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Crisi Ucraina, Kostyuk si sfoga: “Nessun russo è venuto a parlarmi. I ‘no war’? Parole vuote”

Considerando quello che sta accadendo a casa sua, in Ucraina, essere qui a Indian Wells per Marta Kostyuk è da un lato un successo ma soprattutto dall’altro una disgrazia.

“All’inizio mi sentivo colpevole per essere qui” ha dichiarato in conferenza stampa dopo il successo in oltre tre ore contro Maryna Zanevska, “la mia famiglia è lì (sotto i bombardamenti, nda) tranne me, perché? Mi sentivo colpevole di essere qui e giocare a tennis, vedere un cielo azzurro sopra di me, chiaro e tranquillo”.

L’invasione russa, da ormai due settimane, sta seminando morte e terrore nel suo paese. Un’invasione cominciata il 24 febbraio e che non accenna a rallentare fin quando non si arriverà alla distruzione dell’intero paese e del suo popolo. Kosyuk ne è convinta: “Quell’uomo rinchiuso in un bunker (Vladimir Putin, nda) ha deciso che noi avremmo dovuto unirci al suo paese, è stato un grande errore. C’è stata la rivoluzione a Kyiv tra il 2013 e il 2014. Io ero lì all’epoca. Ricordo ancora quanto il popolo fosse unito verso il cambiamento. E che adesso, otto anni dopo, quest uomo pensi che noi dovremmo improvvisamente unirci a lui è un errore gigantesco di cui sta pagando le conseguenze. E a proposito del nostro esercito, sono degli eroi. È incredibile quello che stanno facendo. Sono ormai sotto assedio da due settimane e stanno facendo di tutto per resistere. Ci sono morti, c’è devastazione… è terribile, ma mai mi sarei immaginata di essere così fiera di essere ucraina”.

“Non credevo di potercela fare” aveva ammesso a inizio conferenza, riguardo alla partita vinta contro Zanevska, “stamattina mi ero alzata dal letto e non ce la facevo, pensavo alla mia famiglia che è là. È un momento terribile, soprattutto nei primi giorni. Ora quasi sembra che il nostro sistema nervoso possa adattarsi a queste situazioni”. Le emozioni e i sentimenti son purtroppo chiari e immaginabili: “Mi ha aiutato parecchio essere qui e vedere le altre ragazze ucraine che provano quello che provo io. Noi condividiamo esperienze ed emozioni ed è straziante. Nei primi giorni dell’assedio la mia famiglia era rinchiusa in un rifugio, se fosse successo qualcosa avrei perso tutti. Pensateci, in un attimo, via, spariti. Vai a dormire e non sai se al mattino dopo avrai ancora una famiglia. Questo soprattutto nei primi giorni, poi progressivamente quasi ti abitui a tutto ciò. Eppure il terrore dei primi giorni non è proprio spiegabile, non ci possono essere parole”.

Adesso però lei è a Indian Wells e al primo turno ha affrontato Zanevska, passaporto belga ma di fatto ucraina di Odessa, dove risiede ancora la famiglia: “Per fortuna sono in una zona più tranquilla, a ora. Ma siamo tutti preoccupati. Alla fine ci siamo abbracciate, piangevamo entrambe. Le ho detto che aveva giocato una partita bellissima e di non preoccuparsi, perché staremo bene, che le nostre famiglie si salveranno, e ci siamo abbracciate a lungo tra le lacrime”. Kostyuk era nel Principato di Monaco quando è cominciato tutto, ora è in California dove la mamma è riuscita a raggiungerla “Sono immensamente grata, non so a chi, forse a Dio, che lei sia qui ora. Non mi sono mai sentita così legata al popolo ucraino come ora”. D’altra parte, però, la giocatrice classe 2002 si è mostrata molto fredda quando ha parlato dei tennisti russi: “Sono veramente dispiaciuta che nessun russo sia venuto a parlarmi. Nessuno che mi abbia detto che sia dispiaciuto per quello che il suo paese sta facendo al mio. Una persona mi ha scritto, un’altra mi ha chiesto come stavo, ma nessuno che mi abbia offerto delle scuse. Nessuno che prendesse le distanze. Per me è shockante. Non devi essere dentro la politica per comportarti da essere umano. Tutti, tutti sanno cosa sta accadendo, e mi fa malissimo. Mi fa malissimo vedere tennisti russi qui ogni volta che arrivo allo stadio e il loro unico pensiero attualmente qual’è? Le transazioni bloccate. È inaccettabile”.

Kostyuk, per questo, non era nemmeno d’accordo che ATP e WTA abbiano permesso ai russi, come ai bielorussi, di giocare con una bandiera neutrale: “Guardate agli sport e vedete come hanno reagito. Questo è tutto”. E non ha nemmeno apprezzato le parole dette in pubblico: “No, non mi è piaciuto. Per me ‘no war’ vuol dire tante cose. ‘No war’? Voi sapete che noi potremmo fermare la guerra arrendendoci. Ma questa non è mai stata una possibilità. Fin dal primo giorno so che questo non accadrà proprio per la rivoluzione del 2014. Ero lì, so come le persone non vorranno mai tornare verso la Russia, l’Unione Sovietica. Per me queste frasi non hanno senso, vuote, zero sostanza. Che cosa volete? Che l’Ucraina perda? Che la Russia vinca? Che la Russia perda? L’ho già detto e lo ripeterò mille volte: l’Ucraina non si arrenderà. Potremmo anche perdere, prima o poi, cosa che penso non accadrà, ma non ci arrenderemo. ‘No war’ per me vuol dire che Putin si arrende, ma lui non lo farà mai, tutti sanno quanto sia fuori di testa. Noi lottiamo, e lottiamo, e questi ‘no war’ mi fanno male. Sono solo parole vuote”.

Diego Barbiani

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