di SALVATORE SODANO Queste grandi competizioni internazionali a squadre al femminile, la prima fondata nel 1923 come “Wightman Cup”, equivalente della “Coppa Davis”, con nuovi format e denominazioni, si disputano da oltre un secolo. La prima, che prendeva la denominazione dal nome della grande signora del tennis americano Hazel Wightman, fu disputata sin dal 1923 […]
TENNIS – US OPEN – DI DIEGO BARBIANI – Stavolta è bastato, più avanti chi lo sa. Stan Wawrinka ha battuto 6-2 7-6(6) 7-6(3) Jiri Vesely superando il primo turno dello US Open 2014, al prossimo ostacolo lo svizzero avrà di fronte Tomaz Bellucci che ha superato in tre set Nicolas Mahut. Eppure ci sono tanti “però”.
Continua la sensazione di avere davanti agli occhi un giocatore molto altalenante, capace di non tenere un ritmo costante di gioco durante tutti i parziali. Era qualcosa che il Wawrinka di un tempo era abituato e che l’arrivo di coach Magnus Norman aveva saputo nascondere. Ora quel germe si sta facendo largo, cercando di disattivare le difese dello svizzero e di riaffiorare anche quando le partite sembrano sorridere al n.4 del mondo.
Dopo un primo set in assoluta tranquillità, giocato sciorinando ogni colpo possibile dal suo arsenale, Wawrinka ha smarrito lentamente la giusta strada. Molti sono i suoi demeriti, soprattutto dopo aver mancato sette occasioni per prendere un break di vantaggio. La partita non dava troppi segnali di vita, nel senso che fino al 6-2 1-0 0*-40 per lo svizzero sembrava di assistere ad un (bellissimo) monologo. Il ceco, fisicamente ben impostato per giocare su questi campi, avrebbe forse potuto fare qualcosa in più al servizio ma veniva puntualmente perforato dalle saette lanciate dall’altro lato del campo. Eppure di quelle palle break non ne è stata convertita una e lì qualcosa ha cominciato ad incrinarsi.
Wawrinka è un giocatore che più di altri ha bisogno di essere a posto mentalmente. Ha bisogno di calma, lucidità ma soprattutto fiducia e concentrazione. Non a caso in Australia, durante quelle sue due settimane magiche, negli ultimi match si indicava sempre il cervello per celebrare i suoi successi. E’ tutto un fattore mentale: se la psiche è libera da cattivi pensieri, il suo tennis è una meraviglia per gli occhi; se non lo è, allora le cose cominciano a complicarsi. Oggi, puntualmente, dopo tutte le occasioni sprecate ha giocato un game disastroso sul 4-4, steccando due volte e cedendo la battuta senza quasi rendersene conto.
Il più delle volte, poi, per riprendersi da questo vortice negativo ha bisogno di qualche cazzotto preso dal proprio avversario, o qualcosa che gli dia una scossa e lo faccia reagire. Stavolta è arrivato un passante di dritto da fuori dal campo per il riaggancio. Da lì si è entrati in lotta e per un set e mezzo i due sono andati avanti a braccetto, non mostrandosi mai in grado (le colpe maggiori sono soprattutto dal lato dello svizzero) di poter staccare l’avversario.
Alla fine l’ha spuntata comunque lui, tra mille pensieri, sguardi ed urla di imprecazioni. Se ne è dette tante durante l’ultimo parziale, dal rispondere meglio al perché stava facendo così male. Non certo l’esordio che avrebbe sperato, in un torneo per lui molto importante perché teatro lo scorso anno (e nel 2010) della scalata fino alla semifinale. Sono in ballo tanti punti, ma all’orizzonte si avvicina sempre più la semifinale di Davis contro l’Italia e mentre lui si dimenava contro Vesely, Bolelli raccoglieva lo scalpo di tutto rispetto di Vasek Pospisil. Emozioni diverse, umori contrastanti ed una condizione che, per lo svizzero, dovrà necessariamente fare qualche gradino in su.
Il fatto che sono in tanti, tra i migliori giocatori del momento, ad avere una fase di rendimento altalenante può far comunque sperare Wawrinka per il proseguo del torneo. La sua faccia, però, al termine del match, lasciava intendere che oltre alla vittoria oggi c’era ben poco da prendere.