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16 Mar 2014 12:00 - WTA
Pennetta, la trentenne di nuovo numero 1 d'Italia: lo dicono i risultati, non la classifica
di Rossana Capobianco
TENNIS – Di ROSSANA CAPOBIANCO – A trentadue anni, Flavia Pennetta è ancora tra le prime dodici giocatrici del mondo. A livello Slam la più dominante nell’ultimo anno tra le azzurre. Dall’abisso e lo sconforto a una rinascita che solo i cambiamenti e la passione permettono.
Chi te lo fa fare?
E’ una domanda che ci si pone spesso, nel corso dell’esistenza. A volte per sciocchezze, altre per situazioni parecchio importanti.
Dev’essere stata anche la domanda che si è posta, giusto un anno fa, Flavia Pennetta. Flavia che ha trent’anni, che si fa male e si opera al polso, Flavia che ha già dato molto al tennis e dal tennis ha ricevuto tanto. Che la sua storia l’ha già scritta, in fondo. Chi glielo fa fare, a più di trent’anni, di mettersi lì e girare il mondo a prendere mazzate a causa di un infortunio e degli anni che inesorabilmente passano senza chiedere scusa?
Un anno fa, alle porte di Aprile, dopo Indian Wells, la Pennetta si trovava intorno alla centocinquantesima posizione mondiale. Sfiduciata, iniziò a porsi quella domanda e a pensare al ritiro. “Faccio altri due Slam, Parigi e Londra, forse New York… vediamo come va, in caso meglio salutare”. Eppure, eppure. Eppure c’è qualcosa, spesso, nel cuore di uno sportivo e ancora di più di un tennista, che ti fa andare avanti. La visione romantica di se stessi sul campo, da soli: una palla e una racchetta e una vita dedicata a questo. Sacrifici, esistenza, ricordi: in ogni cosa, il tennis c’era. E’ stato causa, effetto, motivo che ha smosso il tuo mondo e lo ha creato. E’ la passione, in una parola. L’amore per quello che fai e che hai scelto di fare.
A minacciare tutto questo, però, la paura. E se mi faccio ancora male? E se non è abbastanza? I dubbi, così umani, troppo umani. Ma vai avanti comunque, ci provi. Arriva un’altra sconfitta sulla superficie nella quale sei cresciuta, in un torneo importante come il Roland Garros, contro la Flipkens. 6-0 al terzo set. Pesante.
Dopo un primo turno anche a Madrid e a Roma e una quasi miracolata semifinale a Strasburgo, si cerca miglior fortuna sull’erba. Macché: con un po’ di sfortuna a completare l’opera, becca una futura campionessa di Wimbledon al primo turno ad Eastbourne, ed è sconfitta facendo appena cinque game contro la Bartoli.
E’ proprio finita, siamo ai titoli di coda, sono stanca. Pensieri che immaginiamo affollassero la mente della brindisina che a quel punto, quindi, abbassa probabilmente aspettative e pressione su se stessa. A Wimbledon, grazie anche al ritiro sul suo cammino di Victoria Azarenka raggiunge gli ottavi di finale con una bella vittoria in rimonta sulla Cornet. Perde (ancora) dalla Flipkens che farà semifinale, perde male qualche giorno dopo al primo turno dalla Zakopalova in quella Palermo che l’aveva vista trionfare. Però arrivava dall’erba, ci vuole provare ancora. Semifinale a Bastad e dopo un’estate sul cemento abbastanza deludente arriva il capolavoro. Forse quello che è sempre stato il suo Slam, lo US Open. A New York Flavia ritrova se stessa.
“If I can make it here, I’ll make it anywere, it’s up to you New York, New York”.
Gibbs, Errani, Kuznetsova, Halep, Vinci. Semifinale. Sì, la stessa giocatrice che perdeva da Kiki Bertens in Marocco. Il tennis cambia e ti cambia. E’ sempre quel campo, sempre quella palla, sei sempre tu: ma poi c’è una magia in quel tentativo testardo e quasi disperato che viene sempre ricompensato. Le ripartenze. La sconfitta contro la Azarenka è inevitabile e chi se ne importa! Flavia Pennetta è di nuovo sulla strada giusta. Ha di nuovo quella bella sensazione di stare facendo quello che ha scelto di fare della propria vita. E lo sta facendo ancora a trentuno anni, dopo quel polso che pensava non potesse ridarle mai più il proprio tennis, dopo il coach di una vita che si saluta e uno nuovo che arriva, Navarro, che sa come prenderla. Che le dà nuovi stimoli.
La brindisina capisce l’importanza dei cambiamenti, la loro necessità. Per andare avanti, c’è bisogno di trasformarsi. E Flavia migliora anche il suo dritto, prima più ballerino e indeciso, ora decisamente più vario, non solo piatto, cercato meglio anche nei momenti di tensione. Ed è più matura, più esperiente.
Dal 150 al 31. Un bel salto nel ranking. Si può iniziare il 2014 con un altro piglio: detto, fatto. Quarti di finale in Australia, dove scopre anche un servizio rinnovato, una seconda più decisa e più sicura, dove sorride sempre e ricorda le cene con amici: senza il tennis non sarebbe successo niente. Invece adesso accade che perdo ai quarti di finale con la futura campionessa Li Na e batto agli ottavi una top ten come Angelique Kerber. Accade che ora dico no alla Fed Cup perché il momento delle più giovani, è il momento che io mi programmi bene e vada a Dubai a fare bene e a perdere sempre ai quarti con la futura campionessa del torneo (Venus Williams). E poi c’è il deserto, quel bel deserto californiano che è un’immensa oasi nella quale affronto tempeste di sabbia e vinco lo stesso. Perché ho 32 anni adesso e il vento mi asciuga soltanto, perché mi sento bene ed è ora di andare in finale, sono pronta. Batto anche Li Na che mi ha tennisticamente uccisa a Melbourne.
A livello Slam, dallo scorso anno, è la giocatrice italiana più dominante. Meglio anche di Errani e di Vinci. La finale di Indian Wells non fa altro che confermare che non c’è nessuna nel Bel Paese al momento migliore di lei, sebbene le azzurre siano in salute e tante, anche quelle che vengon su.
Quando Flavia ripensa a un anno fa, forse non si capacita di tutto quello che è accaduto; sa però quali sono i motivi e sa che ci sono magie che non ti puoi spiegare. Nessuno più di lei sa che ci sono momenti terribili, sul campo e non, che una volta superati ti rendono più te stessa, più convinta di esserlo. Capitoli che si chiudono e altri che si aprono. Questo, Flavia, è bellissimo. Inaspettato e meraviglioso.
«Flavia è una donna con le palle», disse Carlos Moya alla sorella Giorgia dopo la rottura e il chiarimento con la Pennetta, qualche anno fa, in un momento durissimo per lei e non sul campo. Il mondo del tennis se n’è accorto, una volta di più.
Indian Wells è il coronamento di un ritorno in grande stile: battere Stephens, Giorgi, Li Na e Radwanska (seppur non al meglio) è il premio perfetto a chi se lo merita. E ora si può sognare davvero.