Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
Dal nostro inviato a New York
Gianluca Atlante
New York – Resta l’esperienza. Il fatto di aver finalmente bussato alla porta dei grandi, ed essere entrato. Resta quel secondo set, che magari avrebbe potuto soltanto allungare il match. Resta un qualcosa di importante, un sogno accarezzato e preso per mano, attraverso tre turni di qualificazione, sino al primo main draw di un major. La storica mattinata di Thomas Fabbiano ha finito per fare a cazzotti con la potenza del servizio di Raonic, che per due ore e dodici minuti ha dovuto, necessariamente, aggrapparsi a questo fondamentale, per non rischiare di fare match pari contro il nostro azzurro.
Impacciato l’uno, intimorito l’altro. E così, sull’Armstrong, il primo set e quacosa di più, è stato un inno all’errore. Complice il vento, facciamo finta che sia così. Poi Fabbiano ha finalmente capito che non c’era nulla da perdere, che davanti aveva Raonic e non un avversario delle quali, che comunque sarebbe andata a finire, sarebbe stato un successo. E allora il tennista di Grottaglie, ma residente a Roma, ha cominciato a giocare così come, anni orsono, faceva con Nadal in allenamento. E il canadese ha avuto paura. Magari non di perdere, ma di restare in campo più di quanto aveva messo in preventivo. E lo stesso tie break, vinto otto punti a sei da Raonic, è la riprova di come, il “novellino” degli Slam, avrebbe potuto cambiare corso ad un match, segnato in partenza, ma non proprio così scontato sino al tie break del secondo. Poi, due set a zero, è stato tutto sin troppo facile. Sino al 6/3 7/6 6/3 finale, maturato in due ore e dodici minuti. Giusto il tempo di finire in doppia e pranzare ripensando al sogno divenuto realtà.
Quel che resta di un sogno. Magari, crediamo, il desiderio di dargli subito un seguito: “Ci proveremo, lavoriamo sodo per questo”. Thomas Fabbiano, il suo match contro Milos Raonic, se l’è giocato. “Nonostante i centimetri di differenza, ma su questo non posso farci nulla”. Tutto in pochi mesi. La vittoria contro un top 100 (lo spagnolo Ramos a Todi), in un Challenger (Recanati) e il primo main draw in uno Slam, questi Us Open appunto. “Sì, in effetti è così. E’ successo tutto in poco tempo. Ma forse doveva succedere, chissà”. E c’è qualcosa di diverso da quel giocatore con il quale Nadal amava allenarsi? “No, non c’è nulla. Forse, la voglia di non mollare la presa”. Di vivere, e questo lo diciamo noi, giorno dopo giorno, senza obiettivi ben precisi. “Non avrei mai immaginato che in questo 2013, potessero accadermi tante cose. Oggi mi godo il momento e vado avanti, consapevole che questi risultati non sono arrivati per caso”. Come a dire che, a 24 anni, ci sarà ancora modo e tempo per guadagnare ancora l’accesso al main draw di uno Slam.