di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
Ci sono giocatori che sono in grado di restare gelidi dentro un cerchio di fuoco, inattaccabili da qualsiasi evento, indifferenti ai capricci del caso. Punto dopo punto questi giocatori ripetono il proprio schema quale che sia il momento del match e alla fine vanno a stringere la mano all’avversario pronti per l’incontro successivo. E poi ci sono quelli come Musetti, dalle infinite soluzioni, capaci di fare così tante cose da perdersi in quel mare di opzioni. Passano la carriera cercando incastri nel loro gioco, tra un dritto che viene giocato con aperture troppo ampie, un rovescio che lascia l’avversario distante 5 metri, dei piedi che non vogliono saperne di avvicinarsi alla linea di fondo. E quindi l’erba che ti costringe ad accorciare il movimento rende più efficace il dritto, e la posizione sul campo ti fa andare il secondo rovescio alle stelle, anche se il servizio funziona come non mai. Poi, quando tutto sembra tenuto da una fragilissima colla, una risposta senza pretese cade su un pezzettino di campo spelacchiato e la palla non rimbalza, ti fa apparire goffo e soprattutto concede il minibreak all’avversario, proprio sul set point. Anche se sei in vantaggio capisci che la partita è finita perché il vantaggio, nel tennis su erba, è quanto di più effimero possa esserci, persino due set avanti in fondo sono solo due break. Così è finita l’avventura di un ottimo Musetti che Tiafoe aveva tenuto in gioco non da solo, perché se è pur vero che ha buttato al vento il primo set, Lorenzo lo ha molto aiutato aggrappandosi al suo talento e appunto ad una serie di soluzioni che non possono far altro che sbalordire spettatori e, spesso, avversari. Musetti ha fatto intravedere i tentativi di aggiustamento, primo fra tutti l’eterna questione della posizione in campo. Si vede che ci prova ad avvicinarsi alla linea di fondo campo ma non gli viene naturale e se per un paio di volte le cose vanno male la tendenza di rifugiarsi tre metri indietro è ancora lì. Guardandolo si continua ad avere la sensazione di vedere un pittore al lavoro, con i colori accanto e col disegno che muta, si corregge, smorza i colori forti, accende quelli grigi. Musetti ha solo 21 anni, c’è da sperare che il quadro si completi ma ci sono certi artisti che quel quadro non lo finiscono mai.
Molto più preoccupante il modo con cui l’erba ha trattato Sinner, di fatto fuori partita sin dall’inizio e incapace di qualsiasi contro misura contro Ruusuvuori, battuto già 5 volte e certamente non uno specialista dell’erba. Però a differenza di Sinner il finlandese pare più flessibile e vagamente più agile, più adattabile ad una superificie che prima di tutto il resto chiede due cose: la capacità di piegarsi per raccattare il rimbalzo molto basso della pallina e l’accortezza di capire che difficilmente si potranno giocare due colpi uguali di fila. Sinner non solo non ha saputo fare queste due cose ma è sembrato tra il disinteressato e l’impotente, visto che nemmeno ci ha provato. C’è modo e modo di perdere e tocca fare il solito mantra specificando che nello sport ogni giorno è diverso dal precedente, ma non si capisce in che modo Sinner possa risolvere così tanti problemi in così poco tempo sull’erba. Per fortuna dura poco,