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29 Gen 2022 11:15 - Australian Open
Barty Party a Melbourne: Ashleigh prima australiana a vincere l’Australian Open dal 1978
di Diego Barbiani
[1] A. Barty b. [27] D. Collins 6-3 7-6(2)
È fatta. È storia. 44 anni dopo Christine O’Neil, l’Australia può esultare per una nuova campionessa nel tabellone di singolare femminile. Ashleigh Barty ha concluso un torneo incredibile con una finale (quasi) perfetta contro una valorosa Danielle Collins che però è mancata un po’, soprattutto in riferimento al suo carattere così acceso, quando ha avuto le due occasioni per chiudere il secondo set col servizio. Non c’è stato un vero crollo suo, ma Barty dall’1-5 è ripartita trovando nuova linfa in risposta col dritto e non avendo più cali alla battuta.
Una finale abbastanza in equilibrio, nel suo complesso, ma sviluppatasi su due importanti cambi di ritmo della numero 1 del mondo capace di chiudere 6-3 7-6(2) e mettere insieme la undicesima vittoria della sua stagione su 11 partite, due titoli e assicurarsi il posto nella gloria sportiva eterna del suo paese. Lei e Naomi Osaka, i volti più rappresentativi di questa era tennistica al femminile, hanno vinto 7 degli ultimi 13 Slam giocati. Barty, però, da adesso in avanti avrà la chance di completare il Grande Slam della carriera dovesse imporsi almeno una volta allo US Open, unico Major dove al momento non è mai andata più in là del quarto turno.
Dopo il Roland Garros e Wimbledon, la bandierina è stata messa anche su Melbourne. Un torneo speciale, in cui ha gestito molto meglio del 2021 la preparazione. Lì veniva da un anno di stop causato dalla pandemia e giocando la settimana prima si era procurata dei fastidi alla coscia sinistra che le hanno compromesso le fasi finali del torneo. Stavolta ha vinto ad Adelaide il primo torneo WTA della stagione e ha deciso di saltare quello successivo a Sydney. La mossa è stata perfetta: una settimana di stacco e quando è cominciato l’evento clou della sua estate australiana ha giocato il miglior tennis della sua vita.
Oggi non è stata perfetta, secondo gli standard delle sei partite precedenti, ma nei momenti chiave ha reagito alla grande. Il primo set l’ha chiuso 6-3 spaccando l’equilibrio dal 2-2 al 5-2. Aveva cominciato la partita senza vincere punti al servizio se non col colpo di inizio gioco. Sul 2-2 è stata raggiunta dal 40-15 al 40-40 con un dritto abbastanza altalenante, concedendo addirittura la prima palla break dell’incontro. Collins, fiutando l’occasione, è riuscita a rispondere di dritto, profonda e come spesso accaduto dalla parte del rovescio dell’australiana che però con un numero è riuscita a girare molto bene sulla palla per colpire un dritto inside-out stretto da rimbalzare vicina alla riga laterale, dentro al rettangolo del servizio. Ashleigh si è salvata, e nel game successivo ha trovato l’allungo grazie a un intelligente slice di rovescio sul 30-30 che le ha aperto tutta la porzione di campo alla destra della statunitense, lì dove è andata a piazzare il dritto successivo. Sulla palla break, Collins è caduta in un pesante doppio fallo.
Cominciava il black out vero della statunitense, che perdeva malamente il game di risposta successivo e sul 5-3 non poteva nulla per arginare una Barty molto sicura. Si temeva un po’ per le condizioni di una partita che tutto il paese attendeva da ormai 42 anni. È vero che non aveva mai mostrato emozioni e tentennamenti fin qui, ma questo era lo scenario in cui non si era mai trovata in carriera prima d’ora. Forse, alla lunga, l’aver già giocato e vinto due finali Slam prima di oggi l’ha aiutata a vedere questa come una partita “normale”, malgrado fin dall’ingresso in campo il pubblico è stato come prevedibile un’esplosione di urla e incitamenti. Si portava sulle spalle un peso enorme, eppure l’ha trascinato molto bene anche quando nel secondo parziale ha avuto le prime vere crepe del suo torneo.
Collins, sull’1-0 ha trovato il primo break del suo parziale coi primi dritti in successione che tradivano la numero 1 del mondo. Non aveva avuto una ripartenza brillante e malgrado il sesto ace a cancellare la prima chance offerta, sul 30-40 la risposta di rovescio le ha dato modo di guidare il punto e salire sul 2-0. Amanda Anisimova, al quarto turno, era stata in questa identica situazione ma non aveva allungato. Danielle sì, anche grazie a un brutto (doppio) errore a rete dell’avversaria che prima col dritto aveva costruito benissimo il punto da raccogliere con un comodo rovescio nei pressi della rete, territorio a lei molto amico, ma ha temporeggiato un attimo di troppo e ha perso il passo, decidendo per un colpo “coperto” nella zona di campo sicura: l’incrociato. L’americana l’aspettava col suo rovescio e Barty, non reattiva, non è riuscita a mettere nel campo vuoto la successiva voleè. È cominciato un brutto quarto d’ora, indietro 1-4 ha commesso due doppi falli scivolando addirittura indietro di un doppio break ma, da numero 1, si è risollevata riuscendo ad arrivare al break del 2-5 con i primi dritti che son tornati a viaggiare e una bella risposta d’impatto sul 15-15 e aggiustando la battuta per il 3-5. Di nuovo in risposta, nel nono game, dal 30-0 Collins di nuovo non perfetta al servizio, ma Barty perfetta col dritto a infilare due ottime risposte e sul 30-40 ha sfruttato la tensione di Collins per il break e l’aggancio sul 5-5 di nuovo col servizio a farla da padrone.
Danielle ha spezzato la serie positiva dell’australiana, ma non ha più avuto vere chance. Terribile, per lei, l’inizio di tie-break dove ha sbagliato due rovesci consecutivi e sullo 0-2 si è vista subire un nuovo dritto carico per lo 0-3. La prima smorzata della partita, giocata nel quarto punto, chiusa con uno smash deciso per il 4-0 ha di fatto messo un’ipoteca sulla finale. Sul 5-1 Barty ha ceduto uno dei due mini-break di vantaggio ma subito è tornata avanti impedendo a Collins di cominciare una rimonta e sul 6-2, con l’americana lanciatasi a rete un’ultima volta e passata da un gran dritto in corsa.
La Rod Laver Arena è esplosa, Barty ha liberato tutta la propria gioia. A quasi 26 anni ha messo in fila le sette giornate più importanti della carriera. L’Australia è ai suoi piedi, e vista così sembra una numero 1 molto degna del suo ruolo.