Se il senso era sentirsi più “United” che mai, la rappresentazione plastica della prima coppa tennistica dell’anno è stata proprio l’Italia a fornirla. Uniti alla meta, gli azzurri per primi hanno indicato come l’impresa non sia stata quella di ottenere ricchi premi e cotillon utili alla classifica, quanto di aver creato un clima – in una squadra variamente assortita e per la prima volta insieme – che nel corso delle giornate ha dato forma a nuove amicizie. Merce rara e preziosa in un tennis dove ognuno fa per sé.
Così, tra le vittorie di Berrettini sui top ten (due, Ruud e Hurkacz), il gran match di Martina Trevisan con Maria Sakkari, i successi ripetuti di Musetti con i numeri due avversari che gli sono valsi l’ingresso nei primi venti del ranking (e al nostro tennis la prima volta con tre giocatori in Top 20), e la buona tenuta di Lucia Bronzetti finalmente in Top 50, al centro dei giochi è finito Vincenzo Santopadre, il capitano, che Berrettini ha ringraziato per aver messo tutti a proprio agio. Come dire… Se capitani si nasce, com’è probabile, il seguito alla Totò è garantito… E lui lo nacque!
D’accordo Vincenzo, l’inizio ci è piaciuto. E ora?
«Si va con fiducia verso gli Australian Open. Test e allenamenti fanno sperare. E i match fin qui giocati hanno mostrato un Matteo più vispo che mai».
Vispo, dici? In effetti… Rapido nelle gambe e sui piedi, al punto da reggere bene gli scambi prolungati dalla parte del rovescio, e tornare a far punti bimani in lungo linea, così come recuperare in allungo, con il dritto, una pallata di Fritz e tramutarla in un passante che gli è valso il “cinque” della panchina statunitense.
«Appunto, Matteo si è trovato per la prima volta in apertura di stagione a fronteggiare ben quattro giocatori oggi in Top Ten, e veniva da un lungo periodo senza tennis, oltre due mesi. Contro Monteiro, il brasiliano, è stato il primo singolare dalla finale di Napoli dello scorso ottobre. Poi sono venuti Ruud, Hurkacz, Tsitsipas e Fritz, e sono state a loro modo tutte prove convincenti».
Quale la più importante?
«Ah, noi non si butta niente… Ti dirò, Anche quella con Monteiro è stata una vittoria utilissima. Era la prima, e ha risvegliato quella bella attitudine di Matteo nel farsi trovare pronto dopo i lunghi periodi di sosta, che è una delle sue doti più belle. Un match che gli ha trasmesso fiducia, ed era quella che serviva più di ogni altra cosa. Poi, con Ruud e Hurkacz, si sono rivisti i momenti del Berrettini dominante».
Già, con Ruud in particolare. Deve essere stata liberatoria la vittoria sul norvegese. Il periodo più complicato della scorsa stagione è cominciato con la finale di Gstaad, contro Ruud ed è proseguito con la sconfitta senza colpo ferire nei quarti agli US Open, sempre contro Ruud…
«Liberatoria, sì. Matteo ha ritrovato la spina dorsale del proprio tennis, e ha spinto il suo gioco a velocità pazzesche. Ruud ha potuto fare pochissimo, e certo Casper non è tipo da arrendersi così facilmente».
Un Matteo ritrovato.
«Sì, anche. Ma non credo sia giusto dire che si fosse perso, anzi. La verità è che l’anno scorso è stato davvero straziante per la serie continua d’infortuni, e anche per la lunghezza imprevista di alcuni di essi. Il piede infortunato a Napoli ha impiegato settimane per tornare a posto. Dunque, ritrovato, sì, ma anche migliorato in alcuni aspetti del gioco. Capace di prendere la rete quasi sempre nei momenti giusti e di creare alternative al suo gioco, che nel servizio e nel dritto resta solidissimo. Con Tsitsipas ha avuto il match in mano e con Fritz se la sono giocata alla pari».
E poi c’era Musetti, ben più che un’alternativa
«Altro che… I progressi che ha compiuto, nel modo di stare in campo soprattutto, dato che i colpi li ha sempre avuti, sono a dir poco lampanti. L’ho trovato consapevole, più maturo… Ha incontrato giocatori battibili? È vero, ma li ha battuti senza tentennamenti. Ed è entrato nei primi venti della classifica. Direi che è pronto per salire ancora, Lorenzo darà grandi soddisfazioni al nostro tennis».
United Cup, bene così o da rivedere?
«Il primo giudizio è buono, forse ottimo. È una novità nel calendario del tennis, e ha garantito da subito incontri di livello e partecipazione di pubblico. Migliorarla però credo sia possibile. A me non piace granché che possa essere un doppio misto a decidere un incontro. So che a una parte del pubblico piace, ma tecnicamente è ormai una prova ai margini del tennis. Forse potrebbe esserci spazio per un terzo giocatore. E qualcosa andrà rivisto anche nelle tempistiche, perché gli spostamenti sono lunghi e alla fine la gara si rivela più dura del previsto».
Essere capitano al maschile e al femminile… Occorrono metri diversi per misurarsi con un compito del genere?
«Occorrono metri diversi per misurarsi con chiunque. Uomini o donne, non ne conosco due che siano uguali fra loro. Bisogna avere voglia di imparare da tutti, per poter essere a nostra volta utili agli altri. Delle ragazze, però, mi hanno colpito alcuni aspetti. Tendo a generalizzare, e me ne scuso… Le ho trovate molto esigenti con se stesse, ben più degli uomini. E hanno bisogno di un ordine maggiore. Obiettivi, orari, scelte, allenamenti, tutto deve funzionare al meglio. È stata una bella esperienza da capitano, grazie anche a loro».
Troppi infortuni, anche fra i più giovani. Il ritiro di Sinner contro Korda ad Adelaide non è stato incoraggiante. C’è modo di uscirne?
«Ho i miei dubbi. Il tennis ha operato questa svolta, e non vedo come si possa convincere tutti a tornare indietro. Si è scelta la via di un tennis sempre più veloce, sempre più faticoso e aggressivo. Non mi sembra che vi sia aria di ripensamenti».
Australian Open. Si ritorna a Djokovic?
«È probabile. Il favorito è lui, a Melbourne ha giocato sempre bene. Avversari, i soliti, da Nadal a Medvedev, dai giovani in crescita agli stessi italiani, perché Berrettini, Sinner e Musetti ormai vanno sempre presi in considerazione. Uno che mi ha impressionato? Bè, facile a dirsi dal mio punto di vista… Taylor Fritz. Non mi fanno impazzire alcuni suoi atteggiamenti in campo, ma è molto migliorato, gioca benissimo i primi colpi, e sa fare davvero tante cose».
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