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05 Mar 2014 18:00 - ATP
Crisi Ucraina: Stakhovsky racconta la disperazione, Dolgopolov abbraccia il suo popolo
di Diego Barbiani
TENNIS – Di Diego Barbiani.
Con l’occupazione della Crimea da parte delle forze militari russe ed il rovesciamento del governo nella capitale della regione indipendente, la situazione in Ucraina si fa sempre più preoccupante. La crisi del paese è entrata in una nuova e complicata fase, dopo che la caduta del governatore filo-russo Vicktor Yanukovych sembrava potesse portare un po’ di respiro alla popolazione. I tennisti ucraini stanno soffrendo tantissimo il non poter aiutare amici e parenti.
Nel loro paese ormai si vive alla giornata, con Vladimir Putin che ha condannato l’intervento contro lo stesso ex-governatore Yanukovych, fuggito nella ospitale Russia ma che ancora si crede governatore del paese ex URSS (e nel frattempo è ricercato per crimini contro l’umanità). Gli ucraini vogliono entrare nell’Unione Europea ma dal Cremlino si oppongono, non scartando la nefasta ipotesi di un attacco armato.
Alexandr Dolgopolov ha chiesto aiuto a Nadal, Djokovic, Murray, Dimitrov e Monfils per registrare un video che venisse diffuso nel tentativo di dare sostegno ed abbracciare, idealmente, tutte le persone che si stanno battendo per la conquista dei propri diritti (in fondo alla pagina abbiamo inserito il filmato).
Sergiy Stakhovsky su Twitter sta tenendo informati i suoi tifosi su tutto quanto accade nel paese natale. Lo stesso ventottenne di Kiev ha pubblicato (tramite il sito Sports Illustrated) una toccante lettera in cui ha lasciato parlare il proprio cuore. “La mia vita è fatta per il tennis – ha scritto – ma non posso non essere vicino alla mia gente. Devo scegliere un difficile compromesso”. “L’Ucraina – ha aggiunto – si è ribellata non perché aveva un accordo per entrare nell’Unione Europea, ma perché era stanca, non ce la faceva più a sopportare la corruzione dei magistrati, delle forze di polizia e dei legislatori” con un riferimento al biglietto da visita (venduto a 2.000 dollari) dell’ex capo della polizia ucraina dove lasciava i suoi contatti su un lato e la bandiera dell’Ucraina nell’altro. Bastava mostrare questa tessera alla polizia per salvarsi la faccia in caso di qualsiasi reato commesso.
Questo moto di ribellione ha iniziato a scorrere tra le piazze ucraine a fine Novembre: “La polizia antisommossa ha riversato tutta la propria furia sugli studenti. Ci hanno trattato come animali e noi abbiamo alzato la voce contro il governo [..] ma questi non volevano capire, facevano finta di nulla, non si curavano di noi e dei nostri problemi, non era certo difficile con tutti i soldi che guadagnavano”. Stakhovsky, che giorni fa su Twitter ha annunciato di non voler più rilasciare interviste a giornalisti russi per protesta contro la loro manipolazione delle informazioni, ha poi spiegato come nella off-season seguiva con grande attenzione i canali televisivi della Russia per capire come illustravano la situazione del suo paese. “L’80% di ciò che veniva detto era falso. La situazione era dipinta come grave ed ai limiti della rivolta civile, eppure quando sono stato agli inizi di Febbraio a Dnipropetrovsk per giocare la sfida di Coppa Davis contro la Romania era tutto ancora tranquillo. Ho convinto io il nostro capitano a venire, lui non voleva. Gli ho detto che tutto era sotto controllo ed ogni giorno l’ho accompagnato a vedere quante persone manifestavano a favore del governo: una centinaia, non di più. Le altre però vivevano la loro vita, non c’erano ancora stati cambiamenti”. Dopo è tornato a Kiev, a seguito del primo scontro tra le forze armate del governo di Yanukovych e quelle di difesa. Assieme a suo fratello andavano in piazza tutti i giorni e quello che vedevano era la calma e la tranquillità del popolo ucraino. “Cantavano l’inno tutti insieme, alla mezzanotte di ogni giorno”.
Gli abitanti di Kiev non volevano giungere al punto di non ritorno, facevano parlare le proprie idee in maniera civile, pur rimanendo fermi sulla loro volontà di entrare nella Comunità Europea. Questo però non era accettato da Yanukovych, che il 20 Febbraio ha inviato le proprie forze armate contro i manifestanti uccidendo 70 persone. “Nulla può valere quanto la vita umana” ha condannato fermamente Stakhovsky, “non il potere, non il denaro. Il prezzo che i miei connazionali hanno pagato è stato troppo elevato. Morivano nella speranza di un futuro migliore, [..] dove ci sia un presidente responsabile delle proprie azioni, che non viva come un miliardario con i soldi della gente, dove la legge sia l’unico arbitro di giudizio, dove la dignità sia ancora un valore importante e la corruzione non di casa”.
Con l’occupazione della Crimea da parte delle forze armate russe la situazione sta precipitando. “Forse eravamo convinti che eliminando Yanukovych potessimo iniziare a respirare aria di libertà, invece ora ci ritroviamo più soffocati che mai dal paese di cui più ci eravamo fidati”.
Come i suoi connazionali, chiede che venga utilizzato il ‘Memorandum Budapest’, un accordo politico firmato nel 1994 dove Kiev rinunciava al proprio arsenale nucleare sovietico firmando un accordo per la restituzione alla Russia con la firma su un trattato di non proliferazione (in cambio di ciò USA, Gran Bretagna e la stesso Russia si impegnavano a non minacciare con l’uso della forza o occupare con azioni militari il territorio ucraino). “In Russia ci dipingono già come “nazisti” o “terroristi”. Noi siamo solo dei patrioti”.
Stakhovsky infine ha rimarcato come la parte più difficile per lui sia assistere a tutto ciò da lontano. Molte persone hanno scritto messaggi di supporto, a lui ed alla famiglia. Saranno giorni molto difficili. Per lui, per Dolgopolov e per tutto il popolo ucraino. La lettera si conclude qui, senza allusioni ad un lieto fine, perché ancora il rumore degli scontri e la sofferenza del suo popolo sono lance che penetrano nella carne e finiscono dritte al cuore.