Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
TENNIS – MONTREAL – DI RICCARDO NUZIALE – La n.1 del mondo Serena Williams impiega 2 ore e 40 minuti per raggiungere la semifinale di Montreal. Merito di una Caroline Wozniacki che ha confermato il grande momento di forma, figlio forse di una rinnovata tranquillità interiore. 4-6 7-5 7-5 per Serena, che potrebbe trovare domani la sorella Venus.
8 agosto. Una data, memorie diverse. Due ricordi a loro modo storici che per Serena Williams e Caroline Wozniacki significano sapori diversi. L’8 agosto 1999 la fuoriclasse statunitense si macchiò di una sconfitta che tutt’oggi rimane unica: contro Lindsay Davenport e Corina Morariu, perse la finale del torneo di San Diego per 64 61. Quella rimane l’unica finale persa in carriera dalle sorelle Williams in un evento del circuito maggiore (su 22 atti conclusivi disputati).
L’8 agosto 2008, invece, per la prima volta il candido e solare sorriso di Caroline Wozniacki ha illuminato la premiazione di un torneo. Stoccolma, dominata in semifinale Agnieszka Radwanska 64 61 e in finale Vera Dushevina addirittura 60 62. Primo titolo WTA a 18 anni. Risultati che in quest’ultimo periodo le sono tornati familiari: ha vinto il torneo di Istanbul annientando la Mladenovic e la Vinci nelle ultime due partite, è arrivata nei quarti di questo torneo a lei molto caro, vinto nel 2010, costringendo le avversarie all’elemosina. Di più: a Wimbledon e Istanbul ha ridimensionato fortemente i piani di conquista delle nuove stelle del tennis mondiale, Ana Konjuh e Belinda Bencic. 63 60 alla prima, bicicletta alla seconda. A ricordare che sì, è giustissimo esaltare questo nuovo gruppo di tenniste che nel giro di pochi anni conquisteranno il tennis femminile, ma lei non era da meno: a 19 anni era in finale a New York, a 20 era numero 1. Poi si è persa, lentamente, quasi silenziosamente. Ma certi traguardi non si cancellano. E soprattutto non è finita: il fatto che la vediamo ormai da molti anni ad alti livelli, ci fa forse dimenticare che ha da poco compiuto 24 anni. Di errori tecnici e scelte sbagliate il passato della danese non è esente, tanto che ancora oggi gli appassionati la considerano di diritto candidata per il titolo di peggior n.1 della storia. Ma il passato, per quanto costantemente vivo, lo si può coprire col presente, e soprattutto con le ambizioni del futuro. Il tennis può ancora dare tanto alla Wozniacki, e viceversa.
8 agosto 2014. Serena Williams non è mai battuta, se non dopo l’ultima pallina posatasi sul terreno a suo sfavore. Forse nemmeno allora. Figurarsi quindi se sul 64 43 e break la partita poteva essere considerarsi finita. Eppure i problemi erano lampanti: per demeriti suoi, certamente, troppi gratuiti dati da eccessiva fretta e cattivo posizionamento, ma anche perché dall’altra parte della rete c’era una giocatrice come non la si vedeva da tempo contro avversarie di questo livello: l’immancabile solidità difensiva, ma non solo quello. Un rovescio ficcante, profondo, violento; un dritto debole (lo è sempre stato), ma difficilmente piegabile; fatto forse inedito, un servizio vario che ha fatto penare non poco la n.1, la migliore anche in risposta ma che oggi non sembrava trovare punti di riferimento. Fino al 64 43 due solo break erano andati a segno. Nel quinto gioco del primo set, con Serena orfana di prima e spettatrice non pagante del magnifico dritto lungolinea per il 15-30; nel primo del secondo parziale, con l’americana suicida con gratuito e doppio fallo dopo aver rimediato allo 0-30.
Ma come dicevamo con Serena non è mai finita, è bastato il fuoco nel braccio per qualche minuto, il tempo di rifilare 10 quindici di fila all’avversaria, e dal 2-4 15-30 si è ritrovata 4-4 40-0. Nel dodicesimo game la Wozniacki non è riuscita a dare ai due servizi e dritto (per lei impresa più unica che rara) il paradiso del tie-break, cedendo al primo set point.
Sembrava finita, soprattutto dopo l’immediato break di Serena per il 2-0 (7-1 dal 2-4), ma né la Williams né la Wozniacki erano d’accordo. Tra le due la più nervosa continuava ad essere la statunitense, che ha infatti restituito subito il break giocando un pessimo game, dando inizio a un frangente di continui strappi qualitativi, accelerazioni straordinarie e sciocchezze non degne di lei. La danese è stata invece sempre lucidissima, sia tatticamente a muovere la Williams e affondare quando possibile (e oggi lo ha fatto più volte), sia mentalmente, non uscendo mai dalla partita.
Le difficoltà al servizio, soprattutto con la seconda, sono col tempo però diventate sempre più insormontabili: recuperato un secondo break nel settimo gioco, nulla ha potuto nel dodicesimo, dove Serena ha buttato i primi due match point con risposte di pura, ansiogena fretta, ma chiuso al terzo.
Per troppo tempo Caroline Wozniacki si è sentita addosso il vestito dell’ex. Ex n.1. Ex fidanzata di McIlroy (della cui vicenda dai malcelati contorni sessisti si è già ben occupata la nostra Rossana Capobianco). Ex di tutto. Ora è libera, di tutto, e si vede. Come la reginetta decaduta di dylaniana memoria, quando non hai nulla, non hai nulla da perdere. La dolce Caroline andrà a correre la maratona di NY. Sola tra tutti, a ritrovare se stessa. Ci sta riuscendo.
E ci scusiamo se per una volta non ci siamo soffermati sulle gesta della grande Serena, di cui purtroppo si parla seriamente solo in caso di sconfitta (maledetti giornalisti).