Resterà per sempre il primo italiano ad aver vinto un titolo slam, a Parigi, nel 1959. Successo che doppiò l’anno dopo. Ed il capitano della squadra che nel 1976 tornò dal Cile con la Coppa Davis, anche quella una prima volta. Nicola Pietrangeli se n’é andato a 92 anni e con lui si chiude una […]
13 Gen 2023 12:57 - Interviste
Santopadre dice tutto: “Berrettini, il ritorno e l’Australian Open”
di Daniele Azzolini
Se il senso era sentirsi più “United” che mai, la rappresentazione plastica della prima coppa tennistica dell’anno è stata proprio l’Italia a fornirla. Uniti alla meta, gli azzurri per primi hanno indicato come l’impresa non sia stata quella di ottenere ricchi premi e cotillon utili alla classifica, quanto di aver creato un clima – in una squadra variamente assortita e per la prima volta insieme – che nel corso delle giornate ha dato forma a nuove amicizie. Merce rara e preziosa in un tennis dove ognuno fa per sé.
Così, tra le vittorie di Berrettini sui top ten (due, Ruud e Hurkacz), il gran match di Martina Trevisan con Maria Sakkari, i successi ripetuti di Musetti con i numeri due avversari che gli sono valsi l’ingresso nei primi venti del ranking (e al nostro tennis la prima volta con tre giocatori in Top 20), e la buona tenuta di Lucia Bronzetti finalmente in Top 50, al centro dei giochi è finito Vincenzo Santopadre, il capitano, che Berrettini ha ringraziato per aver messo tutti a proprio agio. Come dire… Se capitani si nasce, com’è probabile, il seguito alla Totò è garantito… E lui lo nacque!
D’accordo Vincenzo, l’inizio ci è piaciuto. E ora?
«Si va con fiducia verso gli Australian Open. Test e allenamenti fanno sperare. E i match fin qui giocati hanno mostrato un Matteo più vispo che mai».
Vispo, dici? In effetti… Rapido nelle gambe e sui piedi, al punto da reggere bene gli scambi prolungati dalla parte del rovescio, e tornare a far punti bimani in lungo linea, così come recuperare in allungo, con il dritto, una pallata di Fritz e tramutarla in un passante che gli è valso il “cinque” della panchina statunitense.
«Appunto, Matteo si è trovato per la prima volta in apertura di stagione a fronteggiare ben quattro giocatori oggi in Top Ten, e veniva da un lungo periodo senza tennis, oltre due mesi. Contro Monteiro, il brasiliano, è stato il primo singolare dalla finale di Napoli dello scorso ottobre. Poi sono venuti Ruud, Hurkacz, Tsitsipas e Fritz, e sono state a loro modo tutte prove convincenti».
Quale la più importante?
«Ah, noi non si butta niente… Ti dirò, Anche quella con Monteiro è stata una vittoria utilissima. Era la prima, e ha risvegliato quella bella attitudine di Matteo nel farsi trovare pronto dopo i lunghi periodi di sosta, che è una delle sue doti più belle. Un match che gli ha trasmesso fiducia, ed era quella che serviva più di ogni altra cosa. Poi, con Ruud e Hurkacz, si sono rivisti i momenti del Berrettini dominante».
Già, con Ruud in particolare. Deve essere stata liberatoria la vittoria sul norvegese. Il periodo più complicato della scorsa stagione è cominciato con la finale di Gstaad, contro Ruud ed è proseguito con la sconfitta senza colpo ferire nei quarti agli US Open, sempre contro Ruud…
«Liberatoria, sì. Matteo ha ritrovato la spina dorsale del proprio tennis, e ha spinto il suo gioco a velocità pazzesche. Ruud ha potuto fare pochissimo, e certo Casper non è tipo da arrendersi così facilmente».
Un Matteo ritrovato.
«Sì, anche. Ma non credo sia giusto dire che si fosse perso, anzi. La verità è che l’anno scorso è stato davvero straziante per la serie continua d’infortuni, e anche per la lunghezza imprevista di alcuni di essi. Il piede infortunato a Napoli ha impiegato settimane per tornare a posto. Dunque, ritrovato, sì, ma anche migliorato in alcuni aspetti del gioco. Capace di prendere la rete quasi sempre nei momenti giusti e di creare alternative al suo gioco, che nel servizio e nel dritto resta solidissimo. Con Tsitsipas ha avuto il match in mano e con Fritz se la sono giocata alla pari».
E poi c’era Musetti, ben più che un’alternativa
«Altro che… I progressi che ha compiuto, nel modo di stare in campo soprattutto, dato che i colpi li ha sempre avuti, sono a dir poco lampanti. L’ho trovato consapevole, più maturo… Ha incontrato giocatori battibili? È vero, ma li ha battuti senza tentennamenti. Ed è entrato nei primi venti della classifica. Direi che è pronto per salire ancora, Lorenzo darà grandi soddisfazioni al nostro tennis».
United Cup, bene così o da rivedere?
«Il primo giudizio è buono, forse ottimo. È una novità nel calendario del tennis, e ha garantito da subito incontri di livello e partecipazione di pubblico. Migliorarla però credo sia possibile. A me non piace granché che possa essere un doppio misto a decidere un incontro. So che a una parte del pubblico piace, ma tecnicamente è ormai una prova ai margini del tennis. Forse potrebbe esserci spazio per un terzo giocatore. E qualcosa andrà rivisto anche nelle tempistiche, perché gli spostamenti sono lunghi e alla fine la gara si rivela più dura del previsto».
Essere capitano al maschile e al femminile… Occorrono metri diversi per misurarsi con un compito del genere?
«Occorrono metri diversi per misurarsi con chiunque. Uomini o donne, non ne conosco due che siano uguali fra loro. Bisogna avere voglia di imparare da tutti, per poter essere a nostra volta utili agli altri. Delle ragazze, però, mi hanno colpito alcuni aspetti. Tendo a generalizzare, e me ne scuso… Le ho trovate molto esigenti con se stesse, ben più degli uomini. E hanno bisogno di un ordine maggiore. Obiettivi, orari, scelte, allenamenti, tutto deve funzionare al meglio. È stata una bella esperienza da capitano, grazie anche a loro».
Troppi infortuni, anche fra i più giovani. Il ritiro di Sinner contro Korda ad Adelaide non è stato incoraggiante. C’è modo di uscirne?
«Ho i miei dubbi. Il tennis ha operato questa svolta, e non vedo come si possa convincere tutti a tornare indietro. Si è scelta la via di un tennis sempre più veloce, sempre più faticoso e aggressivo. Non mi sembra che vi sia aria di ripensamenti».
Australian Open. Si ritorna a Djokovic?
«È probabile. Il favorito è lui, a Melbourne ha giocato sempre bene. Avversari, i soliti, da Nadal a Medvedev, dai giovani in crescita agli stessi italiani, perché Berrettini, Sinner e Musetti ormai vanno sempre presi in considerazione. Uno che mi ha impressionato? Bè, facile a dirsi dal mio punto di vista… Taylor Fritz. Non mi fanno impazzire alcuni suoi atteggiamenti in campo, ma è molto migliorato, gioca benissimo i primi colpi, e sa fare davvero tante cose».