Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
“Scusi, signore, salve, mi chiamo Dan Evans e volevo chiedere se potevo avere l’onore di palleggiare con suo figlio Bernard per un mezz’oretta….”
“Chi sei tu?…. Ma da dove esci…. Naaaa, lascia perdere, figurati se metto mio figlio a allenarsi con uno scarso che fa a malapena le qualificazioni per i tornei!”
Rutto più, rutto meno dovrebbe essere andato su per giù così lo scambio di battute tra Evans e il padre di Tomic circa 17 mesi fa, quando uno sconosciuto britannico gli chiese di poter fare qualche scambio con il figlio, allora ritenuto da molti l’astro nascente del tennis mondiale.
Inutile dire che Dan deve essersela proprio legata al dito, e non gli sarà parso vero, ieri, di potersi togliere un bel masso dalla scarpa quando ha messo a segno l’ultimo punto nel match vinto proprio contro quel Bernard Tomic che un anno e mezzo fa lo aveva sdegnato manco giocasse con i mocassino bucati. In fondo di soddisfazioni il buon Dan se ne sta togliendo pare, dopo avere eliminato al primo turno Kei Nishikori conquistando la prima vittoria contro un top15 in carriera, tra l’altro in 3 set, e avere buone possibilità di giocarsela alla pari contro l’esperto Robredo e arrivare a un possibile confronto contro Federer.
Nel corso dei primi anni di carriera non era mancato qualche exploit da parte del turbolento inglese, soprattutto in Coppa Davis, dove aveva battuto gente meglio quotata come Lukas Lacko e Martin Klizan o Donskoy, consegnando di fatto le vittorie al suo paese. Qua e là qualche vittoria in vari Futures e un Challenger, nonché una vita frenetica fatta di serate alcoliche e di bella vita che lo ha a volte allontanato dal tennis e dall’impegno che uno sport del genere richiede. In particolare, nel 2008, fu fotografato durante il torneo di Wimbledon a ore inconsuete della notte in un nightclub poche ore prima di un match di doppio, venendo sospeso dalla LTA e vedendosi negato di qualsiasi wild card da parte dell’associazione. Tanto per descrivere ancora meglio il tipino in questione, nel 2010 fu tirato dentro una poco chiara storia di molestie sessuali ai danni di una ragazza fuori da un locale: la polizia infatti lo interrogò sull’accaduto, senza però mai rilasciare informazioni circa il coinvolgimento di Evans.
Più vita e meno tennis, pare essere la filosofia di Dan, raffigurante in sostanza un personaggio alla “Gulbis-British style” che non si vergogna ad affermare che non si allena gran che e che non fa parte di lui lavorare tutti i giorni. Uno a cui piace giocare a tennis ma che vuole farlo e basta, senza dovercisi sforzare troppo. Uno a cui una montagna di persone hanno detto nella vita di coltivare quel talento che madre natura gli ha dato, vedendosi però rispondere che, in base a quella strana filosofia del “potrei ma non ne ho un cavolo di voglia”, che in fondo il tennis è qualcosa che occupa solo una parte della vita.
Chissà, forse arriverà anche per lui un qualcosa che rappresenterà il suo punto di svolta, la scintilla scatenante. In fondo il 2013 ha rappresentato una specie di svolta nella sua carriera a livello di risultati, farcito dalle già annotata vittoria in Davis contro la Russia e il primo terzo turno raggiunto in un torneo ATP, al Queen’s, dove riuscì a superare Pella e Nieminen.
Forse questi US Open potranno cambiare le cose. Forse saranno l’unico acuto di una carriera pseudoanonima. Forse rappresenteranno la soddisfazione che un giovane con questa mentalità cerca tanto per dirsi di aver fatto qualcosa di importante nella vita e poi essere lasciato in pace.
Speriamo almeno che Evans si goda il momento e che, almeno stavolta, ci creda fino in fondo.