Dall’inviato a Melbourne, Luigi Ansaloni
Roger Federer ha battuto Jo Wilfried Tsonga (6-3 7-5 6-4 il punteggio) nel quarto turno degli Australian Open, centrando i quarti di finale del primo slam della stagione. Per lo svizzero si tratta dell’undicesimo quarto di finale consecutivo in terra australe. Non male. Questa è la cronaca spiccia del match, è quello che passerà agli annali, che ci sarà scritto nei libri di storia e su internet quando fra qualche tempo cercheremo statistiche e risultato. Ma la storia è un’altra, ed è ben diversa.
Quella che si è vissuta alla Rod Laver Arena, gremita in ogni ordine di posto, è una piccola resurrezione tennistica di un ragazzino straordinario che l’8 agosto compirà 33 anni. L’ennesima resurrezione, potremmo dire. Fino a qualche mese fa Federer sembrava un giocatore finito, assolutamente fuori fase. Perdeva, anche a causa di malanni alla schiena, al primo turno di Gstaad contro Brands e contro Robredo agli Us Open, giocando partite di infimo livello, per la sua classe (e non solo). Contro Tsonga Federer ha mostrato ancora una volta al mondo quel bagaglio pieno di spettacolo che Madre Natura gli ha generosamente concesso in un momento di infinita bontà oseremmo dire quasi biricchina. Ha incantato, lo svizzero, per lunghi tratti. Attaccava in controtempo, passava con il polso, i suoi colpi raccontavano una storia come nei momenti più belli. Non è una resurrezione sontuosa, come è stata ad esempio quella del 2012, quando riuscì a vincere Wimbledon e a tornare numero uno contemporaneamente. Non è tornato quello del 2004-2005-2006, quando c’era un dominio totale e senza precedenti rotto solo da Nadal. Ma è tornato. Nel suo piccolo forse, ma è tornato. Quella contro Tsonga era una partita più decisiva di quanto si creda: avesse perso, e male, probabilmente sarebbe stato il colpo di grazia, perchè sarebbe stata la certificazione che qualsiasi cosa avesse fatto da qui in avanti, ad un certo livello non ci sarebbe tornato nè ora nè mai. Capiamoci, non sarà mai più quello di 10 anni fa, ma già così il tennis ha ancora qualcosa di unico, di speciale, di diverso. Perchè è stato chiaro a tutti, sia per chi aveva la fortuna di vedere dal vivo sia per chi stava a casa davanti il televisore, che ancora oggi Federer riesce a regalare qualcosa di diverso. Non solo i colpi, ma anche una sensazione particolare che quasi non si riesce a spiegare. Avevamo ancora negli occhi il tennis di Nadal-Nishikori, così moderno e per certi versi anche bello. Vedendo Federer (e anche Tsonga, benchè il francese non era certo nella sua serata migliore), sembrava di vedere un altro sport. Ecco, è questo il punto, secondo chi vi scrive: questa diversità, magari non più sontuosa e vincente come prima, è da tenere stretta. Anche centellinata è comunque un qualcosa da tenere cara come una gemma preziosa. Chi vi scrive ha dei dubbi, dei fortissimi dubbi, per non dire la certezza, che Federer abbia anche una sola possibilità di vincere questo torneo. Adesso ha il K2 da scalare (che come gli alpinisti ben sanno, è molto più difficile da scalare dell’Everest). Se Tsonga era il campo base, adesso inizia la salita quella vera. Murray, questo Murray, è un campo IV, ma Nadal e Djokovic sono entrambi il leggendario “Collo di Bottiglia”, che è l’ultimo grande ostacolo prima di arrivare in cima. Questo lo vedremo però più avanti. Adesso la domanda è: ma davvero vorreste chiedere a questo ragazzino di 33 anni di ritirarsi e privarci di tutto questo?
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