Dall’inviata a Mebourne ROSSANA CAPOBIANCO – Grigor Dimitrov batte 6-3 3-6 6-4 7-6 Milos Raonic e per la prima volta approda agli ottavi di finale di uno Slam; in conferenza stampa, Federer, suo manager “virtuale” con la Team8 di Godsick, si dice fiducioso sul bulgaro, a patto che continui a lavorare ed insistere.
Era la partita del giorno. Quella più interessante per tanti motivi: due giovani che vogliono imporsi sul circuito e sono più o meno pronti per l’ultimo decisivo passo, un confronto di stili chiaro ed evidente. Finsicono con un grande abbraccio, segno di grande stima e confidenza. Finisce vittorioso e felicissimo, Grigor. Finalmente: è un piccolo passo ma andava fatto. Sta giocando bene, un nuovo coach, cerca di trovare uno spiraglio in questo tennis così competitivo di questi tempi.
E’ una lotta di nervi, oltretutto: sa Dimitrov che deve fronteggiare una delle migliori battute (se non la migliore) del circuito, seconda compresa. Sa che i punti importanti, le occasioni, non le può mancare. E non le manca. I dritti a sventaglio tatticamente rischiosi del canadese terminano nella parte di campo che il bulgaro preferisce, pronti per essere mandati di là dal suo rovescio lungolinea.
Spinge più Raonic, ma Dimitrov è conscio del fatto che non può fare a pallate con un ragazzone del genere: deve complicargli la vita, spostarlo, sporcargli la palla, abbassargliela con il back. Diventa sapiente, acquisisce esperienza. Peccato per quei cali di intensità, come a inizio secondo set, nei quali permette all’avversario di montargli sopra come niente fosse, per poi essere troppo tardi per recuperare. Dimitrov in futuro capirà che ogni energia va conservata per quel che sarà, nel torneo.
il quarto set è una serena consapevolezza del tie-break decisivo, nel quale Grigor avrà ben cinque match point, uno sprecato con un po’ di braccino sul proprio servizio. Il dritto in rete dell’avversario, più propositivo, gli consegnerà la partita e un’immensa felicità, ma contro i grandissimi non potrà mai permettersi questa passività.
Parole dolci ma non troppo per lui arrivano anche da Federer in conferenza stampa, interrogato sul reclutamento del bulgaro da parte dell’agenzia che ha messo in piedi con il suo storico agente Godsick, la Team8: «Ha tutto quello che serve, senza dubbio, ma deve continuare a lavorare così e non evitare nessuna sfida, giocare tutti i tornei e fare una vita da professionista che gli permetta di non avere infortuni, questo è necessario che lo comprenda».
Chissà che la strada non cominci proprio da qui. Lasciarsi alle spalle quei soprannomi ingombranti come “Baby Fed”, per lo stile simile a quello di Roger e spesso imitato, “Prime time”, dato da Gil Reyes, che “accusa” il bulgaro di giocare bene solo quando i riflettori sono ben puntati su di lui e il peggiore per lui, forse, quel Mr Sharapov che siamo certi non gli faccia piacere. Se e quando vincerà, nessuno se ne curerà più.
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