Anhelina Kalinina, prima finalista dell’edizione 2023 degli Internazionali BNL d’Italia, si è presentata in conferenza stampa dopo la vittoria 7-5 5-7 6-2 contro Veronika Kudermetova.
L’ucraina è stata in campo quasi tre ore, ci sono volute due ore e 51 minuti per ottenere la prima finale in un WTA 1000 della carriera e farlo a Roma, da quanto ha detto, sembra avere un significato in più.
Vi traduciamo il transcript parola per parola, perché è anche giusto in questo caso dare ampio risalto al racconto personale di una ragazza che ha una storia abbastanza particolare, visto anche il momento storico del suo paese martoriato dalla guerra per l’invasione russa.
Dopo le congratulazioni iniziali con la domanda standard della moderatrice WTA su come si senta a raggiungere una finale di questo spessore e le sue frasi circa quanto fosse felice, ad Anhelina hanno chiesto il motivo della non stretta di mano a rete a fine partita.
Mi chiedo se tu possa dirci un po’ di più di quanto accaduto alla fine. Hai rifiutato di stringere la mano alla tua avversaria, puoi spiegarci come mai?
“Non le ho stretto la mano perché viene dalla Russia. Non è un segreto il perché non l’abbia fatto, visto che il suo paese sta attaccando l’Ucraina. Capisco che questo sia sport, ma è anche un gesto abbastanza politico. Non ho nulla di personale, ma credo non sia accettabile”.
A conti fatti, questa era una questione già nota. Lei, come tutti gli atleti ucraini, hanno deciso da tempo di non stringere più la mano a rete dopo le partite a tennisti russi o bielorussi. Indipendentemente dalla persona. È una loro protesta.
Lo scorso anno a Wimbledon hai raccontato della tua situazione a casa. Quanto volevi aiutare l’Ucraina, la tua famiglia, chiunque potevi. Quanto sei stata in grado di farlo? Potrai farlo anche col prize money ottenuto qui?
“Anche senza il prize money lo facevo, sì”
Chi sei riuscita ad aiutare? Solo la tua famiglia?
“Non solo la mia famiglia, ma non mi piace fare rivelazioni in pubblico. Non parlo di tante persone, ma alcune che conosco. Cinque, forse 10”.
Gli alti e bassi di questa partita sono dovuti al fatto che la tua avversaria fosse russa?
“No, lei è allo stesso modo però una grande giocatrice. Vale la top-10. È stata una grande battaglia. Si è trattato di tennis. È stata dura. Ho vinto il primo 7-5, poi ho perso un po’ di concentrazione e ho sentito tanta tensione perché stavo servendo per il match. È la mia prima semifinale, stavo cercando di spegnere le emozioni, ma è molto dura quando giochi partite così difficili. Alle volte vorresti prenderti anche dei rischi, vuoi finire, e vai nei guai. Ho fatto questo errore. Nel terzo set invece stavo molto meglio mentalmente, sono molto felice e orgogliosa di me stessa per come sono ripartita dopo quel secondo set”.
Poi una domanda sugli sponsor perché Kalinina ancora gira senza un marchio di abbigliamento.
Pensi di poter trovare uno sponsor per i vestiti dopo un torneo così?
“Ho uno sponsor con Yonex, però sì non ho ancora uno sponsor per l’abbigliamento. Stiamo aspettando, speriamo sia presto. Devo migliorare il mio tennis, essere più in alto nel ranking, le altre ragazze qui son tutte molto forti. Non dipende sempre da me, è anche riguardo al mercato in generale”.
Poi si è tornati sulla sua storia personale.
Hai parlato lo scorso anno di come la tua casa, la casa della tua famiglia, sia stata distrutta da un bombardamento. Vorrei chiederti della tua famiglia: sono stati in grado di ricostruirla? Sono riusciti a fuggire? Dicevi che i tuoi nonni vivevano in un territorio occupato dai russi. È ancora così?
“Tutta la mia famiglia è ora a Kyiv. Anzi, un paio di giorni fa c’è stata una forte esplosione, una bomba, a poche centinaia di metri da dove i miei genitori, entrambi maestri di tennis, allenavano. La bomba è caduta proprio vicina ai campi. Così è come vivono”.
Come hai reagito vedendo che qui in Italia c’è molto supporto verso l’Ucraina? Vorrei sapere se Nova Kakhovka, il paese da dove vieni, la situazione è andata peggiorando o è più o meno come nel resto del paese. Sei ancora in contatto con le persone di lì? Non so bene, forse non ho capito cosa dicevi prima della tua famiglia.
“Direi che è stato circa due mesi fa quando i miei nonni sono riusciti a scappare da Nova Kakhovka, che è ancora territorio occupato dai russi. Ora sono tutti a Kyiv. Non ho più alcuna connessione con Nova Kakhovka, perché ora sono tutti a Kyiv. Sono tanto felice, perché è impossibile vivere lì. C’erano armi, missili, militari, praticamente nel giardino dei miei nonni. Non era più possibile per loro stare lì. Sono piuttosto anziani, non è stato facile per loro venir via. Hanno vissuto lì per 60, 65 anni, e noi abbiamo spinto il più possibile per farli venire via. Non è assolutamente una bella condizione. Quando una bomba è caduta vicino alla loro casa, a pochi metri, loro si sono svegliati e hanno detto: “Oddio, ok, andiamocene”.
Sempre riguardo alla reazione che stai trovando in Italia, noti qualcosa di più forte?
“Penso che il pubblico mi abbia sostenuto parecchio per tutta la settimana, anzi le due settimane, fin qui. Ho sentito tanto supporto. Non ricordo dove giocavo, ma ho pensato a un certo punto che tutto il pubblico fosse lì per me. È una sensazione bellissima. Non ho mai sperimentato qualcosa di simile. Loro portano un’energia incredibile per lottare anche quando tu praticamente non hai più nulla da dare. Dal profondo del mio cuore voglio ringraziare chiunque sia stato sugli spalti dalla mia prima partita a quella di domani. Li ringrazio tanto, davvero.
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