Gstaad vale un Roland Garros: il traguardo di Pedro Cachin

P. Cachin b. A. Ramos 3 6 6-0 7-5

A volte basta poco, a volte quel poco è enorme. Immaginate di decidere che farete i giocatori di tennis e che importa il talento, il fisico, la strategia, l’esplosività dei colpi. Ci sono cose che si fanno senza nemmeno ricordarsi quando si è scelto, del resto la vita è quello che succede mentre pensiamo ad altro no? Così ti ritrovi sulla terra rossa, la più sottoproletaria delle superfici, tanto da renderla nobile con le corse, il sudore, la sofferenza. Giochi magari anche altrove ma giusto dei raid. Un anno dopo l’altro, una città dopo l’altra, un torneo dopo l’altro, il tempo passa e hai fatto 650 partite, solo una cinquantina lontane dalla terra. Costruisci una classifica che ti fa arrivare a Wimbledon, ma pensa tu, e giochi contro Djokovic, uno che in teoria fa il tuo stesso mestiere, a chi vogliono darla a bere? Però serve il tiebreak eh? Perché in ogni caso non si va solo per l’assegno che comunque mette a posto qualche mese, tranquillizza, fa ritornare al proprio posto, in un campetto tra le montagne, pochi spettatori e di nuovo a correre, tirare, soffrire. Sarà l’estate, sarà che a ciascuno spetta la propria dose di buona sorte, sarà che Pedro Cachin aveva deciso che stavolta si poteva fare, e si vince la prima partita, la seconda con la testa di serie numero 1, il resto sarebbe stato facile. La promessa che verrà è troppo acerba e in finale un veterano, identico a lui, chissà come deve essere giocare allo specchio. L’anziano è in forma ma è anziano. Dopo aver vinto il primo set gli succede qualcosa, gli serve il medico e allora perché no? C’è da soffrire, correre, tirare, dov’è la novità? Forse è l’occasione giusta, l’altro è nervoso, si può fare. Un dritto a sventaglio tirato fuori dal corridoio e si serve per il match, chi non avrebbe scommesso sul doppio fallo? Ma sono dieci anni che si aspetta quest’occasione, nemmeno Ramos sarebbe stato contento a quel punto, l’abbraccio sembra sincero, c’è qualche lacrima. La corsa ai box, come Alcaraz, in fondo lo senario è lo stesso, ci bastano le due ragazze che si abbracciano, che piangono anche loro, il re di Spagna si stia a casa, che qui manco sarebbe gradito. Pedro Cachin ha vinto il suo primo titolo ATP battendo in finale Alberto Ramos Vinolas. Una sola volta era arrivato ai quarti di finale di un torneo ATP, ma quattro anni dopo è finalmente pronto. Da domani sarà per la prima volta top50, la storia ricomincia sempre.

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