’ultima settimana con un maxischermo posizionato nel centro cittadino. Persino tra i politici giapponesi c’era grande interesse nei suoi risultati, gli stessi che quando decise di andar via dal Giappone per inseguire il suo sogno di diventare tennista professionista lo additarono di essere anti-giapponese. Ora forse, il suo desiderio di cambiare le consuetudini sportive di un paese troppo centralizzato su calcio e baseball, sarà ancora più vicino alla meta.
Siamo entrati in una nuova era, perlomeno ci stiamo affacciando con sempre maggiore sensibilità ad un tennis con più personaggi in cerca di un titolo. Fin dal prossimo torneo i tre mostri sacri vorranno tornare a monopolizzare l’attenzione, ma dopo l’Australian Open con la vittoria di Wawrinka è arrivato un nuovo segnale potente e prepotente ed a guadagnarci, in fondo, non può essere che il ritorno di un tennis dai risultati imprevedibili. In attesa di verificare con mano quello che ha in serbo il futuro, Cilic si sta coccolando quel trofeo, la sua gioia più grande dopo anni spesi come comprimario. E riderà quando avrà realizzato cosa è stato in grado di fare, eccome se riderà.